Tt 1:1-4; Ga 1:1-5
Paolo, servo di Cristo Gesù, chiamato a essere apostolo, messo a parte per
il vangelo di Dio, che egli aveva già promesso per mezzo dei suoi profeti
nelle sante Scritture riguardo al Figlio suo, nato dalla stirpe di Davide
secondo la carne, dichiarato Figlio di Dio con potenza secondo lo Spirito di
santità mediante la risurrezione dai morti; cioè Gesù Cristo, nostro
Signore, per mezzo del quale abbiamo ricevuto grazia e apostolato perché si
ottenga l'ubbidienza della fede fra tutti gli stranieri, per il suo nome -
fra i quali siete anche voi, chiamati da Gesù Cristo - a quanti sono in
Roma, amati da Dio, chiamati a essere santi, grazia a voi e pace da Dio
nostro Padre, e dal Signore Gesù Cristo.
I sentimenti di Paolo verso i cristiani di Roma
(1Te 1:2-3, 8; 3:7-13) Ro 15:23-32
Prima di tutto rendo grazie al mio Dio per mezzo di Gesù Cristo riguardo a
tutti voi, perché la vostra fede è divulgata in tutto il mondo. Dio, che
servo nel mio spirito annunziando il vangelo del Figlio suo, mi è testimone
che faccio continuamente menzione di voi chiedendo sempre nelle mie
preghiere che in qualche modo finalmente, per volontà di Dio, io riesca a
venire da voi. Infatti desidero vivamente vedervi per comunicarvi qualche
carisma spirituale affinché siate fortificati; o meglio, perché quando sarò
tra di voi ci confortiamo a vicenda mediante la fede che abbiamo in comune,
voi e io.
Non voglio che ignoriate, fratelli, che molte volte mi sono proposto di
recarmi da voi (ma finora ne sono stato impedito) per avere qualche frutto
anche tra di voi, come fra le altre nazioni. Io sono debitore verso i Greci
come verso i barbari, verso i sapienti come verso gli ignoranti; così, per
quanto dipende da me, sono pronto ad annunziare il vangelo anche a voi che
siete a Roma.
Giustizia attraverso la fede, tema della lettura
Mr 16:15-16; 1Co 1:18-24; Ro 3:21-25
Infatti non mi vergogno del vangelo; perché esso è potenza di Dio per la
salvezza di chiunque crede; del Giudeo prima e poi del Greco; poiché in esso
la giustizia di Dio è rivelata da fede a fede, com'è scritto: «Il giusto per
fede vivrà».
I peccati dei pagani
(Sl 19:2-5; At 14:16-17)(Sl 81:12-13; Is 44:9-20)(Ef 4:17-19; 1P 4:3-5)
L'ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà e ingiustizia degli
uomini che soffocano la verità con l'ingiustizia; poiché quel che si può
conoscere di Dio è manifesto in loro, avendolo Dio manifestato loro; infatti
le sue qualità invisibili, la sua eterna potenza e divinità, si vedono
chiaramente fin dalla creazione del mondo essendo percepite per mezzo delle
opere sue; perciò essi sono inescusabili, perché, pur avendo conosciuto Dio,
non l'hanno glorificato come Dio, né l'hanno ringraziato; ma si son dati a
vani ragionamenti e il loro cuore privo d'intelligenza si è ottenebrato.
Benché si dichiarino sapienti, son diventati stolti, e hanno mutato la
gloria del Dio incorruttibile in immagini simili a quelle dell'uomo
corruttibile, di uccelli, di quadrupedi e di rettili.
Per questo Dio li ha abbandonati all'impurità, secondo i desideri dei loro
cuori, in modo da disonorare fra di loro i loro corpi; essi, che hanno
mutato la verità di Dio in menzogna e hanno adorato e servito la creatura
invece del Creatore, che è benedetto in eterno. Amen.
Perciò Dio li ha abbandonati a passioni infami: infatti le loro donne hanno
cambiato l'uso naturale in quello che è contro natura; similmente anche gli
uomini, lasciando il rapporto naturale con la donna, si sono infiammati
nella loro libidine gli uni per gli altri commettendo uomini con uomini atti
infami, ricevendo in loro stessi la meritata ricompensa del proprio
traviamento.
Siccome non si sono curati di conoscere Dio, Dio li ha abbandonati in balìa
della loro mente perversa sì che facessero ciò che è sconveniente; ricolmi
di ogni ingiustizia, malvagità, cupidigia, malizia; pieni d'invidia, di
omicidio, di contesa, di frode, di malignità; calunniatori, maldicenti,
abominevoli a Dio, insolenti, superbi, vanagloriosi, ingegnosi nel male,
ribelli ai genitori, insensati, sleali, senza affetti naturali, spietati.
Essi, pur conoscendo che secondo i decreti di Dio quelli che fanno tali cose
sono degni di morte, non soltanto le fanno, ma anche approvano chi le
commette.
CAPITOLO 2
Il giusto giudizio di Dio
(Mt 7:1-5; Ro 14:10-12) Ga 6:7-8 (Gm 1:22-25; Lu 12:47-48; At 10:34-35) Ec
12:15-16
Perciò, o uomo, chiunque tu sia che giudichi, sei inescusabile; perché nel
giudicare gli altri condanni te stesso; infatti tu che giudichi, fai le
stesse cose. Ora noi sappiamo che il giudizio di Dio su quelli che fanno
tali cose è conforme a verità. Pensi tu, o uomo, che giudichi quelli che
fanno tali cose e le fai tu stesso, di scampare al giudizio di Dio? Oppure
disprezzi le ricchezze della sua bontà, della sua pazienza e della sua
costanza, non riconoscendo che la bontà di Dio ti spinge al ravvedimento?
Tu, invece, con la tua ostinazione e con l'impenitenza del tuo cuore, ti
accumuli un tesoro d'ira per il giorno dell'ira e della rivelazione del
giusto giudizio di Dio. Egli renderà a ciascuno secondo le sue opere: vita
eterna a quelli che con perseveranza nel fare il bene cercano gloria, onore
e immortalità; ma ira e indignazione a quelli che, per spirito di contesa,
invece di ubbidire alla verità ubbidiscono all'ingiustizia. Tribolazione e
angoscia sopra ogni uomo che fa il male; sul Giudeo prima e poi sul Greco;
ma gloria, onore e pace a chiunque opera bene; al Giudeo prima e poi al
Greco; perché davanti a Dio non c'e favoritismo.
Infatti, tutti coloro che hanno peccato senza legge periranno pure senza
legge; e tutti coloro che hanno peccato avendo la legge saranno giudicati in
base a quella legge; perché non quelli che ascoltano la legge sono giusti
davanti a Dio, ma quelli che l'osservano saranno giustificati. Infatti
quando degli stranieri, che non hanno legge, adempiono per natura le cose
richieste dalla legge, essi, che non hanno legge, sono legge a sé stessi;
essi dimostrano che quanto la legge comanda è scritto nei loro cuori, perché
la loro coscienza ne rende testimonianza e i loro pensieri si accusano o
anche si scusano a vicenda. Tutto ciò si vedrà nel giorno in cui Dio
giudicherà i segreti degli uomini per mezzo di Gesù Cristo, secondo il mio
vangelo.
Responsabilità dei Giudei davanti a Dio
Gr 8:8-9; Gm 4:16-17; Ro 14:13
Ora, se tu ti chiami Giudeo, ti riposi sulla legge, ti vanti in Dio, conosci
la sua volontà, e sai distinguere ciò che è meglio, essendo istruito dalla
legge, e ti persuadi di essere guida dei ciechi, luce di quelli che sono
nelle tenebre, educatore degli insensati, maestro dei fanciulli, perché hai
nella legge la formula della conoscenza e della verità; come mai dunque, tu
che insegni agli altri non insegni a te stesso? Tu che predichi: «Non
rubare!» rubi? Tu che dici: «Non commettere adulterio!» commetti adulterio?
Tu che detesti gli idoli, ne spogli i templi? Tu che ti vanti della legge,
disonori Dio trasgredendo la legge? Infatti, com'è scritto: «Il nome di Dio
è bestemmiato per causa vostra fra gli stranieri».
(Gr 4:4; Gv 1:47-49; Ro 4:11-12)(1Co 7:19; Ga 5:6)
La circoncisione è utile se tu osservi la legge; ma se tu sei trasgressore
della legge, la tua circoncisione diventa incirconcisione. Se l'incirconciso
osserva le prescrizioni della legge, la sua incirconcisione non sarà
considerata come circoncisione? Così colui che è per natura incirconciso, se
adempie la legge, giudicherà te, che con la lettera e la circoncisione sei
un trasgressore della legge. Giudeo infatti non è colui che è tale
all'esterno; e la circoncisione non è quella esterna, nella carne; ma Giudeo
è colui che lo è interiormente; e la circoncisione è quella del cuore, nello
spirito, non nella lettera; di un tale Giudeo la lode proviene non dagli
uomini, ma da Dio.
Ro 9:4-21; Mt 3:8-10
Qual è dunque il vantaggio del Giudeo? Qual è l'utilità della circoncisione?
Grande in ogni senso. Prima di tutto, perché a loro furono affidate le
rivelazioni di Dio. Che vuol dire infatti se alcuni sono stati increduli? La
loro incredulità annullerà la fedeltà di Dio? No di certo! Anzi, sia Dio
riconosciuto veritiero e ogni uomo bugiardo, com'è scritto:
«Affinché tu sia riconosciuto giusto nelle tue parole
e trionfi quando sei giudicato».
Ma se la nostra ingiustizia fa risaltare la giustizia di Dio, che diremo?
Che Dio è ingiusto quando dà corso alla sua ira? (Parlo alla maniera degli
uomini.) No di certo! Perché, altrimenti, come potrà Dio giudicare il mondo?
Ma se per la mia menzogna la verità di Dio sovrabbonda a sua gloria, perché
sono ancora giudicato come peccatore? Perché non «facciamo il male affinché
ne venga il bene», come da taluni siamo calunniosamente accusati di dire? La
condanna di costoro è giusta.
Universalità del peccato
(Ec 7:20; Gb 15:14-16; Ge 6:5, 11-12; Sl 14:1-3) Ga 3:22
Che dire dunque? Noi siamo forse superiori? No affatto! Perché abbiamo già
dimostrato che tutti, Giudei e Greci, sono sottomessi al peccato, com'è
scritto:
«Non c'è nessun giusto,
neppure uno.
Non c'è nessuno che capisca,
non c'è nessuno che cerchi Dio.
Tutti si sono sviati, tutti quanti si sono corrotti.
Non c'è nessuno che pratichi la bontà,
no, neppure uno».
«La loro gola è un sepolcro aperto;
con le loro lingue hanno tramato frode».
«Sotto le loro labbra c'è un veleno di serpenti».
«La loro bocca è piena di maledizione e di amarezza».
«I loro piedi sono veloci a spargere il sangue.
Rovina e calamità sono sul loro cammino
e non conoscono la via della pace».
«Non c'è timor di Dio davanti ai loro occhi».
Or noi sappiamo che tutto quel che la legge dice, lo dice a quelli che sono
sotto la legge, affinché sia chiusa ogni bocca e tutto il mondo sia
riconosciuto colpevole di fronte a Dio; perché mediante le opere della legge
nessuno sarà giustificato davanti a lui; infatti la legge dà soltanto la
conoscenza del peccato.
La giustificazione attraverso la fede in Cristo
Is 53:11; At 10:43; 2Co 5:21; Ga 2:15-16; 3:8-14, 22-29; Ef 2:7-9
Ora però, indipendentemente dalla legge, è stata manifestata la giustizia di
Dio, della quale danno testimonianza la legge e i profeti: vale a dire la
giustizia di Dio mediante la fede in Gesù Cristo, per tutti coloro che
credono - infatti non c'è distinzione: tutti hanno peccato e sono privi
della gloria di Dio - ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia,
mediante la redenzione che è in Cristo Gesù. Dio lo ha prestabilito come
sacrificio propiziatorio mediante la fede nel suo sangue, per dimostrare la
sua giustizia, avendo usato tolleranza verso i peccati commessi in passato,
al tempo della sua divina pazienza; e per dimostrare la sua giustizia nel
tempo presente affinché egli sia giusto e giustifichi colui che ha fede in
Gesù.
Dov'è dunque il vanto? Esso è escluso. Per quale legge? Delle opere? No, ma
per la legge della fede; poiché riteniamo che l'uomo è giustificato mediante
la fede senza le opere della legge. Dio è forse soltanto il Dio dei Giudei?
Non è egli anche il Dio degli altri popoli? Certo, è anche il Dio degli
altri popoli, poiché c'è un solo Dio, il quale giustificherà il circonciso
per fede, e l'incirconciso ugualmente per mezzo della fede.
Annulliamo dunque la legge mediante la fede? No di certo! Anzi, confermiamo
la legge.
CAPITOLO 4
La giustificazione attraverso la fede: esempio di Abraamo e di Davide
(Ge 15:5-6; 17, 9, ecc.) Ga 3:6-9, 29; Sl 32
Che diremo dunque che il nostro antenato Abraamo abbia ottenuto secondo la
carne? Poiché se Abraamo fosse stato giustificato per le opere, egli avrebbe
di che vantarsi; ma non davanti a Dio; infatti, che dice la Scrittura? «Abraamo
credette a Dio e ciò gli fu messo in conto come giustizia». Ora a chi opera,
il salario non è messo in conto come grazia, ma come debito; mentre a chi
non opera ma crede in colui che giustifica l'empio, la sua fede è messa in
conto come giustizia.
Così pure Davide proclama la beatitudine dell'uomo al quale Dio mette in
conto la giustizia senza opere, dicendo:
«Beati quelli le cui iniquità sono perdonate
e i cui peccati sono coperti.
Beato l'uomo al quale il Signore non addebita affatto il peccato».
Questa beatitudine è soltanto per i circoncisi o anche per gl'incirconcisi?
Infatti diciamo che la fede fu messa in conto ad Abraamo come giustizia. In
quale circostanza dunque gli fu messa in conto? Quando era circonciso, o
quando era incirconciso? Non quando era circonciso, ma quando era
incirconciso; poi ricevette il segno della circoncisione, quale sigillo
della giustizia ottenuta per la fede che aveva quando era incirconciso,
affinché fosse padre di tutti gl'incirconcisi che credono, in modo che anche
a loro fosse messa in conto la giustizia; e fosse padre anche dei
circoncisi, di quelli che non solo sono circoncisi ma seguono anche le orme
della fede del nostro padre Abraamo quand'era ancora incirconciso.
Ga 3:8-18, 26-29; Eb 11:8-19
Infatti la promessa di essere erede del mondo non fu fatta ad Abraamo o alla
sua discendenza in base alla legge, ma in base alla giustizia che viene
dalla fede. Perché, se diventano eredi quelli che si fondano sulla legge, la
fede è resa vana e la promessa è annullata; poiché la legge produce ira; ma
dove non c'è legge, non c'è neppure trasgressione. Perciò l'eredità è per
fede, affinché sia per grazia; in modo che la promessa sia sicura per tutta
la discendenza; non soltanto per quella che è sotto la legge, ma anche per
quella che discende dalla fede d'Abraamo. Egli è padre di noi tutti (com'è
scritto: «Io ti ho costituito padre di molte nazioni») davanti a colui nel
quale credette, Dio, che fa rivivere i morti, e chiama all'esistenza le cose
che non sono. Egli, sperando contro speranza, credette, per diventare padre
di molte nazioni, secondo quello che gli era stato detto: «Così sarà la tua
discendenza». Senza venir meno nella fede, egli vide che il suo corpo era
svigorito (aveva quasi cent'anni) e che Sara non era più in grado di essere
madre; davanti alla promessa di Dio non vacillò per incredulità, ma fu
fortificato nella sua fede e diede gloria a Dio, pienamente convinto che
quanto egli ha promesso, è anche in grado di compierlo. Perciò gli fu messo
in conto come giustizia.
Or non per lui soltanto sta scritto che questo gli fu messo in conto come
giustizia, ma anche per noi, ai quali sarà pure messo in conto; per noi che
crediamo in colui che ha risuscitato dai morti Gesù, nostro Signore, il
quale è stato dato a causa delle nostre offese ed è stato risuscitato per la
nostra giustificazione.
CAPITOLO 5
Gli effetti della giustificazione ottenuta per fede
1P 1:3-9 (1Gv 4:9-10; Ro 8:22)
Giustificati dunque per fede, abbiamo pace con Dio per mezzo di Gesù Cristo,
nostro Signore, mediante il quale abbiamo anche avuto, per la fede,
l'accesso a questa grazia nella quale stiamo; e ci gloriamo nella speranza
della gloria di Dio; non solo, ma ci gloriamo anche nelle afflizioni,
sapendo che l'afflizione produce pazienza, la pazienza esperienza, e
l'esperienza speranza. Or la speranza non delude, perché l'amore di Dio è
stato sparso nei nostri cuori mediante lo Spirito Santo che ci è stato dato.
Infatti, mentre noi eravamo ancora senza forza, Cristo, a suo tempo, è morto
per gli empi. Difficilmente uno morirebbe per un giusto; ma forse per una
persona buona qualcuno avrebbe il coraggio di morire; Dio invece mostra la
grandezza del proprio amore per noi in questo: che, mentre eravamo ancora
peccatori, Cristo è morto per noi. Tanto più dunque, essendo ora
giustificati per il suo sangue, saremo per mezzo di lui salvati dall'ira. Se
infatti, mentre eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio mediante la
morte del Figlio suo, tanto più ora, che siamo riconciliati, saremo salvati
mediante la sua vita. Non solo, ma ci gloriamo anche in Dio per mezzo del
nostro Signore Gesù Cristo, mediante il quale abbiamo ora ottenuto la
riconciliazione.
Il peccato e la grazia
1Co 15:21-22, 45-49, 56-57; Ro 6:23
Perciò, come per mezzo di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo, e per
mezzo del peccato la morte, e così la morte è passata su tutti gli uomini,
perché tutti hanno peccato... Poiché, fino alla legge, il peccato era nel
mondo, ma il peccato non è imputato quando non c'è legge. Eppure, la morte
regnò, da Adamo fino a Mosè, anche su quelli che non avevano peccato con una
trasgressione simile a quella di Adamo, il quale è figura di colui che
doveva venire. Però, la grazia non è come la trasgressione. Perché se per la
trasgressione di uno solo, molti sono morti, a maggior ragione la grazia di
Dio e il dono della grazia proveniente da un solo uomo, Gesù Cristo, sono
stati riversati abbondantemente su molti. Riguardo al dono non avviene
quello che è avvenuto nel caso dell'uno che ha peccato; perché dopo una sola
trasgressione il giudizio è diventato condanna, mentre il dono diventa
giustificazione dopo molte trasgressioni. Infatti, se per la trasgressione
di uno solo la morte ha regnato a causa di quell'uno, tanto più quelli che
ricevono l'abbondanza della grazia e del dono della giustizia, regneranno
nella vita per mezzo di quell'uno che è Gesù Cristo. Dunque, come con una
sola trasgressione la condanna si è estesa a tutti gli uomini, così pure,
con un solo atto di giustizia, la giustificazione che dà la vita si è estesa
a tutti gli uomini. Infatti, come per la disubbidienza di un solo uomo i
molti sono stati resi peccatori, così anche per l'ubbidienza di uno solo, i
molti saranno costituiti giusti. La legge poi è intervenuta a moltiplicare
la trasgressione; ma dove il peccato è abbondato, la grazia è sovrabbondata,
affinché, come il peccato regnò mediante la morte, così pure la grazia regni
mediante la giustizia a vita eterna, per mezzo di Gesù Cristo, nostro
Signore.
CAPITOLO 6
Morire con Cristo per rinascere in Cristo
Cl 2:11-13; 3:1-10; Ga 2:19-20; 1P 4:1-2
Che diremo dunque? Rimarremo forse nel peccato affinché la grazia abbondi?
No di certo! Noi che siamo morti al peccato, come vivremmo ancora in esso?
O ignorate forse che tutti noi, che siamo stati battezzati in Cristo Gesù,
siamo stati battezzati nella sua morte? Siamo dunque stati sepolti con lui
mediante il battesimo nella sua morte, affinché, come Cristo è stato
risuscitato dai morti mediante la gloria del Padre, così anche noi
camminassimo in novità di vita. Perché se siamo stati totalmente uniti a lui
in una morte simile alla sua, lo saremo anche in una risurrezione simile
alla sua. Sappiamo infatti che il nostro vecchio uomo è stato crocifisso con
lui affinché il corpo del peccato fosse annullato e noi non serviamo più al
peccato; infatti colui che è morto, è libero dal peccato. Ora, se siamo
morti con Cristo, crediamo pure che vivremo con lui, sapendo che Cristo,
risuscitato dai morti, non muore più; la morte non ha più potere su di lui.
Poiché il suo morire fu un morire al peccato, una volta per sempre; ma il
suo vivere è un vivere a Dio. Così anche voi fate conto di essere morti al
peccato, ma viventi a Dio, in Cristo Gesù.
Non regni dunque il peccato nel vostro corpo mortale per ubbidire alle sue
concupiscenze; e non prestate le vostre membra al peccato, come strumenti
d'iniquità; ma presentate voi stessi a Dio, come di morti fatti viventi, e
le vostre membra come strumenti di giustizia a Dio;
infatti il peccato non avrà più potere su di voi; perché non siete sotto la
legge ma sotto la grazia.
(Gv 8:31-36; Ro 7:4-6) Tt 2:11-14
Che faremo dunque? Peccheremo forse perché non siamo sotto la legge ma sotto
la grazia? No di certo!
Non sapete voi che se vi offrite a qualcuno come schiavi per ubbidirgli,
siete schiavi di colui a cui ubbidite: o del peccato che conduce alla morte
o dell'ubbidienza che conduce alla giustizia? Ma sia ringraziato Dio perché
eravate schiavi del peccato ma avete ubbidito di cuore a quella forma
d'insegnamento che vi è stata trasmessa; e, liberati dal peccato, siete
diventati servi della giustizia. Parlo alla maniera degli uomini, a causa
della debolezza della vostra carne; poiché, come già prestaste le vostre
membra a servizio dell'impurità e dell'iniquità per commettere l'iniquità,
così prestate ora le vostre membra a servizio della giustizia per la
santificazione. Perché quando eravate schiavi del peccato, eravate liberi
riguardo alla giustizia. Quale frutto dunque avevate allora? Di queste cose
ora vi vergognate, poiché la loro fine è la morte. Ma ora, liberati dal
peccato e fatti servi di Dio, avete per frutto la vostra santificazione e
per fine la vita eterna; perché il salario del peccato è la morte, ma il
dono di Dio è la vita eterna in Cristo Gesù, nostro Signore.
CAPITOLO 7
L'affrancamento del cristiano dalla legge
Ef 5:25-31 (Ga 2:19-20; Ro 6:14, ecc.)
O ignorate forse, fratelli (poiché parlo a persone che hanno conoscenza
della legge), che la legge ha potere sull'uomo per tutto il tempo ch'egli
vive? Infatti la donna sposata è legata per legge al marito mentre egli
vive; ma se il marito muore, è sciolta dalla legge che la lega al marito.
Perciò se lei diventa moglie di un altro uomo mentre il marito vive, sarà
chiamata adultera; ma se il marito muore, ella è libera da quella legge; per
cui non è adultera se diventa moglie di un altro uomo. Così, fratelli miei,
anche voi siete stati messi a morte quanto alla legge mediante il corpo di
Cristo, per appartenere a un altro, cioè a colui che è risuscitato dai
morti, affinché portiamo frutto a Dio. Infatti, mentre eravamo nella carne,
le passioni peccaminose, risvegliate dalla legge, agivano nelle nostre
membra allo scopo di portare frutto alla morte; ma ora siamo stati sciolti
dai legami della legge, essendo morti a quella che ci teneva soggetti, per
servire nel nuovo regime dello Spirito e non in quello vecchio della
lettera.
Il ruolo della legge
Ro 5:20; 3:19-20; 4:15; Ga 3:21-22
Che cosa diremo dunque? La legge è peccato? No di certo! Anzi, io non avrei
conosciuto il peccato se non per mezzo della legge; poiché non avrei
conosciuto la concupiscenza, se la legge non avesse detto: «Non concupire».
Ma il peccato, còlta l'occasione, per mezzo del comandamento, produsse in me
ogni concupiscenza; perché senza la legge il peccato è morto. Un tempo io
vivevo senza legge; ma, venuto il comandamento, il peccato prese vita e io
morii; e il comandamento che avrebbe dovuto darmi vita, risultò che mi
condannava a morte. Perché il peccato, còlta l'occasione per mezzo del
comandamento, mi trasse in inganno e, per mezzo di esso, mi uccise. Così la
legge è santa, e il comandamento è santo, giusto e buono. Ciò che è buono,
diventò dunque per me morte? No di certo! È invece il peccato che mi è
diventato morte, perché si rivelasse come peccato, causandomi la morte
mediante ciò che è buono; affinché, per mezzo del comandamento, il peccato
diventasse estremamente peccante.
La legge del peccato
Ga 5:16-25; Ro 8:1-4
Sappiamo infatti che la legge è spirituale; ma io sono carnale, venduto
schiavo al peccato. Poiché, ciò che faccio, io non lo capisco: infatti non
faccio quello che voglio, ma faccio quello che odio. Ora, se faccio quello
che non voglio, ammetto che la legge è buona; allora non sono più io che lo
faccio, ma è il peccato che abita in me. Difatti, io so che in me, cioè
nella mia carne, non abita alcun bene; poiché in me si trova il volere, ma
il modo di compiere il bene, no. Infatti il bene che voglio, non lo faccio;
ma il male che non voglio, quello faccio. Ora, se io faccio ciò che non
voglio, non sono più io che lo compio, ma è il peccato che abita in me. Mi
trovo dunque sotto questa legge: quando voglio fare il bene, il male si
trova in me. Infatti io mi compiaccio della legge di Dio, secondo l'uomo
interiore, ma vedo un'altra legge nelle mie membra, che combatte contro la
legge della mia mente e mi rende prigioniero della legge del peccato che è
nelle mie membra. Me infelice! Chi mi libererà da questo corpo di morte?
Grazie siano rese a Dio per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore. Così
dunque, io con la mente servo la legge di Dio, ma con la carne la legge del
peccato.
CAPITOLO 8
La liberazione per opera dello Spirito Santo
(Ga 3:13-14; Ro 6:22-23) Ga 5:16-25; 6:8
Non c'è dunque più nessuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù,
perché la legge dello Spirito della vita in Cristo Gesù mi ha liberato dalla
legge del peccato e della morte. Infatti, ciò che era impossibile alla
legge, perché la carne la rendeva impotente, Dio lo ha fatto; mandando il
proprio Figlio in carne simile a carne di peccato e, a motivo del peccato,
ha condannato il peccato nella carne, affinché il comandamento della legge
fosse adempiuto in noi, che camminiamo non secondo la carne, ma secondo lo
Spirito. Infatti quelli che sono secondo la carne, pensano alle cose della
carne; invece quelli che sono secondo lo Spirito, pensano alle cose dello
Spirito. Ma ciò che brama la carne è morte, mentre ciò che brama lo Spirito
è vita e pace; infatti ciò che brama la carne è inimicizia contro Dio,
perché non è sottomesso alla legge di Dio e neppure può esserlo; e quelli
che sono nella carne non possono piacere a Dio.
Voi però non siete nella carne ma nello Spirito, se lo Spirito di Dio abita
veramente in voi. Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, egli non
appartiene a lui. Ma se Cristo è in voi, nonostante il corpo sia morto a
causa del peccato, lo Spirito dà vita a causa della giustificazione. Se lo
Spirito di colui che ha risuscitato Gesù dai morti abita in voi, colui che
ha risuscitato Cristo Gesù dai morti vivificherà anche i vostri corpi
mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi.
Cl 3:1-6; Ga 4:4-7
Così dunque, fratelli, non siamo debitori alla carne per vivere secondo la
carne; perché se vivete secondo la carne voi morrete; ma se mediante lo
Spirito fate morire le opere del corpo, voi vivrete; infatti tutti quelli
che sono guidati dallo Spirito di Dio, sono figli di Dio. E voi non avete
ricevuto uno spirito di servitù per ricadere nella paura, ma avete ricevuto
lo Spirito di adozione, mediante il quale gridiamo: «Abbà! Padre!» Lo
Spirito stesso attesta insieme con il nostro spirito che siamo figli di Dio.
Se siamo figli, siamo anche eredi; eredi di Dio e coeredi di Cristo, se
veramente soffriamo con lui, per essere anche glorificati con lui.
La speranza gloriosa dei figli di Dio
1Gv 3:1-3; 2Co 4:16-18; 5:1-5; 2P 3:13 (Gd 20-21)
Infatti io ritengo che le sofferenze del tempo presente non siano
paragonabili alla gloria che dev'essere manifestata a nostro riguardo.
Poiché la creazione aspetta con impazienza la manifestazione dei figli di
Dio; perché la creazione è stata sottoposta alla vanità, non di sua propria
volontà, ma a motivo di colui che ve l'ha sottoposta, nella speranza che
anche la creazione stessa sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per
entrare nella gloriosa libertà dei figli di Dio. Sappiamo infatti che fino a
ora tutta la creazione geme ed è in travaglio; non solo essa, ma anche noi,
che abbiamo le primizie dello Spirito, gemiamo dentro di noi, aspettando
l'adozione, la redenzione del nostro corpo. Poiché siamo stati salvati in
speranza. Or la speranza di ciò che si vede, non è speranza; difatti, quello
che uno vede, perché lo spererebbe ancora? Ma se speriamo ciò che non
vediamo, l'aspettiamo con pazienza.
Allo stesso modo ancora, lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza,
perché non sappiamo pregare come si conviene; ma lo Spirito intercede per
noi con sospiri ineffabili; e colui che esamina i cuori sa quale sia il
desiderio dello Spirito, perché egli intercede per i santi secondo il volere
di Dio.
Il risultato benefico dell'amore di Dio
Ef 1:3-12 (Ro 5:1-11; Is 50:8-9; Gv 10:27-30)
Or sappiamo che tutte le cose cooperano al bene di quelli che amano Dio, i
quali sono chiamati secondo il suo disegno. Perché quelli che ha
preconosciuti, li ha pure predestinati a essere conformi all'immagine del
Figlio suo, affinché egli sia il primogenito tra molti fratelli; e quelli
che ha predestinati li ha pure chiamati; e quelli che ha chiamati li ha pure
giustificati; e quelli che ha giustificati li ha pure glorificati.
Che diremo dunque riguardo a queste cose?
Se Dio è per noi chi sarà contro di noi? Colui che non ha risparmiato il
proprio Figlio, ma lo ha dato per noi tutti, non ci donerà forse anche tutte
le cose con lui? Chi accuserà gli eletti di Dio? Dio è colui che li
giustifica. Chi li condannerà? Cristo Gesù è colui che è morto e, ancor più,
è risuscitato, è alla destra di Dio e anche intercede per noi. Chi ci
separerà dall'amore di Cristo? Sarà forse la tribolazione, l'angoscia, la
persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Com'è scritto:
«Per amor di te siamo messi a morte tutto il giorno;
siamo stati considerati come pecore da macello».
Ma, in tutte queste cose, noi siamo più che vincitori, in virtù di colui che
ci ha amati. Infatti sono persuaso che né morte, né vita, né angeli, né
principati, né cose presenti, né cose future, né potenze, né altezza, né
profondità, né alcun'altra creatura potranno separarci dall'amore di Dio che
è in Cristo Gesù, nostro Signore.
CAPITOLO 9
I sentimenti di Paolo verso Israele
Ro 10:1; 11:28-29; 3:1-2; 1:1-4
Dico la verità in Cristo, non mento - poiché la mia coscienza me lo conferma
per mezzo dello Spirito Santo - ho una grande tristezza e una sofferenza
continua nel mio cuore; perché io stesso vorrei essere anatema, separato da
Cristo, per amore dei miei fratelli, miei parenti secondo la carne, cioè gli
Israeliti, ai quali appartengono l'adozione, la gloria, i patti, la
legislazione, il servizio sacro e le promesse; ai quali appartengono i padri
e dai quali proviene, secondo la carne, il Cristo, che è sopra tutte le cose
Dio benedetto in eterno. Amen!
(Ge 21:1-12; Ga 4:2-31)(Ge 25:21-26; Eb 11:8-9)
Però non è che la parola di Dio sia caduta a terra; infatti non tutti i
discendenti d'Israele sono Israele; né per il fatto di essere stirpe
d'Abraamo, sono tutti figli d'Abraamo; anzi: «È in Isacco che ti sarà
riconosciuta una discendenza». Cioè, non i figli della carne sono figli di
Dio; ma i figli della promessa sono considerati come discendenza. Infatti,
questa è la parola della promessa: «In questo tempo verrò, e Sara avrà un
figlio». Ma c'è di più! Anche a Rebecca avvenne la medesima cosa quand'ebbe
concepito figli da un solo uomo, da Isacco nostro padre; poiché, prima che i
gemelli fossero nati e che avessero fatto del bene o del male (affinché
rimanesse fermo il proponimento di Dio, secondo elezione, che dipende non da
opere, ma da colui che chiama) le fu detto:
«Il maggiore servirà il minore»; com'è scritto:
«Ho amato Giacobbe e ho odiato Esaù».
Sovranità di Dio
(Es 9:15-16; Is 6:9-13)(Is 45:9; Gr 18:1-6)(Sl 62:12-13; 145:17) Ro 11:22,
30-36
Che diremo dunque? Vi è forse ingiustizia in Dio? No di certo! Poiché egli
dice a Mosè: «Io avrò misericordia di chi avrò misericordia e avrò
compassione di chi avrò compassione». Non dipende dunque né da chi vuole né
da chi corre, ma da Dio che fa misericordia. La Scrittura infatti dice al
faraone: «Appunto per questo ti ho suscitato: per mostrare in te la mia
potenza e perché il mio nome sia proclamato per tutta la terra». Così dunque
egli fa misericordia a chi vuole e indurisce chi vuole.
Tu allora mi dirai: «Perché rimprovera egli ancora? Poiché chi può resistere
alla sua volontà?» Piuttosto, o uomo, chi sei tu che replichi a Dio? La cosa
plasmata dirà forse a colui che la plasmò: «Perché mi hai fatta così?» Il
vasaio non è forse padrone dell'argilla per trarre dalla stessa pasta un
vaso per uso nobile e un altro per uso ignobile? Che c'è da contestare se
Dio, volendo manifestare la sua ira e far conoscere la sua potenza, ha
sopportato con grande pazienza dei vasi d'ira preparati per la perdizione, e
ciò per far conoscere la ricchezza della sua gloria verso dei vasi di
misericordia che aveva già prima preparati per la gloria, cioè verso di noi,
che egli ha chiamato non soltanto fra i Giudei ma anche fra gli stranieri?
Così egli dice appunto in Osea: «Io chiamerò "mio popolo" quello che non era
mio popolo e "amata" quella che non era amata»; e «avverrà che nel luogo
dov'era stato detto: "Voi non siete mio popolo", là saranno chiamati "figli
del Dio vivente"». Isaia poi esclama riguardo a Israele:
«Anche se il numero dei figli d'Israele fosse come la sabbia del mare,
solo il resto sarà salvato;
perché il Signore eseguirà la sua parola sulla terra in modo rapido e
definitivo».
Come Isaia aveva detto prima:
«Se il Signore degli eserciti
non ci avesse lasciato una discendenza,
saremmo diventati come Sodoma
e saremmo stati simili a Gomorra».
Israele e la giustizia che si ottiene per fede
Ro 10:3, 16-21; 1P 2:6-10
Che diremo dunque? Diremo che degli stranieri, i quali non ricercavano la
giustizia, hanno conseguito la giustizia, però la giustizia che deriva dalla
fede; mentre Israele, che ricercava una legge di giustizia, non ha raggiunto
questa legge. Perché? Perché l'ha ricercata non per fede ma per opere. Essi
hanno urtato nella pietra d'inciampo, come è scritto:
«Ecco, io metto in Sion un sasso d'inciampo
e una pietra di scandalo;
ma chi crede in lui non sarà deluso».
Ro 9:1-5, 31-33; 3:19-29; Ga 3:8-14, 21-29
Fratelli, il desiderio del mio cuore e la mia preghiera a Dio per loro è che
siano salvati. Io rendo loro testimonianza infatti che hanno zelo per Dio,
ma zelo senza conoscenza. Perché, ignorando la giustizia di Dio e cercando
di stabilire la propria, non si sono sottomessi alla giustizia di Dio;
poiché Cristo è il termine della legge, per la giustificazione di tutti
coloro che credono.
Infatti Mosè descrive così la giustizia che viene dalla legge: «L'uomo che
farà quelle cose, vivrà per esse». Invece la giustizia che viene dalla fede
dice così: «Non dire in cuor tuo: "Chi salirà in cielo?" (questo è farne
scendere Cristo) né: "Chi scenderà nell'abisso?"» (questo è far risalire
Cristo dai morti). Che cosa dice invece? «La parola è vicino a te, nella tua
bocca e nel tuo cuore»: questa è la parola della fede che noi annunziamo;
perché, se con la bocca avrai confessato Gesù come Signore e avrai creduto
con il cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvato; infatti con
il cuore si crede per ottenere la giustizia e con la bocca si fa confessione
per essere salvati. Difatti la Scrittura dice:
«Chiunque crede in lui, non sarà deluso».
Poiché non c'è distinzione tra Giudeo e Greco, essendo egli lo stesso
Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che lo invocano. Infatti chiunque
avrà invocato il nome del Signore sarà salvato.
Ora, come invocheranno colui nel quale non hanno creduto? E come crederanno
in colui del quale non hanno sentito parlare? E come potranno sentirne
parlare, se non c'è chi lo annunzi? E come annunzieranno se non sono
mandati? Com'è scritto:
«Quanto sono belli
i piedi di quelli che annunziano buone notizie!»
Ma non tutti hanno ubbidito alla buona notizia; Isaia infatti dice:
«Signore, chi ha creduto alla nostra predicazione?»
Così la fede viene da ciò che si ascolta, e ciò che si ascolta viene dalla
parola di Cristo.
Ma io dico: forse non hanno udito? Anzi,
«la loro voce è andata per tutta la terra
e le loro parole fino agli estremi confini del mondo».
Allora dico: forse Israele non ha compreso? Mosè per primo dice: «Io vi
renderò gelosi di una nazione che non è nazione; contro una nazione senza
intelligenza provocherò il vostro sdegno».
Isaia poi osa affermare:
«Sono stato trovato da quelli che non mi cercavano;
mi sono manifestato a quelli che non chiedevano di me».
Ma riguardo a Israele afferma:
«Tutto il giorno ho teso le mani verso un popolo disubbidiente e
contestatore».
CAPITOLO 11
Dio non ha rinnegato il suo popolo
1S 12:2-25; 1R 19:9-18; Is 6:9-13
Dico dunque: Dio ha forse ripudiato il suo popolo? No di certo! Perché
anch'io sono Israelita, della discendenza d'Abraamo, della tribù di
Beniamino. Dio non ha ripudiato il suo popolo, che ha riconosciuto già da
prima. Non sapete ciò che la Scrittura dice a proposito di Elia? Come si
rivolse a Dio contro Israele, dicendo: «Signore, hanno ucciso i tuoi
profeti, hanno demolito i tuoi altari, io sono rimasto solo e vogliono la
mia vita»? Ma che cosa gli rispose la voce divina? «Mi sono riservato
settemila uomini che non hanno piegato il ginocchio davanti a Baal». Così
anche al presente, c'è un residuo eletto per grazia. Ma se è per grazia, non
è più per opere; altrimenti, la grazia non è più grazia.
Che dunque? Quello che Israele cerca, non lo ha ottenuto; mentre lo hanno
ottenuto gli eletti; e gli altri sono stati induriti, com'è scritto:
«Dio ha dato loro uno spirito di torpore,
occhi per non vedere
e orecchie per non udire,
fino a questo giorno».
E Davide dice:
«La loro mensa sia per loro una trappola, una rete,
un inciampo e una retribuzione.
Siano gli occhi loro oscurati perché non vedano
e rendi curva la loro schiena per sempre».
Avvertimento rivolto ai credenti stranieri
(Mt 21:40-43; Ef 2:7-13)(1Co 4:7; 10:11-12) Za 1:17; 8:13
Ora io dico: sono forse inciampati perché cadessero? No di certo! Ma a causa
della loro caduta la salvezza è giunta agli stranieri per provocare la loro
gelosia. Ora, se la loro caduta è una ricchezza per il mondo e la loro
diminuzione è una ricchezza per gli stranieri, quanto più lo sarà la loro
piena partecipazione! Parlo a voi, stranieri; in quanto sono apostolo degli
stranieri faccio onore al mio ministero, sperando in qualche maniera di
provocare la gelosia di quelli del mio sangue, e di salvarne alcuni.
Infatti, se il loro ripudio è stato la riconciliazione del mondo, che sarà
la loro riammissione, se non un rivivere dai morti?
Se la primizia è santa, anche la massa è santa; se la radice è santa, anche
i rami sono santi. Se alcuni rami sono stati troncati, mentre tu, che sei
olivo selvatico, sei stato innestato al loro posto e sei diventato partecipe
della radice e della linfa dell'olivo, non insuperbirti contro i rami; ma,
se t'insuperbisci, sappi che non sei tu che porti la radice, ma è la radice
che porta te. Allora tu dirai: «Sono stati troncati i rami perché fossi
innestato io». Bene: essi sono stati troncati per la loro incredulità e tu
rimani stabile per la fede; non insuperbirti, ma temi. Perché se Dio non ha
risparmiato i rami naturali, non risparmierà neppure te. Considera dunque la
bontà e la severità di Dio: la severità verso quelli che sono caduti; ma
verso di te la bontà di Dio, purché tu perseveri nella sua bontà;
altrimenti, anche tu sarai reciso. Allo stesso modo anche quelli, se non
perseverano nella loro incredulità, saranno innestati; perché Dio ha la
potenza di innestarli di nuovo. Infatti se tu sei stato tagliato dall'olivo
selvatico per natura e sei stato contro natura innestato nell'olivo
domestico, quanto più essi, che sono i rami naturali, saranno innestati nel
loro proprio olivo.
La salvezza futura d'Israele
Is 59:19-21; Gr 31:31-40; Ez 36:23, ecc.; Ez 37; Os 3:4-5; Is 54:7-10; cfr.
Is 66:8
Infatti, fratelli, non voglio che ignoriate questo mistero, affinché non
siate presuntuosi: un indurimento si è prodotto in una parte d'Israele,
finché non sia entrata la totalità degli stranieri; e tutto Israele sarà
salvato, così come è scritto:
«Il liberatore verrà da Sion.
Egli allontanerà da Giacobbe l'empietà;
e questo sarà il mio patto con loro,
quando toglierò via i loro peccati».
Per quanto concerne il vangelo, essi sono nemici per causa vostra; ma per
quanto concerne l'elezione, sono amati a causa dei loro padri; perché i
carismi e la vocazione di Dio sono irrevocabili. Come in passato voi siete
stati disubbidienti a Dio, e ora avete ottenuto misericordia per la loro
disubbidienza, così anch'essi sono stati ora disubbidienti, affinché, per la
misericordia a voi usata, ottengano anch'essi misericordia. Dio infatti ha
rinchiuso tutti nella disubbidienza per far misericordia a tutti. Oh,
profondità della ricchezza, della sapienza e della scienza di Dio! Quanto
inscrutabili sono i suoi giudizi e ininvestigabili le sue vie! Infatti,
«chi ha conosciuto il pensiero del Signore?
O chi è stato suo consigliere?
O chi gli ha dato qualcosa per primo,
sì da riceverne il contraccambio?»
Perché da lui, per mezzo di lui e per lui sono tutte le cose. A lui sia la
gloria in eterno. Amen.
1Co 6:19-20 (1Co 12; Ef 4:1-16; 1P 4:10-11)
Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, a presentare i
vostri corpi in sacrificio vivente, santo, gradito a Dio; questo è il vostro
culto spirituale. Non conformatevi a questo mondo, ma siate trasformati
mediante il rinnovamento della vostra mente, affinché conosciate per
esperienza quale sia la volontà di Dio, la buona, gradita e perfetta
volontà.
Per la grazia che mi è stata concessa, dico quindi a ciascuno di voi che non
abbia di sé un concetto più alto di quello che deve avere, ma abbia di sé un
concetto sobrio, secondo la misura di fede che Dio ha assegnata a ciascuno.
Poiché, come in un solo corpo abbiamo molte membra e tutte le membra non
hanno una medesima funzione, così noi, che siamo molti, siamo un solo corpo
in Cristo, e, individualmente, siamo membra l'uno dell'altro. Avendo
pertanto carismi differenti secondo la grazia che ci è stata concessa, se
abbiamo carisma di profezia, profetizziamo conformemente alla fede; se di
ministero, attendiamo al ministero; se d'insegnamento, all'insegnare; se di
esortazione, all'esortare; chi dà, dia con semplicità; chi presiede, lo
faccia con diligenza; chi fa opere di misericordia, le faccia con gioia.
La vita cristiana
1P 3:8-12; 4:7-9; 5:5; Eb 13:1-3, 16
L'amore sia senza ipocrisia. Aborrite il male e attenetevi fermamente al
bene. Quanto all'amore fraterno, siate pieni di affetto gli uni per gli
altri. Quanto all'onore, fate a gara nel rendervelo reciprocamente. Quanto
allo zelo, non siate pigri; siate ferventi nello spirito, servite il
Signore; siate allegri nella speranza, pazienti nella tribolazione,
perseveranti nella preghiera, provvedendo alle necessità dei santi,
esercitando con premura l'ospitalità.
Benedite quelli che vi perseguitano. Benedite e non maledite. Rallegratevi
con quelli che sono allegri; piangete con quelli che piangono. Abbiate tra
di voi un medesimo sentimento. Non aspirate alle cose alte, ma lasciatevi
attrarre dalle umili. Non vi stimate saggi da voi stessi.
Mt 5:38-48; Pr 25:21-22
Non rendete a nessuno male per male. Impegnatevi a fare il bene davanti a
tutti gli uomini. Se è possibile, per quanto dipende da voi, vivete in pace
con tutti gli uomini. Non fate le vostre vendette, miei cari, ma cedete il
posto all'ira di Dio; poiché sta scritto: «A me la vendetta; io darò la
retribuzione», dice il Signore. Anzi, «se il tuo nemico ha fame, dagli da
mangiare; se ha sete, dagli da bere; poiché, facendo così, tu radunerai dei
carboni accesi sul suo capo». Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il
male con il bene.
CAPITOLO 13
La sottomissione alle autorità
1P 2:13-17; Pr 24:21-22; Lu 20:20-26
Ogni persona stia sottomessa alle autorità superiori; perché non vi è
autorità se non da Dio; e le autorità che esistono, sono stabilite da Dio.
Perciò chi resiste all'autorità si oppone all'ordine di Dio; quelli che vi
si oppongono si attireranno addosso una condanna; infatti i magistrati non
sono da temere per le opere buone, ma per le cattive. Tu, non vuoi temere
l'autorità? Fa' il bene e avrai la sua approvazione, perché il magistrato è
un ministro di Dio per il tuo bene; ma se fai il male, temi, perché egli non
porta la spada invano; infatti è un ministro di Dio per infliggere una
giusta punizione a chi fa il male. Perciò è necessario stare sottomessi, non
soltanto per timore della punizione, ma anche per motivo di coscienza.
È anche per questa ragione che voi pagate le imposte, perché essi, che sono
costantemente dediti a questa funzione, sono ministri di Dio. Rendete a
ciascuno quel che gli è dovuto: l'imposta a chi è dovuta l'imposta, la tassa
a chi la tassa; il timore a chi il timore; l'onore a chi l'onore.
Amore del prossimo
Mt 22:35-40; Ga 5:14; 1Gv 3:11-23; cfr. Lu 10:29-37
Non abbiate altro debito con nessuno, se non di amarvi gli uni gli altri;
perché chi ama il prossimo ha adempiuto la legge. Infatti il «non commettere
adulterio», «non uccidere», «non rubare», «non concupire» e qualsiasi altro
comandamento si riassumono in questa parola: «Ama il tuo prossimo come te
stesso». L'amore non fa nessun male al prossimo; l'amore quindi è
l'adempimento della legge.
Vigilanza nella vita cristiana
1Te 5:4-10; Ef 5:3-18
E questo dobbiamo fare, consci del momento cruciale: è ora ormai che vi
svegliate dal sonno; perché adesso la salvezza ci è più vicina di quando
credemmo. La notte è avanzata, il giorno è vicino; gettiamo dunque via le
opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce. Comportiamoci
onestamente, come in pieno giorno, senza gozzoviglie e ubriachezze; senza
immoralità e dissolutezza; senza contese e gelosie; ma rivestitevi del
Signore Gesù Cristo e non abbiate cura della carne per soddisfarne i
desideri.
CAPITOLO 14
Esortazione alla tolleranza
Ro 15:1-7; 1Co 4:3-5; 8:7; Cl 2:16
Accogliete colui che è debole nella fede, ma non per sentenziare sui suoi
scrupoli.
Uno crede di poter mangiare di tutto, mentre l'altro che è debole, mangia
legumi. Colui che mangia di tutto non disprezzi colui che non mangia di
tutto; e colui che non mangia di tutto non giudichi colui che mangia di
tutto, perché Dio lo ha accolto. Chi sei tu che giudichi il domestico
altrui? Se sta in piedi o se cade è cosa che riguarda il suo padrone; ma
egli sarà tenuto in piedi, perché il Signore è potente da farlo stare in
piedi.
Uno stima un giorno più di un altro; l'altro stima tutti i giorni uguali;
sia ciascuno pienamente convinto nella propria mente.
Chi ha riguardo al giorno, lo fa per il Signore; e chi mangia di tutto, lo
fa per il Signore, poiché ringrazia Dio; e chi non mangia di tutto fa così
per il Signore, e ringrazia Dio. Nessuno di noi infatti vive per sé stesso,
e nessuno muore per sé stesso; perché, se viviamo, viviamo per il Signore; e
se moriamo, moriamo per il Signore. Sia dunque che viviamo o che moriamo,
siamo del Signore. Poiché a questo fine Cristo è morto ed è tornato in vita:
per essere il Signore sia dei morti sia dei viventi. Ma tu, perché giudichi
tuo fratello? E anche tu, perché disprezzi tuo fratello? Poiché tutti
compariremo davanti al tribunale di Dio; infatti sta scritto:
«Come è vero che vivo», dice il Signore,
«ogni ginocchio si piegherà davanti a me,
e ogni lingua darà gloria a Dio».
Quindi ciascuno di noi renderà conto di sé stesso a Dio.
1Co 8; 10:23-33
Smettiamo dunque di giudicarci gli uni gli altri; decidetevi piuttosto a non
porre inciampo sulla via del fratello, né a essere per lui un'occasione di
caduta. Io so e sono persuaso nel Signore Gesù che nulla è impuro in sé
stesso; però se uno pensa che una cosa è impura, per lui è impura. Ora, se a
motivo di un cibo tuo fratello è turbato, tu non cammini più secondo amore.
Non perdere, con il tuo cibo, colui per il quale Cristo è morto! Ciò che è
bene per voi non sia dunque oggetto di biasimo; perché il regno di Dio non
consiste in vivanda né in bevanda, ma è giustizia, pace e gioia nello
Spirito Santo. Poiché chi serve Cristo in questo, è gradito a Dio e
approvato dagli uomini. Cerchiamo dunque di conseguire le cose che
contribuiscono alla pace e alla reciproca edificazione. Non distruggere, per
un cibo, l'opera di Dio. Certo, tutte le cose sono pure; ma è male quando
uno mangia dando occasione di peccato. È bene non mangiar carne, né bere
vino, né far nulla che possa essere occasione di caduta al fratello. Tu, la
fede che hai, serbala per te stesso, davanti a Dio. Beato colui che non
condanna sé stesso in quello che approva. Ma chi ha dei dubbi riguardo a ciò
che mangia è condannato, perché la sua condotta non è dettata dalla fede; e
tutto quello che non viene da fede è peccato.
Ro 14:13-23; Fl 2:1-5
Or noi, che siamo forti, dobbiamo sopportare le debolezze dei deboli e non
compiacere a noi stessi. Ciascuno di noi compiaccia al prossimo, nel bene, a
scopo di edificazione. Infatti anche Cristo non compiacque a sé stesso; ma
come è scritto:
«Gli insulti di quelli che ti oltraggiano sono caduti sopra di me».
Poiché tutto ciò che fu scritto nel passato, fu scritto per nostra
istruzione, affinché mediante la pazienza e la consolazione che ci
provengono dalle Scritture, conserviamo la speranza.
Il Dio della pazienza e della consolazione vi conceda di aver tra di voi un
medesimo sentimento secondo Cristo Gesù, affinché di un solo animo e d'una
stessa bocca glorifichiate Dio, il Padre del nostro Signore Gesù Cristo.
Perciò accoglietevi gli uni gli altri, come anche Cristo vi ha accolti per
la gloria di Dio.
La buona novella è per tutti gli uomini
At 3:25-26; Ef 2:11-19
Infatti io dico che Cristo è diventato servitore dei circoncisi a
dimostrazione della veracità di Dio per confermare le promesse fatte ai
padri; mentre gli stranieri onorano Dio per la sua misericordia, come sta
scritto:
«Per questo ti celebrerò tra le nazioni
e canterò le lodi al tuo nome».
E ancora:
«Rallegratevi, o nazioni, con il suo popolo».
E altrove:
«Nazioni, lodate tutte il Signore;
tutti i popoli lo celebrino».
Di nuovo Isaia dice:
«Spunterà una radice di Iesse,
colui che sorgerà a governare le nazioni;
in lui spereranno le nazioni».
Or il Dio della speranza vi riempia di ogni gioia e di ogni pace nella fede,
affinché abbondiate nella speranza, per la potenza dello Spirito Santo.
Riflessioni di Paolo sul suo apostolato; i viaggi che l'apostolo intende
fare
1Co 15:10; 2Co 12:12; 10:13-18
Ora, fratelli miei, io pure sono persuaso, a vostro riguardo, che anche voi
siete pieni di bontà, ricolmi di ogni conoscenza, capaci anche di ammonirvi
a vicenda. Ma vi ho scritto un po' arditamente su alcuni punti, per
ricordarveli di nuovo, a motivo della grazia che mi è stata fatta da Dio, di
essere un ministro di Cristo Gesù tra gli stranieri, esercitando il sacro
servizio del vangelo di Dio, affinché gli stranieri diventino un'offerta
gradita, santificata dallo Spirito Santo.
Ho dunque di che vantarmi in Cristo Gesù, per quel che concerne le cose di
Dio. Non oserei infatti parlare di cose che Cristo non avesse operato per
mio mezzo allo scopo di condurre i pagani all'ubbidienza, con parole e
opere, con la potenza di segni e di prodigi, con la potenza dello Spirito
Santo. Così da Gerusalemme e dintorni fino all'Illiria ho predicato
dappertutto il vangelo di Cristo, avendo l'ambizione di predicare il vangelo
là dove non era ancora stato portato il nome di Cristo, per non costruire
sul fondamento altrui, ma com'è scritto:
«Coloro ai quali nulla era stato annunziato di lui, lo vedranno;
e coloro che non ne avevano udito parlare, comprenderanno».
Per questa ragione appunto sono stato tante volte impedito di venire da voi;
ma ora, non avendo più campo d'azione in queste regioni, e avendo già da
molti anni un gran desiderio di venire da voi, quando andrò in Spagna,
spero, passando, di vedervi e di essere aiutato da voi a raggiungere quella
regione, dopo aver goduto almeno un po' della vostra compagnia.
Per ora vado a Gerusalemme, a rendere un servizio ai santi, perché la
Macedonia e l'Acaia si sono compiaciute di fare una colletta per i poveri
che sono tra i santi di Gerusalemme. Si sono compiaciute, ma esse sono anche
in debito nei loro confronti; infatti se gli stranieri sono stati fatti
partecipi dei loro beni spirituali, sono anche in obbligo di aiutarli con i
beni materiali. Quando dunque avrò compiuto questo servizio e consegnato il
frutto di questa colletta, andrò in Spagna passando da voi; e so che,
venendo da voi, verrò con la pienezza delle benedizioni di Cristo.
Ora, fratelli, vi esorto, per il Signore nostro Gesù Cristo e per l'amore
dello Spirito, a combattere con me nelle preghiere che rivolgete a Dio in
mio favore, perché io sia liberato dagli increduli di Giudea, e il mio
servizio per Gerusalemme sia gradito ai santi, in modo che, se piace a Dio,
io possa venire da voi con gioia ed essere confortato insieme con voi. Or il
Dio della pace sia con tutti voi. Amen.
CAPITOLO 16
Saluti ed esortazione all'amore fraterno
3Gv 5-8 (At 18:2-3, 18, 26; 1Co 16:19-20)
Vi raccomando Febe, nostra sorella, che è diaconessa della chiesa di
Cencrea, perché la riceviate nel Signore, in modo degno dei santi, e le
prestiate assistenza in qualunque cosa ella possa aver bisogno di voi;
poiché ella pure ha prestato assistenza a molti e anche a me.
Salutate Prisca e Aquila, miei collaboratori in Cristo Gesù, i quali hanno
rischiato la vita per me; a loro non io soltanto sono grato, ma anche tutte
le chiese delle nazioni. Salutate anche la chiesa che si riunisce in casa
loro. Salutate il mio caro Epeneto, che è la primizia dell'Asia per Cristo.
Salutate Maria, che si è molto affaticata per voi. Salutate Andronico e
Giunia, miei parenti e compagni di prigionia, i quali si sono segnalati fra
gli apostoli ed erano in Cristo già prima di me. Salutate Ampliato, che mi è
caro nel Signore. Salutate Urbano, nostro collaboratore in Cristo, e il mio
caro Stachi. Salutate Apelle, che ha dato buona prova in Cristo. Salutate
quelli di casa Aristobulo. Salutate Erodione, mio parente. Salutate quelli
di casa Narcisso che sono nel Signore. Salutate Trifena e Trifosa, che si
affaticano nel Signore. Salutate la cara Perside che si è affaticata molto
nel Signore. Salutate Rufo, l'eletto nel Signore e sua madre, che è anche
mia. Salutate Asincrito, Flegonte, Erme, Patroba, Erma, e i fratelli che
sono con loro. Salutate Filologo e Giulia, Nereo e sua sorella, Olimpa e
tutti i santi che sono con loro. Salutatevi gli uni gli altri con un santo
bacio.
Tutte le chiese di Cristo vi salutano.
1Ti 6:3-5; Tt 3:9-11; 2P 2:1-3
Ora vi esorto, fratelli, a tener d'occhio quelli che provocano le divisioni
e gli scandali in contrasto con l'insegnamento che avete ricevuto.
Allontanatevi da loro. Costoro, infatti, non servono il nostro Signore Gesù
Cristo, ma il proprio ventre; e con dolce e lusinghiero parlare seducono il
cuore dei semplici. Quanto a voi, la vostra ubbidienza è nota a tutti. Io mi
rallegro dunque per voi, ma desidero che siate saggi nel bene e
incontaminati dal male. Il Dio della pace stritolerà presto Satana sotto i
vostri piedi. La grazia del Signore nostro Gesù Cristo sia con voi.
Ef 3:5-11, 20-21; Gd 24-25
Timoteo, mio collaboratore, vi saluta e vi salutano anche Lucio, Giasone e
Sosipatro, miei parenti. Io, Terzio, che ho scritto la lettera, vi saluto
nel Signore. Gaio, che ospita me e tutta la chiesa, vi saluta. Erasto, il
tesoriere della città e il fratello Quarto vi salutano. ... A colui che può
fortificarvi secondo il mio vangelo e il messaggio di Gesù Cristo,
conformemente alla rivelazione del mistero che fu tenuto nascosto fin dai
tempi più remoti, ma che ora è rivelato e reso noto mediante le Scritture
profetiche, per ordine dell'eterno Dio, a tutte le nazioni perché
ubbidiscano alla fede, a Dio, unico in saggezza, per mezzo di Gesù Cristo
sia la gloria nei secoli dei secoli.
Amen.