31 Gennaio 2010
Il Carnevale
Caratterizzato da colori e schiamazzi, il
carnevale è considerata la festa dell'allegria per eccellenza. Uomini di
ogni ceto sociale si recano a balli in maschera e sfilate variopinte,
cercando di liberare la fantasia e di catturare un po' di felicità. Lo
scherzo "vale" ed il commercio che vi è connesso raggiunge il suo apice;
vengono acquistati vestiti da indossare solo per qualche giorno, poi, come
ogni anno, rimangono soltanto piazze e strade da ripulire. Oltrepassando
pragmatiche e superficiali considerazioni, pro o contro il carnevale,
occorre chiedersi da dove esso provenga e di quali concetti religiosi o
valori morali sia portatore.
Le origini del carnevale
Certamente non è facile indagare sulle
origini di una festa come il carnevale, le cui tracce storiche nessuno ha
potuto o voluto realmente conservare. Non è possibile nemmeno fare luce sui
diversi aspetti che ne caratterizzano i festeggiamenti, in quanto, nel corso
dei secoli e in realtà geografiche diverse, il carnevale si è arricchito di
sfumature sempre nuove.
L'etimologia del termine "carnevale" risale, con ogni probabilità, al latino
carnem levare, espressione con cui nel Medioevo si indicava la
prescrizione ecclesiastica di astenersi dal mangiare carne a partire dal
primo giorno di Quaresima, vale a dire dal giorno successivo alla fine del
carnevale, sino al "giovedì santo" prima della Pasqua. Il carnevale infatti,
nel calendario liturgico cattolico-romano si colloca necessariamente tra
l'Epifania (6 gennaio) e la Quaresima. Le prime testimonianze documentarie
del carnevale risalgono ad epoca medievale (sin dall'VIII sec. ca.) e
parlano di una festa caratterizzata da uno sregolato godimento di cibi,
bevande e piaceri sensuali. Per tutto il periodo si sovvertiva l'ordine
sociale vigente e si scambiavano i ruoli soliti, nascondendo la vecchia
identità dietro delle maschere.
I festeggiamenti culminavano solitamente
con il processo, la condanna, la lettura del testamento, la morte e il
funerale di un fantoccio, che rappresentava allo stesso tempo sia il sovrano
di un auspicato e mai pago mondo di "cuccagna", sia il capro espiatorio dei
mali dell'anno passato. La fine violenta del fantoccio poneva termine al
periodo degli sfrenati festeggiamenti e costituiva un augurio per il nuovo
anno in corso. Nelle varie manifestazioni carnevalesche è possibile
individuare un denominatore comune: la propiziazione e il rinnovamento della
fecondità, in particolare della terra, attraverso l'esorcismo della morte.
Il periodo carnevalesco coincide più o meno con l'inizio dell'anno agricolo,
un chiaro indizio che permette di collegare direttamente il carnevale alle
feste greche di impronta dionisiaca (le feste in onore di Dionisio, dio
greco del vino, caratterizzate dal raggiungimento di uno stato di ebbrezza
ed esaltazione entusiastica, che sfociavano in vere e proprie orge), e a
quelle romane dei Saturnali (solenne festa religiosa, che si celebrava in
onore del dio Saturno e durante la quale si tenevano cerimonie religiose di
carattere sfrenato e orgiastico, che prevedevano tra l'altro la temporanea
sospensione del rapporto servo-padrone). Lo stretto rapporto esistente tra
queste feste e alcuni costumi del carnevale è evidente, anche se ignorato
dai più. In tempi recenti gli storici hanno insistito maggiormente
sull'origine agraria e sociale del carnevale. Esso è irrisione dell'ordine
stabilito e capovolgimento autorizzato, limitato e controllato nel tempo e
nello spazio dall'autorità costituita. In altre parole la festa del
carnevale era vista dalle classi sociali più agiate come un'ottima valvola
di sfogo concessa ai meno abbienti allo scopo di garantirsi il protrarsi dei
propri privilegi. Non meno interessante è l'origine e la valenza demoniaca
di alcune tra le maschere carnevalesche più famose e antiche, come quella
nera sul volto di Arlecchino o quella bipartita (bianca e nera) di
Pulcinella. Studi sul significato psicologico della volontà di indossare una
maschera hanno mostrato che l'irresistibile attrazione esercitata dal
carnevale sta proprio nella possibilità di smettere di essere se stessi per
assumere le sembianze e il comportamento della maschera. Questa scelta,
quando non è condizionata da fattori economici, rivela interessanti, e
talvolta inaspettati, aspetti psicologici di una persona. Queste brevi note
storiche, lungi dall'esaurire l'argomento, vogliono far riflettere il
lettore sulla reale origine del carnevale e sull'impossibilità per ogni
cristiano, separato dalle usanze del mondo e consacrato a Dio, di lasciarsi
coinvolgere sia pure dal minore di questi aspetti.
Il Carnevale visto come manifestazione
sociale
Il Carnevale è la celebrazione del
travestimento: di quella promiscuità ribelle che sovverte l'ordine naturale
e morale stabilito da Dio: "La donna non si vestirà da uomo, e l'uomo non si
vestirà da donna poiché il Signore, il tuo Dio, detesta chiunque fa queste
cose" (De.22:5). La condanna è estesa ad ogni licenza dalla propria identità
spirituale e dalle responsabilità etiche (So.1:89).
Il Carnevale è il riconoscimento di
quella ambiguità che, confondendo realtà e apparenza, verità e finzione,
mira ad offuscare quella lucidità e giusta inibizione necessarie ad onorare
Dio (Is.5:20,22; Ro.13:12-14). Per diversi credenti basta un disincantato:
"non c'è nulla di male..." per rendere implicita l'approvazione di Dio in
faccende che non Lo riguarderebbero. Il Carnevale è espressione di una
allegrezza abbinata alla volgarità, in contrasto con la gioia cristiana
(Ro.14:17, Ef.5:3,4), di una satira dissacratoria completamente in contrasto
con la Parola di Dio, che non insegna lo scherno delle autorità, bensì a
pregare per esse (I Ti.2:12). Il Carnevale è l'esaltazione sfrenata del
godimento fine a sé stesso; tale festa costituisce, tuttavia, più che
un'innocente divertimento, uno dei tanti "diversivi" che, con la scusa di
fugare noia, tristezza e desideri repressi, allontana le coscienze dalla
sana preoccupazione per la condizione dell'anima dinanzi al Giudizio divino
(Is.30:9-11; Lu.16:19,25; I Pi.4:3,7).
Il Carnevale visto quale evento religioso
Il Carnevale ha perduto nel tempo certe
punte di pura stregoneria, ma sotto il manto della baldoria "scaccia
pensieri", la sostanza dell'esorcismo "scaccia spiriti" non è scomparsa;
esso è comunque una ricorrenza pagana, con tutto il suo fardello di
contraddizioni inconciliabili con lo spirito e l'opera di Cristo (II
Co.6:14-16). Il "carnevale religioso" rivisita un rituale che disonora
l'unica propiziazione riconosciuta da Dio (I Gv.2:12). La simbologia
cattolica delle ceneri ripropone una prescrizione mosaica superata
dall'efficacia purificatoria del sacrificio di Gesù Cristo (Eb.9:11-14). Il
Carnevale insegna un falso riscatto spirituale, promuovendo il peccato
volontario in prospettiva di un "pentimento programmato".
Conclusione
Come cristiani desiderosi di vivere
secondo la volontà di Dio, non vogliamo vivere secondo il sistema che vige
nel mondo: "E non vi conformate a questo secolo, ma siate trasformati
mediante il rinnovamento della vostra mente, affinché conosciate per
esperienza qual sia la volontà di Dio, la buona, accettevole e perfetta
volontà" (Ro.12:2, I Pi.1:14).
Come genitori siamo inoltre chiamati ad
istruire i nostri figli nella volontà di Dio, anche se veniamo considerati
delle persone che non sanno rimanere al passo con i tempi, poiché la nostra
preoccupazione non è quella di rimanere indietro con la società, ma di
seguire Gesù Cristo il Signore in ogni cosa.
(si ringrazia P. Tarantino per il testo dell'articolo)
Fonte:
Il cammino cristiano |