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26 Ottobre 2011

Chi ha scritto il Pentateuco?

Ogni onesto studioso della Sacra Scrittura, nel momento in cui decide di approfondire  le sue ricerche intorno al libro più importante del mondo, la Bibbia, si troverà prima o poi ad imbattersi (come un viandante nelle bande di ladroni) in speculazioni di sedicenti “teologi” i quali  presenteranno molte strane teorie, argomentate con apparente competenza e suffragate da una mole di dati e di citazioni, che non hanno altro scopo oltre quello di insinuare dubbi sull’attendibilità e l’affidabilità del testo sacro.

Fra questi attacchi  molto noto è quello scagliato dalla cosiddetta “Alta critica testuale”  contro i primi cinque libri della Bibbia attribuiti a Mosè e conosciuti con il nome di “Pentateuco”. Sulla base delle loro false “argute osservazioni”  questi  teologi liberali hanno cercato di smembrare il testo biblico con analisi filologiche tendenti a dimostrare incoerenze, discontinuità, anacronismi, errori, ecc., il tutto con lo scopo malcelato di distruggere la fede nella Bibbia quale Parola di Dio.

Per una breve introduzione sufficientemente neutrale al problema, riporto alcuni stralci tratti da un lemma enciclopedico, alla voce “Esegesi biblica”:

La moderna esegesi biblica, (nota come “Alta Critica” -  N.d.A.) nacque con i filosofi e i teologi del XVII secolo - Thomas Hobbes, Baruch Spinoza, Richard Simon ed altri - che iniziarono a fare domande sull'origine dei testi biblici, specialmente sul Pentateuco (i primi cinque libri dell'Antico Testamento: Genesi, Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio). In particolare si chiesero chi avesse scritto questi libri: secondo la tradizione il loro autore sarebbe stato Mosè, ma i critici trovarono contraddizioni e inconsistenze nel testo che ne rendevano improbabile la paternità mosaica. Nel XVIII secolo, Jean Astruc, un medico francese, decise di approfondire queste critiche: prendendo in prestito i metodi di critica testuale della letteratura greca e latina, scoprì quelli che considerò due distinti documenti nella Genesi, scritti da Mosè e poi condensati da autori successivi in un unico documento, generando quindi quelle incongruenze e contraddizioni notate da Hobbes e Spinoza. I metodi di Astruc furono adottati dagli studiosi tedeschi che, nel corso del secolo successivo, li raffinarono e li utilizzarono per indagare la Bibbia. Entro la metà del secolo, il consenso voleva che il Pentateuco contenesse quattro fonti originali, differenti da quelle di Astruc, che non erano opera di Mosè, e che i libri di Giosué, dei Giudici, di Samuele e dei Re erano un'unica storia di Israele nota come "Storia deuteronomica" in quanto collegata al Deuteronomio. L'esegesi biblica tedesca del XIX secolo raggiunse il suo apice con due libri di Julius Wellhausen, "Fonti del Pentateuco" e il successivo e ancor più influente "Prolegomeni alla Storia di Israele". Wellhausen riassunse e distillò i risultati del precedente secolo di studi nella versione definitiva dell' ipotesi documentale, affermando che il Pentateuco era formato da documenti distinti, fino a quattro diversi, nessuno dei quali composti prima del X secolo a.C., combinati da uno scriba nella loro forma presente al più tardi nel V secolo a.C.

Julius WellhausenLe ipotesi di Wellhausen ebbero una influenza immensa, ma furono altrettanto controverse, specie tra credenti cristiani ed ebrei, che giudicarono il loro orientamento eminentemente secolare come una sfida alla fede. Studi successivi corressero Wellhausen e ammorbidirono l'iniziale accoglienza ostile dei critici religiosi. Hermann Gunkell e Martin North svilupparono la storia della tradizione, la teoria che i testi biblici, anche se composti dopo il X secolo, fossero basati su tradizioni orali precedenti e che quindi contenessero memorie accurate degli eventi descritti. L'archeologia biblica sviluppata da William Foxwell Albright sembrò dare sostegno alla stessa conclusione, confermando con prove archeologiche alcune storie della Bibbia, in particolare quelle risalenti all'età dei patriarchi, all'esodo, alla conquista di Canaan.  A metà del XX secolo il consenso scientifico riteneva l'ipotesi documentale essenzialmente corretta e che, al contempo, la Bibbia contenesse tradizioni genuine riguardo Abramo, Mosè e la storia israelita successiva. Tutto questo iniziò a cambiare negli anni 1960, quando John Van Seters, Thomas Thompson e William Dever misero in discussione, e demolirono, l'idea di Albright che l'archeologia avesse convalidato la Genesi e l'Esodo; ancora Van Seters, Roger Norman Whybray, Rolf Rendtorff e altri misero in discussione e abbandonarono l'ipotesi documentale, proponendo al suo posto nuove teorie basate su modelli frammentari di composizione. (Wikipedia)

Come si può osservare dalla lettura di questo testo, nel corso del tempo c’è stato sempre il bisogno di correggere le teorie umane della cosiddetta “critica testuale”, dunque facciamo un'osservazione: se le teorie umane fossero verità non avrebbero mai bisogno di correzioni.

Gesù disse: “Il cielo e la terra passeranno ma le mie parole non passeranno!(Mt 13:31) e con questa dichiarazione noi cristiani comprendiamo che Gesù Cristo non cambierà mai opinione e non aggiusterà mai le sue idee!

Spesso bastano semplici ma acute osservazioni ispirate dallo Spirito Santo per distruggere facilmente le contorte conclusioni della falsa scienza. Lo studioso incredulo o in malafede che analizza il testo sacro per confutarne il valore troverà sempre qualcuno che, con la stessa Parola (che lo studioso in malafede usa e cita a suo piacimento) provvederà a demolirne le tesi. Questo fece Gesù anche con il diavolo nel deserto della tentazione (Matteo 4: 5-7). Satana  osò riportare alla memoria di Gesù Cristo passi dell’antico testamento per indurre Il Signore a commettere errori, ma Gesù Cristo, citando altre Scritture a correzione e confutazione della menzogna basata sull’ uso pretestuoso del Sacro testo, trovò liberazione immediata dall’attacco e fece trionfare la verità.

Anche oggi all’onesto e sincero credente consigliamo lo stesso metodo. Si prenda la Bibbia e la si  esamini con fede ed umiltà: si troveranno sufficienti prove ed affermazioni per restare saldi nella fiducia verso la Bibbia quale autentica e totale Parola Dio!

Lo studio dei metodi e delle affermazioni dell’ Alta critica infatti producono la convinzione che la Bibbia non possa davvero essere la “Parola di Dio” ma soltanto “contenere la “Parola di Dio” (concezione Liberale) o “diventare” Parola di Dio (concezione neo-ortodossa).

Ora,  non è possibile, in un articolo, analizzare dettagliatamente obiezioni e confutazioni alle teorie, già accennate, di i J. Astruc, (medico abile ma persona immorale) il quale dichiarò (nel 1753) per primo che Mosè avrebbe impiegato scritti già esistenti, o di  Eichhorn (1780) che sviluppo la teoria di Astruc, o ancora del già citato Wellhausen, che elaborò  l’idea che le fonti (testi di riferimento) a cui attinsero i compilatori del Pentateuco (sconosciuti) dovevano risalire a varie epoche successive di molto a Mosè e che andavano dall’850 a.c. al 570 a.c.

Basteranno però poche osservazioni, fra tutte quelle fatte da studiosi autenticamente cristiani, per smontare tali teorie e dare prova sufficiente dell’inconsistenza di queste idee.

Per esempio, Wellhausen, forse il più influente fra i contestatori, contrassegnò le presunte fonti primarie, ma ipotetiche, a cui avrebbe attinto Mosè con alcune lettere:

J - ( sta per Jahvista, e sarebbe un testo redatto intorno al 850 a.c. caratterizzato dall’uso ricorrente del nome di Dio “Jahvè”)

E – (presunto testo del 750 a.c. nel quale Dio è chiamato “Eloim” )

D – ( significa “Deuteronomista” ed includerebbe, nel suo contenuto, la maggior parte del testo del Deuteronomio, redatto intorno al 621 a.c. e sarebbe il “libro della legge” ritrovato sotto il re Giosia)

H – (o di Santità, per i contenuti intorno alla purezza cerimoniale, redatto ipoteticamente subito prima o subito dopo Ezechiele)

P – ( da Priest, o “sacerdoti”, che avrebbero scritto durante l’esilio e che sarebbe stato letto alla folla, sotto il nome di Mose, al tempo di Esdra);                        ma, come scrive, per esempio, R. Pache nel suo “Dizionario Biblico” (Ed. Centro Biblico), una delle tante fragilità di questa teoria è che non osserva il fatto che la parola Yahweh  compare molte volte non soltanto nella porzione di documento contrassegnato con la lettera J  ma anche nei documenti attribuiti ad E o P,   e ciò vale anche per il nome Elohim! Senza parlare dell’uso frequente che si fa dei due nomi insieme. “L’Eterno Iddio” (nell’originale Yahweh- Elohim) è citato ben undici volte soltanto nel secondo capitolo della Genesi.

Giustamente, R. Pache  dichiara che “questo solo esempio basta ad annullare questo preteso criterio” di individuazione dell’autore del Pentateuco. Questo studioso cristiano confuta abilmente tutta la “teoria documentaria” con molte altre valide argomentazioni, e  si potrebbe continuare all’infinito argomentando sullo stesso piano “scientifico” e citando anche altri autori e studiosi sinceri che hanno demolito le teorie umanistiche e “liberali” intorno alle origini dei libri della Bibbia. Chi voglia approfondire lo studio scientifico può farlo da sé.

Noi però preferiamo ancora affidarci al metodo usato da  Gesù nel deserto della tentazione mentre contendeva con il diavolo, ed elencare alcuni passi biblici a conferma della paternità di Mosè e della stesura del Pentateuco contemporanea (od immediatamente successiva) all’autore indicato dalla Bibbia stessa, cioè Mosè.

Non prendo spazio per riportare i testi biblici per esteso ma i pochi minuti che serviranno per consultarli nella propria Bibbia ripagheranno abbondantemente del tempo speso nella lettura:

 Esodo 17:14; 24.4; 34:27 - Numeri 33:1-2; -  Deuteronomio 31:9 - Giosuè 1:8, 8:31 - I Libro dei Re 2:3 - Matteo 19:8 - Atti 3.22 - Romani 10:5.

 In tutti questi passi (e molti altri non citati) si dichiara:

- che Mosè è stato lo scrittore della Legge,

- che ha scritto dei libri,

- che questi libri esistevano già al tempo di Giosuè,

- che Gesù li citò dichiarandone la paternità,

- e che gli apostoli erano pienamente convinti di tutto questo!

A noi veri cristiani di oggi tanto ci basta perché la nostra fede si basa sulla convinzione, suffragata da mille e mille prove (scientifiche, sperimentali, personali, collettive,ecc.) che la Sacra Bibbia sia, nei testi originali, la Parola di Dio e che le ottime traduzioni sono sufficienti a trasmettere il messaggio nella sua integrità!

Non  ignoriamo del tutto, nello studio del testo Sacro, i reali problemi di copia e trasmissione dei testi antichi, in minima parte comuni anche alla Bibbia (aplografia, dittografia, metatesi, fusione, fissione, omofonia, ecc.),  ma questi problemi, marginali, non interessano la fede e non influenzano la dottrina, dato che  il credente si avvicina sinceramente alla Bibbia per cercare la Vita che viene da Gesù Cristo e non per accrescere le proprie conoscenze umanistiche.

A conferma di questo necessario atteggiamento, nel vangelo di Giovanni, al capitolo 5, Gesù dichiara, contrastando gli studiosi ed religiosi senza fede del suo tempo:

5:39 Voi investigate le Scritture, perché pensate aver per mezzo d'esse vita eterna, ed esse son quelle che rendon testimonianza di me;
   
5:40 eppure non volete venire a me per aver la vita!
   
5:41 Io non prendo gloria dagli uomini;
   
5:42 ma vi conosco che non avete l'amor di Dio in voi.
   
5:43 Io son venuto nel nome del Padre mio, e voi non mi ricevete; se un altro verrà nel suo proprio nome, voi lo riceverete.
   
5:44 Come potete credere, voi che prendete gloria gli uni dagli altri e non cercate la gloria che vien da Dio solo?
   
5:45

Non crediate che io sia colui che vi accuserà davanti al Padre; v'è chi v'accusa, ed è Mosè, nel quale avete riposta la vostra speranza.

   
5:46 Perché se credeste a Mosè, credereste anche a me; poiché egli ha scritto di me.
   
5:47 Ma se non credete agli scritti di lui, come crederete alle mie parole?
   
  E’ proprio vero! Mosè è un elemento di sfida per la fede degli uomini contestatori e cavillatori di oggi, e non solo per gli scribi ed i farisei del tempo di Gesù!
   
  Si può concludere dunque, commentando le parole di Gesù, dicendo che il vero problema di molti  studiosi è che spesso sono motivati dal desiderio di gloria personale. Inoltre essi eludono il vero problema, comune a tutti gli uomini: l’urgenza di andare a Gesù, umiliandosi e ravvedendosi, per essere perdonati e ricevere Vita Eterna attraverso la sua opera e la Sua parola!

                                                                                                                                                 

     (Marco Ielo)

                                                                     

 

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