I tempi antichi dalla creazione ad Abraamo

CAPITOLO 1

La creazione


Ne 9:6 (Sl 124:8; Gr 32:17; 10:12) Ro 1:20; Ap 4:11; Gv 1:1-3
Nel principio Dio creò i cieli e la terra.

Sl 104:2; Is 45:7; 2Co 4:6
La terra era informe e vuota, le tenebre coprivano la faccia dell'abisso e lo Spirito di Dio aleggiava sulla superficie delle acque. Dio disse: «Sia luce!» E luce fu. Dio vide che la luce era buona; e Dio separò la luce dalle tenebre. Dio chiamò la luce «giorno» e le tenebre «notte». Fu sera, poi fu mattina: primo giorno.

Sl 104:2-3; 19:2
Poi Dio disse: «Vi sia una distesa tra le acque, che separi le acque dalle acque». Dio fece la distesa e separò le acque che erano sotto la distesa dalle acque che erano sopra la distesa. E così fu. Dio chiamò la distesa «cielo». Fu sera, poi fu mattina: secondo giorno.

Gb 38:8-11; Sl 104:6-9, 14-16
Poi Dio disse: «Le acque che sono sotto il cielo siano raccolte in un unico luogo e appaia l'asciutto». E così fu. Dio chiamò l'asciutto «terra», e chiamò la raccolta delle acque «mari». Dio vide che questo era buono. Poi Dio disse: «Produca la terra della vegetazione, delle erbe che facciano seme e degli alberi fruttiferi che, secondo la loro specie, portino del frutto avente in sé la propria semenza, sulla terra». E così fu. La terra produsse della vegetazione, delle erbe che facevano seme secondo la loro specie e degli alberi che portavano del frutto avente in sé la propria semenza, secondo la loro specie. Dio vide che questo era buono. Fu sera, poi fu mattina: terzo giorno.

Sl 104:19; 136:7-9; 148:3, 5-6
Poi Dio disse: «Vi siano delle luci nella distesa dei cieli per separare il giorno dalla notte; siano dei segni per le stagioni, per i giorni e per gli anni; facciano luce nella distesa dei cieli per illuminare la terra». E così fu. Dio fece le due grandi luci: la luce maggiore per presiedere al giorno e la luce minore per presiedere alla notte; e fece pure le stelle. Dio le mise nella distesa dei cieli per illuminare la terra, per presiedere al giorno e alla notte e separare la luce dalle tenebre. Dio vide che questo era buono.

Sl 104:24-26; 148:7, 10
Fu sera, poi fu mattina: quarto giorno. Poi Dio disse: «Producano le acque in abbondanza esseri viventi, e volino degli uccelli sopra la terra per l'ampia distesa del cielo». Dio creò i grandi animali acquatici e tutti gli esseri viventi che si muovono, e che le acque produssero in abbondanza secondo la loro specie, e ogni volatile secondo la sua specie. Dio vide che questo era buono. Dio li benedisse dicendo: «Crescete, moltiplicatevi e riempite le acque dei mari, e si moltiplichino gli uccelli sulla terra». Fu sera, poi fu mattina: quinto giorno.

Ge 2:19-20 (Ge 5:1-2; 2:7, 21-23)
Poi Dio disse: «Produca la terra animali viventi secondo la loro specie: bestiame, rettili e animali selvatici della terra, secondo la loro specie». E così fu. Dio fece gli animali selvatici della terra secondo le loro specie, il bestiame secondo le sue specie e tutti i rettili della terra secondo le loro specie. Dio vide che questo era buono.

Creazione dell'uomo e della donna


Sl 8:5-9 (Ec 7:29; Ef 4:24)
Poi Dio disse: «Facciamo l'uomo a nostra immagine, conforme alla nostra somiglianza, e abbia dominio sui pesci del mare, sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutta la terra e su tutti i rettili che strisciano sulla terra». Dio creò l'uomo a sua immagine; lo creò a immagine di Dio; li creò maschio e femmina. Dio li benedisse; e Dio disse loro: «Siate fecondi e moltiplicatevi; riempite la terra, rendetevela soggetta, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e sopra ogni animale che si muove sulla terra». Dio disse: «Ecco, io vi do ogni erba che fa seme sulla superficie di tutta la terra, e ogni albero fruttifero che fa seme; questo vi servirà di nutrimento. A ogni animale della terra, a ogni uccello del cielo e a tutto ciò che si muove sulla terra e ha in sé un soffio di vita, io do ogni erba verde per nutrimento». E così fu. Dio vide tutto quello che aveva fatto, ed ecco, era molto buono. Fu sera, poi fu mattina: sesto giorno.

CAPITOLO 2



(Es 20:8-11; Is 58:13-14) Mr 2:27
Così furono compiuti i cieli e la terra e tutto l'esercito loro. Il settimo giorno, Dio compì l'opera che aveva fatta, e si riposò il settimo giorno da tutta l'opera che aveva fatta. Dio benedisse il settimo giorno e lo santificò, perché in esso Dio si riposò da tutta l'opera che aveva creata e fatta.

Ge 1:26-28; 1Co 15:45-49
Queste sono le origini dei cieli e della terra quando furono creati. Nel giorno che Dio il SIGNORE fece la terra e i cieli, non c'era ancora sulla terra alcun arbusto della campagna. Nessuna erba della campagna era ancora spuntata, perché Dio il SIGNORE non aveva fatto piovere sulla terra, e non c'era alcun uomo per coltivare il suolo; ma un vapore saliva dalla terra e bagnava tutta la superficie del suolo. Dio il SIGNORE formò l'uomo dalla polvere della terra, gli soffiò nelle narici un alito vitale e l'uomo divenne un essere vivente.

Ap 22:1-2, 2:7
Dio il SIGNORE piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi pose l'uomo che aveva formato. Dio il SIGNORE fece spuntare dal suolo ogni sorta d'alberi piacevoli a vedersi e buoni per nutrirsi, tra i quali l'albero della vita in mezzo al giardino e l'albero della conoscenza del bene e del male. Un fiume usciva da Eden per irrigare il giardino, e di là si divideva in quattro bracci. Il nome del primo è Pison, ed è quello che circonda tutto il paese di Avila, dove c'è l'oro; e l'oro di quel paese è puro; qui si trovano pure il bdellio e l'ònice. Il nome del secondo fiume è Ghion, ed è quello che circonda tutto il paese di Cus. Il nome del terzo fiume è Chiddechel, ed è quello che scorre a Oriente dell'Assiria. Il quarto fiume è l'Eufrate. Dio il SIGNORE prese dunque l'uomo e lo pose nel giardino di Eden perché lo lavorasse e lo custodisse. Dio il SIGNORE ordinò all'uomo: «Mangia pure da ogni albero del giardino, ma dell'albero della conoscenza del bene e del male non ne mangiare; perché nel giorno che tu ne mangerai, certamente morirai».

(1Co 11:7-10; 1Ti 2:11-13)(Ef 5:22-33; Mt 19:3-9)
Poi Dio il SIGNORE disse: «Non è bene che l'uomo sia solo; io gli farò un aiuto che sia adatto a lui». Dio il SIGNORE, avendo formato dalla terra tutti gli animali dei campi e tutti gli uccelli del cielo, li condusse all'uomo per vedere come li avrebbe chiamati, e perché ogni essere vivente portasse il nome che l'uomo gli avrebbe dato. L'uomo diede dei nomi a tutto il bestiame, agli uccelli del cielo e ad ogni animale dei campi; ma per l'uomo non si trovò un aiuto che fosse adatto a lui. Allora Dio il SIGNORE fece cadere un profondo sonno sull'uomo, che si addormentò; prese una delle costole di lui, e richiuse la carne al posto d'essa. Dio il SIGNORE, con la costola che aveva tolta all'uomo, formò una donna e la condusse all'uomo. L'uomo disse: «Questa, finalmente, è ossa delle mie ossa e carne della mia carne. Ella sarà chiamata donna perché è stata tratta dall'uomo». Perciò l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e saranno una stessa carne. L'uomo e sua moglie erano entrambi nudi e non ne avevano vergogna.

CAPITOLO 3

Il peccato di Adamo e la prima promessa


Mt 4:1-11 (2Co 11:3; 1Ti 2:14) Mt 6:13
Il serpente era il più astuto di tutti gli animali dei campi che Dio il SIGNORE aveva fatti. Esso disse alla donna: «Come! Dio vi ha detto di non mangiare da nessun albero del giardino?» La donna rispose al serpente: «Del frutto degli alberi del giardino ne possiamo mangiare; ma del frutto dell'albero che è in mezzo al giardino Dio ha detto: "Non ne mangiate e non lo toccate, altrimenti morirete"». Il serpente disse alla donna: «No, non morirete affatto; ma Dio sa che nel giorno che ne mangerete, i vostri occhi si apriranno e sarete come Dio, avendo la conoscenza del bene e del male». La donna osservò che l'albero era buono per nutrirsi, che era bello da vedere e che l'albero era desiderabile per acquistare conoscenza; prese del frutto, ne mangiò e ne diede anche a suo marito, che era con lei, ed egli ne mangiò.

Gm 1:13-15 (Ro 5:12-21; 8:20-22)
Allora si aprirono gli occhi ad entrambi e s'accorsero che erano nudi; unirono delle foglie di fico e se ne fecero delle cinture. Poi udirono la voce di Dio il SIGNORE, il quale camminava nel giardino sul far della sera; e l'uomo e sua moglie si nascosero dalla presenza di Dio il SIGNORE fra gli alberi del giardino. Dio il SIGNORE chiamò l'uomo e gli disse: «Dove sei?» Egli rispose: «Ho udito la tua voce nel giardino e ho avuto paura, perché ero nudo, e mi sono nascosto». Dio disse: «Chi ti ha mostrato che eri nudo? Hai forse mangiato del frutto dell'albero, che ti avevo comandato di non mangiare?» L'uomo rispose: «La donna che tu mi hai messa accanto, è lei che mi ha dato del frutto dell'albero, e io ne ho mangiato». Dio il SIGNORE disse alla donna: «Perché hai fatto questo?» La donna rispose: «Il serpente mi ha ingannata e io ne ho mangiato». Allora Dio il SIGNORE disse al serpente: «Poiché hai fatto questo, sarai il maledetto fra tutto il bestiame e fra tutte le bestie selvatiche! Tu camminerai sul tuo ventre e mangerai polvere tutti i giorni della tua vita. Io porrò inimicizia fra te e la donna, e fra la tua progenie e la progenie di lei; questa progenie ti schiaccerà il capo e tu le ferirai il calcagno». Alla donna disse: «Io moltiplicherò grandemente le tue pene e i dolori della tua gravidanza; con dolore partorirai figli; i tuoi desideri si volgeranno verso tuo marito ed egli dominerà su di te». Ad Adamo disse: «Poiché hai dato ascolto alla voce di tua moglie e hai mangiato del frutto dall'albero circa il quale io ti avevo ordinato di non mangiarne, il suolo sarà maledetto per causa tua; ne mangerai il frutto con affanno, tutti i giorni della tua vita. Esso ti produrrà spine e rovi, e tu mangerai l'erba dei campi; mangerai il pane con il sudore del tuo volto, finché tu ritorni nella terra da cui fosti tratto; perché sei polvere e in polvere ritornerai». L'uomo chiamò sua moglie Eva, perché è stata la madre di tutti i viventi. Dio il SIGNORE fece ad Adamo e a sua moglie delle tuniche di pelle, e li vestì. Poi Dio il SIGNORE disse: «Ecco, l'uomo è diventato come uno di noi, quanto alla conoscenza del bene e del male. Guardiamo che egli non stenda la mano e prenda anche del frutto dell'albero della vita, ne mangi e viva per sempre». Perciò Dio il SIGNORE mandò via l'uomo dal giardino d'Eden, perché lavorasse la terra da cui era stato tratto. Così egli scacciò l'uomo e pose a oriente del giardino d'Eden i cherubini, che vibravano da ogni parte una spada fiammeggiante, per custodire la via dell'albero della vita.

CAPITOLO 4

Caino e Abele


Eb 11:4; 1Gv 3:12-15; 1S 15:22
Adamo conobbe Eva, sua moglie, la quale concepì e partorì Caino, e disse: «Ho acquistato un uomo con l'aiuto del SIGNORE». Poi partorì ancora Abele, fratello di lui. Abele fu pastore di pecore; Caino lavoratore della terra. Avvenne, dopo qualche tempo, che Caino fece un'offerta di frutti della terra al SIGNORE. Abele offrì anch'egli dei primogeniti del suo gregge e del loro grasso. Il SIGNORE guardò con favore Abele e la sua offerta, ma non guardò con favore Caino e la sua offerta. Caino ne fu molto irritato, e il suo viso era abbattuto. Il SIGNORE disse a Caino: «Perché sei irritato? e perché hai il volto abbattuto? Se agisci bene, non rialzerai il volto? Ma se agisci male, il peccato sta spiandoti alla porta, e i suoi desideri sono rivolti contro di te; ma tu dominalo!» Un giorno Caino parlava con suo fratello Abele e, trovandosi nei campi, Caino si avventò contro Abele, suo fratello, e l'uccise.

(Mt 23:35; Eb 12:24) Gb 15:20-24
Il SIGNORE disse a Caino: «Dov'è Abele, tuo fratello?» Egli rispose: «Non lo so. Sono forse il guardiano di mio fratello?» Il SIGNORE disse: «Che hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dalla terra. Ora tu sarai maledetto, scacciato lontano dalla terra che ha aperto la sua bocca per ricevere il sangue di tuo fratello dalla tua mano. Quando coltiverai il suolo, esso non ti darà più i suoi prodotti e tu sarai vagabondo e fuggiasco sulla terra». Caino disse al SIGNORE: «Il mio castigo è troppo grande perché io possa sopportarlo. Tu oggi mi scacci da questo suolo e io sarò nascosto lontano dalla tua presenza, sarò vagabondo e fuggiasco per la terra, così chiunque mi troverà, mi ucciderà». Ma il SIGNORE gli disse: «Ebbene, chiunque ucciderà Caino, sarà punito sette volte più di lui». Il SIGNORE mise un segno su Caino, perché nessuno, trovandolo, lo uccidesse.

Discendenti di Caino


Ge 2:24; Mt 19:4-9
Caino si allontanò dalla presenza del SIGNORE e si stabilì nel paese di Nod, a oriente di Eden. Poi Caino conobbe sua moglie, che concepì e partorì Enoc. Quindi si mise a costruire una città, a cui diede il nome di Enoc, dal nome di suo figlio. A Enoc nacque Irad; Irad generò Meuiael; Meuiael generò Metusael e Metusael generò Lamec. Lamec prese due mogli: il nome dell'una era Ada e il nome dell'altra Zilla. Ada partorì Iabal, che fu il padre di quelli che abitano sotto le tende presso le greggi. Il nome di suo fratello era Iubal, che fu il padre di tutti quelli che suonano la cetra e il flauto. Zilla a sua volta partorì Tubal-Cain, l'artefice d'ogni sorta di strumenti di rame e di ferro; e la sorella di Tubal-Cain fu Naama. Lamec disse alle sue mogli: «Ada e Zilla, ascoltate la mia voce; mogli di Lamec, porgete orecchio al mio dire! Sì, io ho ucciso un uomo perché mi ha ferito, e un giovane perché mi ha contuso. Se Caino sarà vendicato sette volte, Lamec lo sarà settantasette volte».

Genealogia di Adamo per la linea di Set, fino a Noè


Ge 5:3-8
Adamo conobbe ancora sua moglie ed ella partorì un figlio che chiamò Set, perché, ella disse: «Dio mi ha dato un altro figlio al posto di Abele, che Caino ha ucciso». Anche a Set nacque un figlio, che chiamò Enos. Allora si cominciò a invocare il nome del SIGNORE.

CAPITOLO 5



(Ge 4:25-26; 1Cr 1:1-4)(Eb 11:5-6; Gd 14-15)
Questo è il libro della genealogia di Adamo. Nel giorno che Dio creò l'uomo, lo fece a somiglianza di Dio; li creò maschio e femmina, li benedisse e diede loro il nome di «uomo», nel giorno che furono creati. Adamo visse centotrent'anni, generò un figlio a sua somiglianza, a sua immagine, e lo chiamò Set; il tempo che Adamo visse, dopo aver generato Set, fu di ottocento anni ed egli generò figli e figlie; tutto il tempo che Adamo visse fu di novecentotrent'anni; poi morì. Set visse centocinque anni e generò Enos. Set, dopo aver generato Enos, visse ottocentosette anni, e generò figli e figlie. Tutto il tempo che Set visse fu di novecentododici anni; poi morì. Enos visse novant'anni e generò Chenan. Enos, dopo aver generato Chenan, visse ottocentoquindici anni e generò figli e figlie. Tutto il tempo che Enos visse fu di novecentocinque anni; poi morì. Chenan visse settant'anni e generò Maalaleel. E Chenan, dopo aver generato Maalaleel, visse ottocentoquarant'anni e generò figli e figlie. Tutto il tempo che Chenan visse fu di novecentodieci anni; poi morì. Maalaleel visse sessantacinque anni e generò Iared. E Maalaleel, dopo aver generato Iared, visse ottocentotrent'anni e generò figli e figlie. Tutto il tempo che Maalaleel visse fu di ottocentonovantacinque anni; poi morì. E Iared visse centosessantadue anni, e generò Enoc. Iared, dopo aver generato Enoc, visse ottocento anni e generò figli e figlie; tutto il tempo che Iared visse fu di novecentosessantadue anni; poi morì. Enoc visse sessantacinque anni e generò Metusela. Enoc, dopo aver generato Metusela, camminò con Dio trecento anni e generò figli e figlie. Tutto il tempo che Enoc visse fu di trecentosessantacinque anni. Enoc camminò con Dio; poi scomparve, perché Dio lo prese. Metusela visse centottantasette anni e generò Lamec. E Metusela, dopo aver generato Lamec, visse settecentottantadue anni e generò figli e figlie. Tutto il tempo che Metusela visse fu di novecentosessantanove anni; poi morì. Lamec visse centottantadue anni e generò un figlio, che chiamò Noè, dicendo: «Questo ci consolerà della nostra opera e della fatica delle nostre mani a causa del suolo che il SIGNORE ha maledetto». Lamec, dopo aver generato Noè, visse cinquecentonovantacinque anni e generò figli e figlie. Tutto il tempo che Lamec visse fu di settecentosettantasette anni; poi morì. Noè, all'età di cinquecento anni, generò Sem, Cam e Iafet.

CAPITOLO 6

Corruzione del genere umano


(Es 34:15-16; 2Co 6:14-18)(Sl 14:1-4; Ro 3:10-18)
Quando gli uomini cominciarono a moltiplicarsi sulla faccia della terra e furono loro nate delle figlie, avvenne che i figli di Dio videro che le figlie degli uomini erano belle e presero per mogli quelle che si scelsero fra tutte. Il SIGNORE disse: «Lo Spirito mio non contenderà per sempre con l'uomo poiché, nel suo traviamento, egli non è che carne; i suoi giorni dureranno quindi centoventi anni». In quel tempo c'erano sulla terra i giganti, e ci furono anche in seguito, quando i figli di Dio si unirono alle figlie degli uomini, ed ebbero da loro dei figli. Questi sono gli uomini potenti che, fin dai tempi antichi, sono stati famosi. Il SIGNORE vide che la malvagità degli uomini era grande sulla terra e che il loro cuore concepiva soltanto disegni malvagi in ogni tempo. Il SIGNORE si pentì d'aver fatto l'uomo sulla terra, e se ne addolorò in cuor suo. E il SIGNORE disse: «Io sterminerò dalla faccia della terra l'uomo che ho creato: dall'uomo al bestiame, ai rettili, agli uccelli dei cieli; perché mi pento di averli fatti». Ma Noè trovò grazia agli occhi del SIGNORE. Questa è la posterità di Noè. Noè fu uomo giusto, integro, ai suoi tempi; Noè camminò con Dio. Noè generò tre figli: Sem, Cam e Iafet.

Costruzione dell'arca


(Eb 11:7; 1P 3:19-20)(Gb 22:15-17; Os 4:1-3)
Or la terra era corrotta davanti a Dio; la terra era piena di violenza. Dio guardò la terra; ed ecco, era corrotta, poiché tutti erano diventati corrotti sulla terra. Allora Dio disse a Noè: «Nei miei decreti, la fine di ogni essere vivente è giunta poiché la terra, a causa degli uomini, è piena di violenza; ecco, io li distruggerò, insieme con la terra. Fatti un'arca di legno di gofer; falla a stanze, e spalmala di pece di dentro e di fuori. Ecco come la dovrai fare: la lunghezza dell'arca sarà di trecento cubiti, la larghezza di cinquanta cubiti e l'altezza di trenta cubiti. Farai all'arca una finestra, in alto, e le darai la dimensione d'un cubito; metterai la porta da un lato, e farai l'arca a tre piani: uno da basso, un secondo e un terzo piano. Ecco, io sto per far venire il diluvio delle acque sulla terra, per distruggere sotto il cielo ogni essere in cui è alito di vita; tutto quello che è sulla terra perirà. Ma io stabilirò il mio patto con te; tu entrerai nell'arca: tu e i tuoi figli, tua moglie e le mogli dei tuoi figli con te. Di tutto ciò che vive, di ogni essere vivente, fanne entrare nell'arca due di ogni specie, per conservarli in vita con te; e siano maschio e femmina. Degli uccelli secondo le loro specie, del bestiame secondo le sue specie e di tutti i rettili della terra secondo le loro specie, due di ogni specie verranno a te, perché tu li conservi in vita. Tu prenditi ogni sorta di cibo che si mangia e fattene provvista, perché serva di nutrimento a te e a loro». Noè fece così; fece tutto quello che Dio gli aveva comandato.

CAPITOLO 7

Il diluvio


Ge 6:8-22; Mt 24:37-39
Il SIGNORE disse a Noè: «Entra nell'arca tu con tutta la tua famiglia, perché ho visto che sei giusto davanti a me, in questa generazione. Di ogni specie di animali puri prendine sette paia, maschio e femmina; e degli animali impuri un paio, maschio e femmina. Anche degli uccelli del cielo prendine sette paia, maschio e femmina, per conservarne in vita la razza sulla faccia di tutta la terra; poiché di qui a sette giorni farò piovere sulla terra per quaranta giorni e quaranta notti: sterminerò dalla faccia della terra tutti gli esseri viventi che ho fatto». Noè fece tutto quello che il SIGNORE gli aveva comandato. Noè aveva seicento anni quando il diluvio delle acque inondò la terra. Noè, con i suoi figli, con sua moglie e con le mogli dei suoi figli, entrò nell'arca per scampare alle acque del diluvio. Degli animali puri e degli animali impuri, degli uccelli e di tutto quello che striscia sulla terra, vennero delle coppie, maschio e femmina, a Noè nell'arca, come Dio aveva comandato a Noè.

Pr 29:1; Gb 22:15-18; 2P 2:5-9; 3:3-12
Trascorsi i sette giorni, le acque del diluvio vennero sulla terra. Il seicentesimo anno della vita di Noè, il secondo mese, il diciassettesimo giorno del mese, in quel giorno tutte le fonti del grande abisso eruppero e le cateratte del cielo si aprirono. Piovve sulla terra quaranta giorni e quaranta notti. In quello stesso giorno Noè, Sem, Cam e Iafet, figli di Noè, la moglie di Noè e le tre mogli dei suoi figli entrarono con loro nell'arca: essi e tutti gli animali secondo le loro specie, tutto il bestiame secondo le sue specie, tutti i rettili che strisciano sulla terra secondo le loro specie, e tutti gli uccelli secondo le loro specie, tutti gli uccelletti, tutti gli esseri alati. Di ogni essere vivente in cui è alito di vita venne una coppia a Noè nell'arca; venivano maschio e femmina d'ogni specie, come Dio aveva comandato a Noè; poi il SIGNORE chiuse. Il diluvio venne sopra la terra per quaranta giorni, e le acque crebbero e sollevarono l'arca, che fu elevata in alto al di sopra della terra. E le acque ingrossarono e crebbero grandemente sopra la terra, e l'arca galleggiava sulla superficie delle acque. Le acque ingrossarono oltremodo sopra la terra; tutte le alte montagne che erano sotto tutti i cieli furono coperte. Le acque salirono quindici cubiti al di sopra delle vette dei monti; le montagne furono coperte. Perì ogni essere vivente che si moveva sulla terra: uccelli, bestiame, animali selvatici, rettili di ogni sorta striscianti sulla terra e tutti gli uomini. Tutto quello che era sulla terra asciutta e aveva alito di vita nelle sue narici, morì. Tutti gli esseri che erano sulla faccia della terra furono sterminati: dall'uomo fino al bestiame, ai rettili, e agli uccelli del cielo; furono sterminati sulla terra; solo Noè scampò con quelli che erano con lui nell'arca. E le acque rimasero alte sopra la terra per centocinquanta giorni.

CAPITOLO 8

Fine del diluvio. Noè esce dall'arca


Sl 104:5-9; Is 54:9
Poi Dio si ricordò di Noè, di tutti gli animali e di tutto il bestiame che era con lui nell'arca; e Dio fece passare un vento sulla terra e le acque si calmarono; le fonti dell'abisso e le cateratte del cielo furono chiuse, e cessò la pioggia dal cielo; le acque andarono via via ritirandosi di sulla terra, e alla fine di centocinquanta giorni cominciarono a diminuire. Nel settimo mese, il diciassettesimo giorno del mese, l'arca si fermò sulle montagne dell'Ararat. Le acque andarono diminuendo fino al decimo mese. Nel decimo mese, il primo giorno del mese, apparvero le vette dei monti. Dopo quaranta giorni, Noè aprì la finestra che aveva fatta nell'arca e mandò fuori il corvo, il quale uscì, andando e tornando, finché le acque furono prosciugate sulla terra. Poi mandò fuori la colomba per vedere se le acque fossero diminuite sulla superficie della terra. La colomba non trovò dove posare la pianta del suo piede e tornò a lui nell'arca, perché c'erano le acque sulla superficie di tutta la terra; ed egli stese la mano, la prese e la portò con sé dentro l'arca. Aspettò altri sette giorni, poi mandò di nuovo la colomba fuori dell'arca. E la colomba tornò da lui verso sera; ed ecco, aveva nel becco una foglia fresca d'ulivo. Così Noè capì che le acque erano diminuite sopra la terra. Aspettò altri sette giorni, poi mandò fuori la colomba; ma essa non tornò più da lui. L'anno seicentouno della vita di Noè, il primo mese, il primo giorno del mese, le acque erano asciugate sulla terra e Noè scoperchiò l'arca, guardò, ed ecco che la superficie del suolo era asciutta. Il secondo mese, il ventisettesimo giorno del mese, la terra era asciutta.

Ge 9:8-17; Is 54:9-10
Dio parlò allora a Noè dicendo: «Esci dall'arca tu, tua moglie, i tuoi figli e le mogli dei tuoi figli con te. Tutti gli animali che sono con te, di ogni specie, volatili, bestiame e tutti i rettili che strisciano sulla terra, falli uscire con te, perché possano disseminarsi sulla terra, siano fecondi e si moltiplichino su di essa». Noè uscì con i suoi figli, con sua moglie e con le mogli dei suoi figli. Tutti gli animali, tutti i rettili, tutti gli uccelli, tutto quello che si muove sulla terra, secondo le loro famiglie, uscirono dall'arca. Noè costruì un altare al SIGNORE; prese animali puri di ogni specie e uccelli puri di ogni specie e offrì olocausti sull'altare. Il SIGNORE sentì un odore soave; e il SIGNORE disse in cuor suo: «Io non maledirò più la terra a motivo dell'uomo, poiché il cuore dell'uomo concepisce disegni malvagi fin dall'adolescenza; non colpirò più ogni essere vivente come ho fatto. Finché la terra durerà, semina e raccolta, freddo e caldo, estate e inverno, giorno e notte, non cesseranno mai».

CAPITOLO 9

Noè e i suoi figli

Ge 1:26-29 (Es 21:12-14, 28; Nu 35:18-21, 31-33)
Dio benedisse Noè e i suoi figli, e disse loro: «Crescete, moltiplicatevi e riempite la terra. Avranno timore e spavento di voi tutti gli animali della terra e tutti gli uccelli del cielo. Essi sono dati in vostro potere con tutto ciò che striscia sulla terra e con tutti i pesci del mare. Tutto ciò che si muove e ha vita vi servirà di cibo; io vi do tutto questo, come l'erba verde; ma non mangerete carne con la sua vita, cioè con il suo sangue. Certo, io chiederò conto del vostro sangue, del sangue delle vostre vite; ne chiederò conto a ogni animale; chiederò conto della vita dell'uomo alla mano dell'uomo, alla mano di ogni suo fratello. Il sangue di chiunque spargerà il sangue dell'uomo sarà sparso dall'uomo, perché Dio ha fatto l'uomo a sua immagine. Voi dunque crescete e moltiplicatevi; spandetevi sulla terra e moltiplicatevi in essa».

(Ge 8:20-22; Is 54:9-10; Gr 33:20) 2P 3:6-7
Poi Dio parlò a Noè e ai suoi figli con lui dicendo: «Quanto a me, ecco, stabilisco il mio patto con voi, con i vostri discendenti dopo di voi e con tutti gli esseri viventi che sono con voi: uccelli, bestiame e tutti gli animali della terra con voi; da tutti quelli che sono usciti dall'arca, a tutti gli animali della terra. Io stabilisco il mio patto con voi; nessun essere vivente sarà più sterminato dalle acque del diluvio e non ci sarà più diluvio per distruggere la terra». Dio disse: «Ecco il segno del patto che io faccio tra me e voi e tutti gli esseri viventi che sono con voi, per tutte le generazioni future. Io pongo il mio arco nella nuvola e servirà di segno del patto fra me e la terra. Avverrà che quando avrò raccolto delle nuvole al di sopra della terra, l'arco apparirà nelle nuvole; io mi ricorderò del mio patto fra me e voi e ogni essere vivente di ogni specie, e le acque non diventeranno più un diluvio per distruggere ogni essere vivente. L'arco dunque sarà nelle nuvole e io lo guarderò per ricordarmi del patto perpetuo fra Dio e ogni essere vivente, di qualunque specie che è sulla terra». Dio disse a Noè: «Questo è il segno del patto che io ho stabilito fra me e ogni essere vivente che è sulla terra».

(Pr 20:1; Ef 5:18)(Es 20:12; De 27:16)
I figli di Noè che uscirono dall'arca erano Sem, Cam e Iafet; e Cam è il padre di Canaan. Questi sono i tre figli di Noè; da loro fu popolata tutta la terra. Noè, che era agricoltore, cominciò a piantare la vigna e bevve del vino; s'inebriò e si denudò in mezzo alla sua tenda. Cam, padre di Canaan, vide la nudità di suo padre e andò a dirlo, fuori, ai suoi fratelli. Ma Sem e Iafet presero il suo mantello, se lo misero insieme sulle spalle e, camminando all'indietro, coprirono la nudità del loro padre. Siccome avevano il viso rivolto dalla parte opposta, non videro la nudità del loro padre. Quando Noè si svegliò dalla sua ebbrezza, seppe quello che gli aveva fatto il figlio minore e disse: «Maledetto Canaan! Sia servo dei servi dei suoi fratelli!» Disse ancora: «Benedetto sia il SIGNORE, Dio di Sem; e sia Canaan suo servo! Dio estenda Iafet! e abiti nelle tende di Sem e sia Canaan suo servo!» Noè visse, dopo il diluvio, trecentocinquant'anni. L'intera vita di Noè fu di novecentocinquant'anni; poi morì.

CAPITOLO 10

Discendenza dei figli di Noè


1Cr 1:4-7; Ge 9:27
Questa è la discendenza dei figli di Noè: Sem, Cam e Iafet; a loro nacquero dei figli, dopo il diluvio. I figli di Iafet furono: Gomer, Magog, Madai, Iavan, Tubal, Mesec e Tiras. I figli di Gomer furono: Aschenaz, Rifat e Togarma. I figli di Iavan furono: Elisa, Tarsis, Chittim e Dodanim. Da costoro derivarono i popoli sparsi nelle isole delle nazioni, nei loro diversi paesi, ciascuno secondo la propria lingua, secondo le loro famiglie, nelle loro nazioni.

1Cr 1:8-16; Ge 9:22-25
I figli di Cam furono: Cus, Misraim, Put e Canaan. I figli di Cus furono: Seba, Avila, Sabta, Raama e Sabteca; i figli di Raama: Seba e Dedan. Cus generò Nimrod, che cominciò a essere potente sulla terra. Egli fu un potente cacciatore davanti al SIGNORE; perciò si dice: «Come Nimrod, potente cacciatore davanti al SIGNORE». Il principio del suo regno fu Babel, Erec, Accad e Calne nel paese di Scinear. Da quel paese andò in Assiria e costruì Ninive, Recobot-Ir e Cala; e tra Ninive e Cala, Resen, la grande città. Misraim generò i Ludim, gli Anamim, i Leabim, i Naftuim, i Patrusim, i Casluim (da dove uscirono i Filistei) e i Caftorim. Canaan generò Sidon, suo primogenito, e Chet, e i Gebusei, gli Amorei, i Ghirgasei, gli Ivvei, gli Archei, i Sinei, gli Arvadei, i Semarei e i Camatei. Poi le famiglie dei Cananei si sparsero. I confini dei Cananei andarono da Sidon, in direzione di Gherar, fino a Gaza e in direzione di Sodoma, Gomorra, Adma e Seboim fino a Lesa. Questi sono i figli di Cam, secondo le loro famiglie, secondo le loro lingue, nei loro paesi, nelle loro nazioni.

1Cr 1:17-27; Ge 9:26; 11:10-32
Anche a Sem, padre di tutti i figli di Eber e fratello maggiore di Iafet, nacquero dei figli. I figli di Sem furono: Elam, Assur, Arpacsad, Lud e Aram. I figli di Aram furono: Uz, Ul, Gheter e Mas. Arpacsad generò Sela, e Sela generò Eber. A Eber nacquero due figli; il nome dell'uno fu Peleg, perché ai suoi giorni la terra fu spartita; e il nome di suo fratello fu Ioctan. Ioctan generò Almodad, Selef, Asarmavet, Iera, Adoram, Uzal, Dicla, Obal, Abimael, Seba, Ofir, Avila e Iobab. Tutti questi furono figli di Ioctan. La loro dimora era sulla montagna orientale, da Mesa in direzione di Sefar. Questi sono i figli di Sem, secondo le loro famiglie, secondo le loro lingue, nei loro paesi, secondo le loro nazioni. Queste sono le famiglie dei figli di Noè, secondo le loro generazioni, nelle loro nazioni; da essi uscirono le nazioni che si sparsero sulla terra dopo il diluvio.

CAPITOLO 11

La torre di Babele


(Sl 33:10-11; Lu 1:51)(De 32:8; At 17:26) At 2:1-11
Tutta la terra parlava la stessa lingua e usava le stesse parole. Dirigendosi verso l'Oriente, gli uomini capitarono in una pianura nel paese di Scinear, e là si stanziarono. Si dissero l'un l'altro: «Venite, facciamo dei mattoni cotti con il fuoco!» Essi adoperarono mattoni anziché pietre, e bitume invece di calce. Poi dissero: «Venite, costruiamoci una città e una torre la cui cima giunga fino al cielo; acquistiamoci fama, affinché non siamo dispersi sulla faccia di tutta la terra». Il SIGNORE discese per vedere la città e la torre che i figli degli uomini costruivano. Il SIGNORE disse: «Ecco, essi sono un solo popolo e hanno tutti una lingua sola; questo è il principio del loro lavoro; ora nulla impedirà loro di condurre a termine ciò che intendono fare. Scendiamo dunque e confondiamo il loro linguaggio, perché l'uno non capisca la lingua dell'altro!» Così il SIGNORE li disperse di là su tutta la faccia della terra ed essi cessarono di costruire la città. Perciò a questa fu dato il nome di Babel, perché là il SIGNORE confuse la lingua di tutta la terra e di là li disperse su tutta la faccia della terra.

Gli antenati del popolo d'Israele, da Abraamo fino a Giuseppe


11:10-50:26 (Is 51:1-2; Eb 11:13-16, 39-40)

La genealogia d'Abraamo


1Cr 1:17-27; Lu 3:34-36
Questa è la discendenza di Sem. Sem, all'età di cento anni, generò Arpacsad, due anni dopo il diluvio. Sem, dopo aver generato Arpacsad, visse cinquecento anni e generò figli e figlie. Arpacsad visse trentacinque anni e generò Sela; Arpacsad, dopo aver generato Sela, visse quattrocentotrè anni e generò figli e figlie. Sela visse trent'anni e generò Eber; Sela, dopo aver generato Eber, visse quattrocentotré anni e generò figli e figlie. Eber visse trentaquattro anni e generò Peleg; Eber, dopo aver generato Peleg, visse quattrocentotrent'anni e generò figli e figlie. Peleg visse trent'anni e generò Reu; Peleg, dopo aver generato Reu, visse duecentonove anni e generò figli e figlie. Reu visse trentadue anni e generò Serug; Reu, dopo aver generato Serug, visse duecentosette anni e generò figli e figlie. Serug visse trent'anni e generò Naor; Serug, dopo aver generato Naor, visse duecento anni e generò figli e figlie. Naor visse ventinove anni e generò Tera; Naor, dopo aver generato Tera, visse centodiciannove anni e generò figli e figlie. Tera visse settant'anni e generò Abramo, Naor e Aran. Questa è la discendenza di Tera. Tera generò Abramo, Naor e Aran; Aran generò Lot. Aran morì in presenza di Tera, suo padre, nel suo paese natale in Ur dei Caldei. Abramo e Naor si presero delle mogli; il nome della moglie d'Abramo era Sarai; e il nome della moglie di Naor, Milca, che era figlia di Aran, padre di Milca e padre di Isca. Sarai era sterile; non aveva figli. Tera prese Abramo, suo figlio, e Lot, figlio di Aran, cioè figlio di suo figlio, e Sarai sua nuora, moglie d'Abramo suo figlio, e uscì con loro da Ur dei Caldei per andare nel paese di Canaan. Essi giunsero fino a Caran, e là soggiornarono. Il tempo che Tera visse fu duecentocinque anni; poi Tera morì in Caran.

CAPITOLO 12

Vocazione di Abramo. Abramo in Canaan


Ge 11:31-32; At 7:2-5; Eb 11:8-9
Il SIGNORE disse ad Abramo: «Va' via dal tuo paese, dai tuoi parenti e dalla casa di tuo padre, e va' nel paese che io ti mostrerò; io farò di te una grande nazione, ti benedirò e renderò grande il tuo nome e tu sarai fonte di benedizione. Benedirò quelli che ti benediranno e maledirò chi ti maledirà, e in te saranno benedette tutte le famiglie della terra». Abramo partì, come il SIGNORE gli aveva detto, e Lot andò con lui. Abramo aveva settantacinque anni quando partì da Caran. Abramo prese Sarai sua moglie e Lot, figlio di suo fratello, e tutti i beni che possedevano e le persone che avevano acquistate in Caran, e partirono verso il paese di Canaan. Giunsero così nella terra di Canaan, e Abramo attraversò il paese fino alla località di Sichem, fino alla quercia di More. In quel tempo i Cananei erano nel paese. Il SIGNORE apparve ad Abramo e disse: «Io darò questo paese alla tua discendenza». Lì Abramo costruì un altare al SIGNORE che gli era apparso. Di là si spostò verso la montagna a oriente di Betel, e piantò le sue tende, avendo Betel a occidente e Ai ad oriente; lì costruì un altare al SIGNORE e invocò il nome del SIGNORE. Poi Abramo partì, proseguendo da un accampamento all'altro, verso la regione meridionale.

Abramo in Egitto


Ge 20; 26:1-11; Sl 105:13-15
Venne una carestia nel paese e Abramo scese in Egitto per soggiornarvi, perché la fame era grande nel paese. Come stava per entrare in Egitto, disse a Sarai sua moglie: «Ecco, io so che tu sei una donna di bell'aspetto; quando gli Egiziani ti vedranno, diranno: "È sua moglie". Essi mi uccideranno, ma a te lasceranno la vita. Di' dunque che sei mia sorella, perché io sia trattato bene a motivo di te e la vita mi sia conservata per amor tuo». Quando Abramo giunse in Egitto, gli Egiziani osservarono che la donna era molto bella. I prìncipi del faraone la videro, ne fecero le lodi in presenza del faraone; e la donna fu condotta in casa del faraone. Questi fece del bene ad Abramo per amore di lei e Abramo ebbe pecore, buoi, asini, servi, serve, asine e cammelli. Ma il SIGNORE colpì il faraone e la sua casa con grandi piaghe, a motivo di Sarai, moglie d'Abramo. Allora il faraone chiamò Abramo e disse: «Che cosa mi hai fatto? Perché non m'hai detto che era tua moglie? Perché hai detto: "È mia sorella"? Così io l'ho presa per moglie. Ora eccoti tua moglie, prendila e vattene!» E il faraone diede alla sua gente ordini relativi ad Abramo, ed essi fecero partire lui, sua moglie e tutto quello che egli possedeva.

CAPITOLO 1

Ritorno in Canaan; Abramo e Lot si separano


Sl 112:1-3 (Mt 5:9; Gm 3:17-18) Lu 12:15
Abramo dunque risalì dall'Egitto con sua moglie, con tutto quel che possedeva e con Lot, andando verso la regione meridionale. Abramo era molto ricco di bestiame, d'argento e d'oro. E continuò il suo viaggio dal meridione fino a Betel, al luogo dove da principio era stata la sua tenda, fra Betel e Ai, al luogo dov'era l'altare che egli aveva fatto prima; e lì Abramo invocò il nome del SIGNORE. Ora Lot, che viaggiava con Abramo, aveva anch'egli pecore, buoi e tende. Il paese non era sufficiente perché essi potessero abitarvi insieme, poiché il loro bestiame era numeroso ed essi non potevano stare insieme. Scoppiò una lite fra i pastori del bestiame d'Abramo e i pastori del bestiame di Lot. I Cananei e i Ferezei abitavano a quel tempo nel paese. Allora Abramo disse a Lot: «Ti prego, non ci sia discordia tra me e te, né tra i miei pastori e i tuoi pastori, perché siamo fratelli! Tutto il paese non sta forse davanti a te? Ti prego, sepàrati da me! Se tu vai a sinistra, io andrò a destra; se tu vai a destra, io andrò a sinistra». Lot alzò gli occhi e vide l'intera pianura del Giordano. Prima che il SIGNORE avesse distrutto Sodoma e Gomorra, essa era tutta irrigata fino a Soar, come il giardino del SIGNORE, come il paese d'Egitto. Lot scelse per sé tutta la pianura del Giordano e partì andando verso oriente. Così si separarono l'uno dall'altro. Abramo si stabilì nel paese di Canaan, Lot abitò nelle città della pianura e andò piantando le sue tende fino a Sodoma. Gli abitanti di Sodoma erano perversi e grandi peccatori contro il SIGNORE.

Promesse ad Abramo


Ge 15:18-21; 17:1-8; Mt 5:5
Il SIGNORE disse ad Abramo, dopo che Lot si fu separato da lui: «Alza ora gli occhi e guarda, dal luogo dove sei, a settentrione, a meridione, a oriente, a occidente. Tutto il paese che vedi lo darò a te e alla tua discendenza, per sempre. E renderò la tua discendenza come la polvere della terra; in modo che, se qualcuno può contare la polvere della terra, potrà contare anche i tuoi discendenti. Àlzati, percorri il paese quant'è lungo e quant'è largo, perché io lo darò a te». Allora Abramo levò le sue tende e andò ad abitare alle querce di Mamre, che sono a Ebron, e qui costruì un altare al SIGNORE.

CAPITOLO 14

Abramo vince parecchi re


1S 30; Gr 41:11, ecc.
Avvenne al tempo di Amrafel re di Scinear, di Arioc re di Ellasar, di Chedorlaomer re di Elam e di Tideal re dei Goim, che essi mossero guerra a Bera re di Sodoma, a Birsa re di Gomorra, a Sineab re di Adma, a Semeber re di Seboim e al re di Bela, cioè Soar. Tutti questi ultimi si radunarono nella valle di Siddim, che è il Mar salato. Per dodici anni erano stati soggetti a Chedorlaomer; e al tredicesimo anno si erano ribellati. Nell'anno quattordicesimo, Chedorlaomer e i re che erano con lui vennero e sconfissero i Refei ad Asterot-Carnaim, gli Zuzei ad Am, gli Emei nella pianura di Chiriataim, e i Chorei nella loro montagna di Seir fino a El-Paran, che è presso il deserto. Poi tornarono indietro e vennero a En-Mispat, cioè Cades, e sconfissero gli Amalechiti su tutto il loro territorio, e così pure gli Amorei che abitavano ad Asason-Tamar. Allora il re di Sodoma, il re di Gomorra, il re di Adma, il re di Seboim e il re di Bela, cioè Soar, uscirono e si schierarono in battaglia contro quelli, nella valle di Siddim: contro Chedorlaomer re di Elam, Tideal re dei Goim, Amrafel re di Scinear e Arioc re di Ellasar: quattro re contro cinque. La valle di Siddim era piena di pozzi di bitume; i re di Sodoma e di Gomorra si diedero alla fuga e vi caddero dentro; quelli che scamparono fuggirono al monte. I vincitori presero tutte le ricchezze di Sodoma e di Gomorra, tutti i loro viveri e se ne andarono. Andandosene presero anche Lot, figlio del fratello di Abramo, con i suoi beni: Lot abitava infatti a Sodoma. Ma uno degli scampati venne a informare Abramo, l'Ebreo, che abitava alle querce di Mamre, l'Amoreo, fratello di Escol e fratello di Aner, i quali avevano fatto alleanza con Abramo. Abramo, com'ebbe udito che suo fratello era stato fatto prigioniero, armò trecentodiciotto dei suoi più fidati servi, nati in casa sua, e inseguì i re fino a Dan. Divisa la sua schiera per assalirli di notte, egli con i suoi servi li sconfisse e li inseguì fino a Coba, che è a sinistra di Damasco. Recuperò così tutti i beni e ricondusse pure Lot suo fratello, con i suoi beni, e anche le donne e il popolo.

Abramo benedetto da Melchisedec


Eb 7; Sl 110:4
Com'egli se ne tornava, dopo aver sconfitto Chedorlaomer e i re che erano con lui, il re di Sodoma gli andò incontro nella valle di Sciave, cioè la valle del re. Melchisedec, re di Salem, fece portare del pane e del vino. Egli era sacerdote del Dio altissimo. Egli benedisse Abramo, dicendo: «Benedetto sia Abramo dal Dio altissimo, padrone dei cieli e della terra! Benedetto sia il Dio altissimo, che t'ha dato in mano i tuoi nemici!» E Abramo gli diede la decima di ogni cosa. Il re di Sodoma disse ad Abramo: «Dammi le persone; i beni prendili per te». Ma Abramo rispose al re di Sodoma: «Ho alzato la mia mano al SIGNORE, il Dio altissimo, padrone dei cieli e della terra, giurando che non avrei preso neppure un filo, né un laccio di sandalo, di tutto ciò che ti appartiene; perché tu non abbia a dire: "Io ho arricchito Abramo". Nulla per me! Tranne quello che hanno mangiato i giovani e la parte che spetta agli uomini che sono venuti con me: Aner, Escol e Mamre; essi prendano la loro parte».

CAPITOLO 15

Promesse rinnovate ad Abramo


Ro 4; Ga 3:6-9
Dopo questi fatti, la parola del SIGNORE fu rivolta in visione ad Abramo, dicendo: «Non temere, Abramo, io sono il tuo scudo, e la tua ricompensa sarà grandissima». Abramo disse: «Dio, SIGNORE, che mi darai? Poiché io me ne vado senza figli e l'erede della mia casa è Eliezer di Damasco». E Abramo soggiunse: «Tu non mi hai dato discendenza; ecco, uno schiavo nato in casa mia sarà mio erede». Allora la parola del SIGNORE gli fu rivolta, dicendo: «Questi non sarà tuo erede; ma colui che nascerà da te sarà tuo erede». Poi lo condusse fuori e gli disse: «Guarda il cielo e conta le stelle se le puoi contare». E soggiunse: «Tale sarà la tua discendenza». Egli credette al SIGNORE, che gli contò questo come giustizia.

Ne 9:7-8; At 7:2-7
Il SIGNORE gli disse ancora: «Io sono il SIGNORE che ti ho fatto uscire da Ur dei Caldei per darti questo paese, perché tu lo possegga». Abramo chiese: «Dio, SIGNORE, da che cosa posso conoscere che ne avrò il possesso?» Il SIGNORE gli rispose: «Prendimi una giovenca di tre anni, una capra di tre anni, un montone di tre anni, una tortora e un piccione». Egli prese tutti questi animali, li divise nel mezzo e pose ciascuna metà di fronte all'altra; ma non divise gli uccelli. Or degli uccelli rapaci calarono sulle bestie morte, ma Abramo li scacciò. Al tramonto del sole, un profondo sonno cadde su Abramo; ed ecco uno spavento, una oscurità profonda cadde su di lui. Il SIGNORE disse ad Abramo: «Sappi per certo che i tuoi discendenti dimoreranno come stranieri in un paese che non sarà loro: saranno fatti schiavi e saranno oppressi per quattrocento anni; ma io giudicherò la nazione di cui saranno stati servi e, dopo questo, se ne partiranno con grandi ricchezze. Quanto a te, te ne andrai in pace presso i tuoi padri e sarai sepolto dopo una prospera vecchiaia. Alla quarta generazione essi torneranno qua; perché l'iniquità degli Amorei non è giunta finora al colmo». Or come il sole fu tramontato e venne la notte scura, ecco una fornace fumante e una fiamma di fuoco passare in mezzo agli animali divisi. In quel giorno il SIGNORE fece un patto con Abramo, dicendo: «Io do alla tua discendenza questo paese, dal fiume d'Egitto al gran fiume, il fiume Eufrate; i Chenei, i Chenizei, i Cadmonei, gli Ittiti, i Ferezei, i Refei, gli Amorei, i Cananei, i Ghirgasei e i Gebusei.

CAPITOLO 16

Agar. Nascita di Ismaele


Ge 30:1-9; Gb 4:8
Or Sarai, moglie di Abramo, non gli aveva dato figli. Aveva una serva egiziana di nome Agar. Sarai disse ad Abramo: «Ecco, il SIGNORE mi ha fatta sterile; ti prego, va' dalla mia serva; forse avrò figli da lei». E Abramo diede ascolto alla voce di Sarai. Così, dopo dieci anni di residenza d'Abramo nel paese di Canaan, Sarai, moglie d'Abramo, prese la sua serva Agar, l'Egiziana, e la diede per moglie ad Abramo suo marito. Egli andò da Agar, che rimase incinta; e quando si accorse di essere incinta, guardò la sua padrona con disprezzo. Sarai disse ad Abramo: «L'offesa fatta a me ricada su di te! Io ti ho dato la mia serva in seno e, da quando si è accorta d'essere incinta, mi guarda con disprezzo. Il SIGNORE sia giudice fra me e te». Abramo rispose a Sarai: «Ecco, la tua serva è in tuo potere; falle ciò che vuoi». Sarai la trattò duramente e quella se ne fuggì da lei.

Ge 21:9-21; Sl 10:14; Mi 7:7-9
L'angelo del SIGNORE la trovò presso una sorgente d'acqua, nel deserto, presso la sorgente che è sulla via di Sur, e le disse: «Agar, serva di Sarai, da dove vieni e dove vai?» Lei rispose: «Fuggo dalla presenza di Sarai mia padrona». L'angelo del SIGNORE le disse: «Torna dalla tua padrona e umiliati sotto la sua mano». L'angelo del SIGNORE soggiunse: «Io moltiplicherò grandemente la tua discendenza e non la si potrà contare, tanto sarà numerosa». L'angelo del SIGNORE le disse ancora: «Ecco, tu sei incinta e partorirai un figlio a cui metterai il nome di Ismaele, perché il SIGNORE ti ha udita nella tua afflizione; egli sarà tra gli uomini come un asino selvatico; la sua mano sarà contro tutti, e la mano di tutti contro di lui; e abiterà di fronte a tutti i suoi fratelli». Allora Agar diede al SIGNORE, che le aveva parlato, il nome di Atta-El-Roi, perché disse: «Ho io, proprio qui, veduto andarsene colui che mi ha vista?» Perciò quel pozzo fu chiamato il pozzo di Lacai-Roi. Ecco, esso è tra Cades e Bered. Agar partorì un figlio ad Abramo. Al figlio che Agar gli aveva partorito Abramo mise il nome d'Ismaele. Abramo aveva ottantasei anni quando Agar gli partorì Ismaele.

CAPITOLO 17

Dio fa un patto con Abramo


Sl 105:8-11; Ro 4:13
Quando Abramo ebbe novantanove anni, il SIGNORE gli apparve e gli disse: «Io sono il Dio onnipotente; cammina alla mia presenza e sii integro; e io stabilirò il mio patto fra me e te e ti moltiplicherò grandemente». Allora Abramo si prostrò con la faccia a terra e Dio gli parlò, dicendo: «Quanto a me, ecco il patto che faccio con te; tu diventerai padre di una moltitudine di nazioni; non sarai più chiamato Abramo, ma il tuo nome sarà Abraamo, poiché io ti costituisco padre di una moltitudine di nazioni. Ti farò moltiplicare grandemente, ti farò divenire nazioni e da te usciranno dei re. Stabilirò il mio patto fra me e te e i tuoi discendenti dopo di te, di generazione in generazione; sarà un patto eterno per il quale io sarò il Dio tuo e della tua discendenza dopo di te. A te e alla tua discendenza dopo di te darò il paese dove abiti come straniero: tutto il paese di Canaan, in possesso perenne; e sarò loro Dio».

At 7:8; Ro 4:11-12
Poi Dio disse ad Abraamo: «Quanto a te, tu osserverai il mio patto: tu e la tua discendenza dopo di te, di generazione in generazione. Questo è il mio patto che voi osserverete, patto fra me e voi e la tua discendenza dopo di te: ogni maschio tra di voi sia circonciso. Sarete circoncisi; questo sarà un segno del patto fra me e voi. All'età di otto giorni, ogni maschio sarà circonciso tra di voi, di generazione in generazione: tanto quello nato in casa, quanto quello comprato con denaro da qualunque straniero e che non sia della tua discendenza. Quello nato in casa tua e quello comprato con denaro dovrà essere circonciso; il mio patto nella vostra carne sarà un patto perenne. L'incirconciso, il maschio che non sarà stato circonciso nella carne del suo prepuzio, sarà tolto via dalla sua gente: egli avrà violato il mio patto».

Ge 18:9-15; 21:1-7
Dio disse ad Abraamo: «Quanto a Sarai tua moglie, non la chiamare più Sarai; il suo nome sarà, invece, Sara. Io la benedirò e da lei ti darò anche un figlio; la benedirò e diventerà nazioni; re di popoli usciranno da lei». Allora Abraamo si prostrò con la faccia a terra, rise, e disse in cuor suo: «Nascerà un figlio a un uomo di cent'anni? E Sara partorirà ora che ha novant'anni?» Abraamo disse a Dio: «Oh, possa almeno Ismaele vivere davanti a te!» Dio rispose: «No, Sara, tua moglie, ti partorirà un figlio e tu gli metterai il nome di Isacco. Io stabilirò il mio patto con lui, un patto eterno per la sua discendenza dopo di lui. Quanto a Ismaele, io ti ho esaudito. Ecco, io l'ho benedetto e farò in modo che si moltiplichi e si accresca straordinariamente. Egli genererà dodici principi e io farò di lui una grande nazione. Ma stabilirò il mio patto con Isacco che Sara ti partorirà in questa stagione il prossimo anno». Quando ebbe finito di parlare con lui, Dio lasciò Abraamo, levandosi in alto.

Sl 119:60; Gs 5:2-9
Abraamo prese suo figlio Ismaele, tutti quelli che gli erano nati in casa e tutti quelli che aveva comprato con il suo denaro, tutti i maschi fra la gente della casa d'Abraamo, e li circoncise, in quello stesso giorno, come Dio aveva detto di fare. Abraamo aveva novantanove anni quando fu circonciso. Suo figlio Ismaele aveva tredici anni quando fu circonciso. In quel medesimo giorno fu circonciso Abraamo e Ismaele suo figlio. Tutti gli uomini della sua casa, tanto quelli nati in casa quanto quelli comprati con denaro dagli stranieri, furono circoncisi con lui.

CAPITOLO 18

Conferma della nascita d'Isacco


Eb 13:2 (Ge 21:1-7; 2R 4:12-17) Gv 14:23
Il SIGNORE apparve ad Abraamo alle querce di Mamre, mentre egli sedeva all'ingresso della sua tenda nell'ora più calda del giorno. Abraamo alzò gli occhi e vide che tre uomini stavano davanti a lui. Come li ebbe visti, corse loro incontro dall'ingresso della tenda, si prostrò fino a terra e disse: «Ti prego, mio Signore, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, non passar oltre senza fermarti dal tuo servo! Lasciate che si porti un po' d'acqua, lavatevi i piedi e riposatevi sotto quest'albero. Io andrò a prendere del pane e vi ristorerete; poi continuerete il vostro cammino; poiché è per questo che siete passati dal vostro servo». Quelli dissero: «Fa' pure come hai detto». Allora Abraamo andò in fretta nella tenda da Sara e le disse: «Prendi subito tre misure di fior di farina, impastala e fa' delle focacce». Poi Abraamo corse alla mandria, prese un vitello tenero e buono e lo diede a un suo servo, il quale si affrettò a prepararlo. Prese del burro, del latte e il vitello che era stato preparato, e li pose davanti a loro. Egli se ne stette in piedi presso di loro, sotto l'albero, e quelli mangiarono. Poi essi gli dissero: «Dov'è Sara, tua moglie?» Ed egli rispose: «È là nella tenda». E l'altro: «Tornerò certamente da te fra un anno; allora Sara, tua moglie, avrà un figlio». Sara intanto stava ad ascoltare all'ingresso della tenda, che era dietro di lui. Abraamo e Sara erano vecchi, ben avanti negli anni, e Sara non aveva più i corsi ordinari delle donne. Sara rise dentro di sé, dicendo: «Vecchia come sono, dovrei avere tali piaceri? Anche il mio signore è vecchio!» Il SIGNORE disse ad Abraamo: «Perché mai ha riso Sara, dicendo: "Partorirei io per davvero, vecchia come sono?" Vi è forse qualcosa che sia troppo difficile per il SIGNORE? Al tempo fissato, l'anno prossimo, tornerò e Sara avrà un figlio». Allora Sara negò, dicendo: «Non ho riso»; perché ebbe paura. Ma egli disse: «Invece hai riso!»

Intercessione d'Abraamo in favore di Sodoma


Gv 15:15 (Es 32:9-14; Nu 14:11-20) Gm 5:16-18
Poi quegli uomini si alzarono e volsero gli sguardi verso Sodoma; e Abraamo andò con loro per congedarli. Il SIGNORE disse: «Dovrei forse nascondere ad Abraamo quanto sto per fare, dato che Abraamo deve diventare una nazione grande e potente e in lui saranno benedette tutte le nazioni della terra? Infatti, io l'ho prescelto perché ordini ai suoi figli, e alla sua casa dopo di lui, che seguano la via del SIGNORE per praticare la giustizia e il diritto, affinché il SIGNORE compia in favore di Abraamo quello che gli ha promesso». Il SIGNORE disse: «Siccome il grido che sale da Sodoma e Gomorra è grande e siccome il loro peccato è molto grave, io scenderò e vedrò se hanno veramente agito secondo il grido che è giunto fino a me; e, se così non è, lo saprò». Quegli uomini partirono di là e si avviarono verso Sodoma; ma Abraamo rimase ancora davanti al SIGNORE. Abraamo gli si avvicinò e disse: «Farai dunque perire il giusto insieme con l'empio? Forse ci sono cinquanta giusti nella città; davvero farai perire anche quelli? Non perdonerai a quel luogo per amore dei cinquanta giusti che vi sono? Non sia mai che tu faccia una cosa simile! Far morire il giusto con l'empio, in modo che il giusto sia trattato come l'empio! Non sia mai! Il giudice di tutta la terra non farà forse giustizia?» Il SIGNORE disse: «Se trovo nella città di Sodoma cinquanta giusti, perdonerò a tutto il luogo per amor di loro». Abraamo riprese e disse: «Ecco, prendo l'ardire di parlare al Signore, benché io non sia che polvere e cenere. Forse, a quei cinquanta giusti ne mancheranno cinque; distruggerai tutta la città per cinque di meno?» E il SIGNORE: «Se ve ne trovo quarantacinque, non la distruggerò». Abraamo continuò a parlargli e disse: «Forse, se ne troveranno quaranta». E il SIGNORE: «Non lo farò, per amore dei quaranta». Abraamo disse: «Non si adiri il Signore e io parlerò. Forse, se ne troveranno trenta». E il SIGNORE: «Non lo farò, se ne trovo trenta». Abraamo disse: «Ecco, prendo l'ardire di parlare al Signore. Forse, se ne troveranno venti». E il SIGNORE: «Non la distruggerò per amore di venti». Abraamo disse: «Non si adiri il Signore, e io parlerò ancora questa volta soltanto. Forse, se ne troveranno dieci». E il SIGNORE: «Non la distruggerò per amore dei dieci». Quando il SIGNORE ebbe finito di parlare ad Abraamo, se ne andò. E Abraamo ritornò alla sua abitazione.

CAPITOLO 19

Distruzione di Sodoma e di Gomorra


(Eb 13:2; Ge 18:1-8)(Ge 18:16-22; Ez 16:49-50) Gc 19
I due angeli giunsero a Sodoma verso sera. Lot stava seduto alla porta di Sodoma; come li vide, si alzò per andar loro incontro, si prostrò con la faccia a terra, e disse: «Signori miei, vi prego, venite in casa del vostro servo, fermatevi questa notte, e lavatevi i piedi; poi domattina vi alzerete per tempo e continuerete il vostro cammino». Essi risposero: «No, passeremo la notte sulla piazza». Ma egli fece loro tanta premura, che andarono da lui ed entrarono in casa sua. Egli preparò per loro un rinfresco, fece cuocere dei pani senza lievito ed essi mangiarono. Ma prima che si fossero coricati, gli uomini della città, i Sodomiti, circondarono la casa: giovani e vecchi, la popolazione intera venuta da ogni lato. Chiamarono Lot e gli dissero: «Dove sono quegli uomini che sono venuti da te questa notte? Falli uscire, perché vogliamo abusare di loro». Lot uscì verso di loro sull'ingresso della casa, si chiuse dietro la porta, e disse: «Vi prego, fratelli miei, non fate questo male! Ecco, ho due figlie che non hanno conosciuto uomo: lasciate che io ve le conduca fuori, e voi farete di loro quel che vi piacerà; ma non fate nulla a questi uomini, perché sono venuti all'ombra del mio tetto». Essi però gli dissero: «Togliti di mezzo!» E ancora: «Quest'individuo è venuto qua come straniero e vuol fare il giudice! Ora faremo a te peggio che a quelli!» E, premendo Lot con violenza, s'avvicinarono per sfondare la porta. Ma quegli uomini stesero la mano, tirarono Lot in casa con loro e chiusero la porta. Colpirono di cecità la gente che era alla porta della casa, dal più piccolo al più grande, così che si stancarono di cercar la porta.

(Lu 17:28-32; 2P 2:6-9; Gd 7) Mt 11:23-24
Quegli uomini dissero a Lot: «Chi hai ancora qui? Fa' uscire da questo luogo generi, figli, figlie e chiunque dei tuoi è in questa città, perché noi distruggeremo questo luogo. Infatti il grido contro i suoi abitanti è grande davanti al SIGNORE, e il SIGNORE ci ha mandati a distruggerlo». Allora Lot uscì, parlò ai suoi generi che avevano preso le sue figlie, e disse: «Alzatevi, uscite da questo luogo, perché il SIGNORE sta per distruggere la città». Ma ai suoi generi parve che volesse scherzare. Quando l'alba cominciò ad apparire, gli angeli sollecitarono Lot, dicendo: «Àlzati, prendi tua moglie e le tue figlie che si trovano qui, perché tu non perisca nel castigo di questa città». Ma egli indugiava; e quegli uomini presero per la mano lui, sua moglie e le sue due figlie, perché il SIGNORE lo voleva risparmiare; lo portarono via, e lo misero fuori della città. Dopo averli fatti uscire, uno di quegli uomini disse: «Metti la tua vita al sicuro: non guardare indietro e non ti fermare in alcun luogo della pianura; cerca scampo sul monte, altrimenti perirai!» Lot rispose loro: «No, mio signore! Ecco, il tuo servo ha trovato grazia ai tuoi occhi e tu hai mostrato la grandezza della tua bontà verso di me, conservandomi in vita; ma io non posso salvarmi sui monti prima che il disastro mi travolga e io muoia. Ecco, c'è questa città vicina per rifugiarmi - è piccola - e lascia che io fugga lì - e non è forse piccola? - e così io vivrò». E quello rispose: «Ecco, anche questa grazia io ti concedo: di non distruggere la città della quale hai parlato. Affrèttati, rifùgiati là, perché io non posso far nulla finché tu non vi sia giunto». Perciò quella città fu chiamata Soar. Il sole spuntava sulla terra quando Lot arrivò a Soar. Allora il SIGNORE fece piovere dal cielo su Sodoma e Gomorra zolfo e fuoco, da parte del SIGNORE; egli distrusse quelle città, tutta la pianura, tutti gli abitanti delle città e quanto cresceva sul suolo. Ma la moglie di Lot si volse a guardare indietro e diventò una statua di sale. Abraamo si alzò la mattina presto e andò al luogo dove si era prima fermato davanti al SIGNORE; guardò verso Sodoma e Gomorra e verso tutta la regione della pianura, ed ecco vide un fumo che saliva dalla terra, come il fumo di una fornace. Fu così che Dio si ricordò d'Abraamo, quand'egli distrusse le città della pianura e fece scampare Lot al disastro, mentre distruggeva le città dove Lot aveva abitato.

Origini di Moab e di Ammon


De 23:2-3 (Ge 38:11-30; Ro 3:8) 1Co 15:33 (So 2:9)
Lot salì da Soar per andare ad abitar sul monte insieme con le sue due figlie, perché temeva di stare in Soar; e si stabilì in una caverna, egli con le sue due figlie. La maggiore disse alla minore: «Nostro padre è vecchio, e non c'è più nessuno sulla terra per mettersi con noi, come si usa in tutta la terra. Vieni, diamo da bere del vino a nostro padre, e corichiamoci con lui, perché possiamo conservare la razza di nostro padre». Quella stessa notte diedero da bere del vino al loro padre; la maggiore entrò e si coricò con suo padre; ed egli non si accorse quando lei si coricò né quando si alzò. Il giorno seguente la maggiore disse alla minore: «Ecco, la notte passata io mi sono coricata con mio padre; diamogli da bere del vino anche questa notte e tu entra, coricati con lui, perché possiamo conservare la razza di nostro padre». E anche quella notte diedero da bere del vino al loro padre e la minore andò a coricarsi con lui; egli non si accorse quando lei si coricò né quando si alzò. Così le due figlie di Lot rimasero incinte del loro padre. La maggiore partorì un figlio, che chiamò Moab. Questi è il padre dei Moabiti, che esistono fino al giorno d'oggi. Anche la minore partorì un figlio, che chiamò Ben-Ammi. Questi è il padre degli Ammoniti, che esistono fino al giorno d'oggi.

CAPITOLO 20

Abraamo a Gherar


(Ge 12:10-20; 26:1-11) Sl 105:12-15
Abraamo partì di là andando verso la regione meridionale, si stabilì fra Cades e Sur; poi abitò come straniero in Gherar. Abraamo diceva di sua moglie Sara: «È mia sorella». E Abimelec, re di Gherar, mandò a prendere Sara. Ma Dio andò di notte, in un sogno; si rivolse ad Abimelec e gli disse: «Ecco, tu sei morto, a causa della donna che ti sei presa; perché è sposata». Or Abimelec, che non si era ancora accostato a lei, rispose: «Signore, faresti perire una nazione, anche se giusta? Egli non mi ha forse detto: "È mia sorella?" Anche lei ha detto: "Egli è mio fratello". Io ho fatto questo nella integrità del mio cuore e con mani innocenti». Dio gli disse nel sogno: «Anch'io so che tu hai fatto questo nella integrità del tuo cuore: ti ho quindi preservato dal peccare contro di me; perciò non ti ho permesso di toccarla. Ora, restituisci la moglie a quest'uomo, perché è profeta, ed egli pregherà per te, e tu vivrai. Ma, se non la restituisci, sappi che sicuramente morirai, tu e tutti i tuoi». Abimelec si alzò di mattina presto, chiamò tutti i suoi servi e raccontò in loro presenza tutte queste cose. E quegli uomini furono presi da grande paura. Poi Abimelec chiamò Abraamo e gli disse: «Che ci hai fatto? In che cosa ti ho offeso, ché tu abbia attirato su di me e sul mio regno questo grande peccato? Tu mi hai fatto cose che non si debbono fare». Di nuovo Abimelec disse ad Abraamo: «A che miravi facendo questo?» Abraamo rispose: «L'ho fatto, perché dicevo tra me: "Certo, in questo luogo non c'è timor di Dio e mi uccideranno a causa di mia moglie". Inoltre, è veramente mia sorella, figlia di mio padre, ma non figlia di mia madre, ed è diventata mia moglie. Or quando Dio mi fece emigrare lontano dalla casa di mio padre, io le dissi: "Questo è il favore che tu mi farai; dovunque giungeremo dirai di me: «È mio fratello»"». Abimelec prese delle pecore, dei buoi, dei servi e delle serve, e li diede ad Abraamo, e gli restituì Sara, sua moglie. Abimelec disse: «Ecco, il mio paese ti sta davanti; va' a stabilirti dove ti piacerà». E a Sara disse: «Ecco, io ho dato a tuo fratello mille pezzi d'argento; questo sarà per te come un velo agli occhi davanti a tutti quelli che sono con te, e sarai riabilitata di fronte a tutti». Abraamo pregò Dio e Dio guarì Abimelec, la moglie e le serve di lui, ed esse poterono partorire. Infatti, il SIGNORE aveva reso sterile l'intera casa di Abimelec, a causa di Sara, moglie di Abraamo.

CAPITOLO 21

Nascita d'Isacco


(Ge 17:15-21; 18:9-15; Eb 11:11-12) Ge 17:9-14
Il SIGNORE visitò Sara come aveva detto; e il SIGNORE fece a Sara come aveva annunziato. Sara concepì e partorì un figlio ad Abraamo, quando egli era vecchio, al tempo che Dio gli aveva fissato. Abraamo chiamò Isacco il figlio che gli era nato, che Sara gli aveva partorito. Abraamo circoncise suo figlio Isacco all'età di otto giorni, come Dio gli aveva comandato. Abraamo aveva cent'anni quando gli nacque suo figlio Isacco. Sara disse: «Dio mi ha dato di che ridere; chiunque l'udrà riderà con me». E aggiunse: «Chi avrebbe mai detto ad Abraamo che Sara avrebbe allattato figli? Eppure io gli ho partorito un figlio nella sua vecchiaia». Il bambino dunque crebbe e fu divezzato. Nel giorno che Isacco fu divezzato, Abraamo fece un grande banchetto.

Agar nel deserto


(Ro 9:6-9; Ga 4:21-31)(Ge 16; 25:12-18) Sl 146:7-9
Sara vide che il figlio partorito ad Abraamo da Agar, l'Egiziana, rideva; allora disse ad Abraamo: «Caccia via questa serva e suo figlio; perché il figlio di questa serva non dev'essere erede con mio figlio, con Isacco». La cosa dispiacque moltissimo ad Abraamo a motivo di suo figlio. Ma Dio disse ad Abraamo: «Non addolorarti per il ragazzo, né per la tua serva; acconsenti a tutto quello che Sara ti dirà, perché da Isacco uscirà la discendenza che porterà il tuo nome. Anche del figlio di questa serva io farò una nazione, perché appartiene alla tua discendenza». Abraamo si alzò la mattina di buon'ora, prese del pane e un otre d'acqua e li diede ad Agar, mettendoglieli sulle spalle con il bambino, e la mandò via. Lei se ne andò e vagava per il deserto di Beer-Seba. Quando l'acqua dell'otre finì, lei mise il bambino sotto un arboscello. E andò a sedersi di fronte, a distanza di un tiro d'arco, perché diceva: «Che io non veda morire il bambino!» E seduta così di fronte, alzò la voce e pianse. Dio udì la voce del ragazzo e l'angelo di Dio chiamò Agar dal cielo e le disse: «Che hai, Agar? Non temere, perché Dio ha udito la voce del ragazzo là dov'è. Àlzati, prendi il ragazzo e tienilo per mano, perché io farò di lui una grande nazione». Dio le aprì gli occhi ed ella vide un pozzo d'acqua e andò, riempì d'acqua l'otre e diede da bere al ragazzo. Dio fu con il ragazzo; egli crebbe, abitò nel deserto e divenne un tiratore d'arco. Egli si stabilì nel deserto di Paran e sua madre gli prese per moglie una donna del paese d'Egitto.

Abraamo a Beer-Seba


Ge 26:1-6, 12-33
In quel tempo Abimelec, accompagnato da Picol, capo del suo esercito, parlò ad Abraamo, dicendo: «Dio è con te in tutto quello che fai. Giurami dunque qui, nel nome di Dio, che tu non ingannerai me, né i miei figli, né i miei nipoti; ma che userai verso di me e verso il paese dove hai abitato come straniero la stessa benevolenza che io ho usata verso di te». Abraamo rispose: «Lo giuro». Poi Abraamo fece delle rimostranze ad Abimelec a causa di un pozzo d'acqua di cui i servi di Abimelec si erano impadroniti con la forza. Abimelec disse: «Io non so chi abbia fatto questo; tu stesso non me l'hai fatto sapere e io non ne ho sentito parlare che oggi». Abraamo prese pecore e buoi e li diede ad Abimelec; e i due fecero alleanza. Poi Abraamo mise da parte sette agnelle del gregge. E Abimelec disse ad Abraamo: «Che cosa significano queste sette agnelle che tu hai messe da parte?» Abraamo rispose: «Tu accetterai dalla mia mano queste sette agnelle, perché ciò mi serva di testimonianza che io ho scavato questo pozzo». Per questo egli chiamò quel luogo Beer-Sceba, perché entrambi vi avevano fatto giuramento. Così fecero alleanza a Beer-Sceba. Poi Abimelec, con Picol, capo del suo esercito, si alzò e se ne tornarono nel paese dei Filistei. E Abraamo piantò un tamarindo a Beer-Seba e lì invocò il nome del SIGNORE, Dio dell'eternità. Abraamo abitò molto tempo come straniero nel paese dei Filistei.

CAPITOLO 22

Sacrificio d'Isacco


(Eb 11:17-19; Gm 2:21-23)(Gv 3:16; 1Gv 4:9-10)
Dopo queste cose, Dio mise alla prova Abraamo e gli disse: «Abraamo!» Egli rispose: «Eccomi». E Dio disse: «Prendi ora tuo figlio, il tuo unico, colui che ami, Isacco, e va' nel paese di Moria, e offrilo là in olocausto sopra uno dei monti che ti dirò». Abraamo si alzò la mattina di buon'ora, sellò il suo asino, prese con sé due suoi servi e suo figlio Isacco, spaccò della legna per l'olocausto, poi partì verso il luogo che Dio gli aveva indicato. Il terzo giorno, Abraamo alzò gli occhi e vide da lontano il luogo. Allora Abraamo disse ai suoi servi: «Rimanete qui con l'asino; io e il ragazzo andremo fin là e adoreremo; poi torneremo da voi». Abraamo prese la legna per l'olocausto e la mise addosso a Isacco suo figlio, prese in mano il fuoco e il coltello, poi proseguirono tutti e due insieme. Isacco parlò ad Abraamo suo padre e disse: «Padre mio!» Abraamo rispose: «Eccomi qui, figlio mio». E Isacco: «Ecco il fuoco e la legna; ma dov'è l'agnello per l'olocausto?» Abraamo rispose: «Figlio mio, Dio stesso si provvederà l'agnello per l'olocausto». E proseguirono tutti e due insieme. Giunsero al luogo che Dio gli aveva detto. Abraamo costruì l'altare e vi accomodò la legna; legò Isacco suo figlio, e lo mise sull'altare, sopra la legna. Abraamo stese la mano e prese il coltello per scannare suo figlio. Ma l'angelo del SIGNORE lo chiamò dal cielo e disse: «Abraamo, Abraamo!» Egli rispose: «Eccomi». E l'angelo: «Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli male! Ora so che tu temi Dio, poiché non mi hai rifiutato tuo figlio, l'unico tuo». Abraamo alzò gli occhi, guardò, ed ecco dietro a sé un montone, impigliato per le corna in un cespuglio. Abraamo andò, prese il montone e l'offerse in olocausto invece di suo figlio. Abraamo chiamò quel luogo «Iavè-Irè». Per questo si dice oggi: «Al monte del SIGNORE sarà provveduto». L'angelo del SIGNORE chiamò dal cielo Abraamo una seconda volta, e disse: «Io giuro per me stesso, dice il SIGNORE, che, siccome tu hai fatto questo e non mi hai rifiutato tuo figlio, l'unico tuo, io ti colmerò di benedizioni e moltiplicherò la tua discendenza come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare; e la tua discendenza s'impadronirà delle città dei suoi nemici. Tutte le nazioni della terra saranno benedette nella tua discendenza, perché tu hai ubbidito alla mia voce». Poi Abraamo tornò dai suoi servi. Essi si levarono e insieme andarono a Beer-Seba. E Abraamo abitò a Beer-Seba.

Pr 25:25; Ge 24:15
Dopo queste cose fu riferito ad Abraamo questo: Ecco, Milca ha partorito anch'ella dei figli a Naor, tuo fratello: Uz, il primogenito, Buz, suo fratello, Chemuel padre d'Aram, Chesed, Azo, Pildas, Idlaf e Betuel. E Betuel generò Rebecca. Questi otto Milca partorì a Naor, fratello d'Abraamo. E la concubina di lui, che si chiamava Reuma, partorì anch'essa Teba, Gaam, Taas e Maaca.

CAPITOLO 23

Morte di Sara e sua sepoltura


(Ge 25:7-10; 49:29-32)(2S 24:20-24; Gr 32:8-12)
La vita di Sara fu di centoventisette anni. Tanti furono gli anni della sua vita. Sara morì a Chiriat-Arba, che è Ebron, nel paese di Canaan, e Abraamo venne a far lutto per Sara e a piangerla. Poi Abraamo si alzò, si allontanò dalla salma e parlò ai figli di Chet dicendo: «Io sono straniero e di passaggio tra di voi; datemi la proprietà di una tomba in mezzo a voi per seppellire la salma e toglierla dalla mia vista». I figli di Chet risposero ad Abraamo: «Ascoltaci, signore! Tu sei un principe di Dio in mezzo a noi; seppellisci la tua salma nella migliore delle nostre tombe; nessuno di noi ti rifiuterà la sua tomba perché tu ve la seppellisca». Abraamo si alzò, s'inchinò davanti al popolo del paese, davanti ai figli di Chet, e parlò loro così: «Se piace a voi che io seppellisca la salma togliendola dalla mia vista, ascoltatemi e intercedete per me presso Efron, figlio di Zoar, perché mi ceda la grotta di Macpela che è all'estremità del suo campo; me la dia per il suo prezzo intero, come tomba di mia proprietà nel vostro paese». Or Efron stava seduto in mezzo ai figli di Chet; ed Efron, l'Ittita, rispose ad Abraamo in presenza dei figli di Chet, di tutti quelli che entravano per la porta della sua città: «No, mio signore, ascoltami! Io ti do il campo e ti do la grotta che vi si trova; te ne faccio dono, in presenza dei figli del mio popolo; seppellisci la salma». Allora Abraamo s'inchinò davanti al popolo del paese e, in presenza del popolo del paese, disse a Efron: «Ti prego, ascoltami! Ti darò il prezzo del campo, accettalo da me, e io seppellirò lì la salma». Efron rispose ad Abraamo: «Signor mio, ascoltami! Un pezzo di terreno di quattrocento sicli d'argento, che cos'è tra me e te? Seppellisci dunque la salma». Abraamo diede ascolto a Efron e gli pesò il prezzo che egli aveva detto in presenza dei figli di Chet: quattrocento sicli d'argento, di buona moneta corrente sul mercato. Così il campo di Efron, che era a Macpela di fronte a Mamre, il campo con la grotta che vi si trovava, tutti gli alberi che erano nel campo e in tutti i confini all'intorno, furono assicurati come proprietà d'Abraamo, in presenza dei figli di Chet e di tutti quelli che entravano per la porta della città di Efron. Subito dopo, Abraamo seppellì sua moglie Sara nella grotta del campo di Macpela di fronte a Mamre, cioè Ebron, nel paese di Canaan. Il campo e la grotta che vi si trova, furono assicurati ad Abraamo, dai figli di Chet, come sepolcro di sua proprietà.

CAPITOLO 24

Rebecca chiesta in sposa per Isacco


(Ge 28:1-10; 29:1-20)
Or Abraamo era diventato vecchio, d'età avanzata, e il SIGNORE lo aveva benedetto in ogni cosa. Abraamo disse al più anziano dei servi di casa sua, che aveva il governo di tutti i suoi beni: «Metti la tua mano sotto la mia coscia e io ti farò giurare per il SIGNORE, il Dio dei cieli e il Dio della terra, che tu non prenderai per mio figlio una moglie tra le figlie dei Cananei in mezzo ai quali abito; ma andrai al mio paese, dai miei parenti, e vi prenderai una moglie per mio figlio, per Isacco». Il servo gli rispose: «Forse quella donna non vorrà seguirmi in questo paese; dovrò allora ricondurre tuo figlio nel paese dal quale tu sei uscito?» Abraamo gli disse: «Guàrdati dal far tornare là mio figlio! Il SIGNORE, il Dio dei cieli, che mi fece uscire dalla casa di mio padre e dal mio paese natale - e mi parlò e mi giurò dicendo: "Io darò alla tua discendenza questo paese" - egli stesso manderà il suo angelo davanti a te e tu prenderai di là una moglie per mio figlio. Se la donna non vorrà seguirti, allora sarai sciolto da questo giuramento che ti faccio fare; soltanto, non ricondurre là mio figlio». E il servo pose la mano sotto la coscia d'Abraamo suo signore, e gli giurò di fare queste cose. Poi il servo prese dieci cammelli, tra i cammelli del suo signore, e partì, avendo a sua disposizione tutti i beni del suo signore; e, messosi in viaggio, giunse in Mesopotamia, alla città di Naor. Dopo aver fatto riposare sulle ginocchia i cammelli fuori della città presso un pozzo d'acqua, verso sera, all'ora in cui le donne escono ad attinger acqua, disse: «O SIGNORE, Dio del mio signore Abraamo, ti prego, fammi fare quest'oggi un felice incontro; usa bontà verso Abraamo mio signore! Ecco, io sto qui presso questa sorgente; e le figlie degli abitanti della città usciranno ad attingere acqua. Fa' che la fanciulla alla quale dirò: "Abbassa, ti prego, la tua brocca perché io beva", e che mi risponderà: "Bevi, e darò da bere anche ai tuoi cammelli", sia quella che tu hai destinata al tuo servo Isacco. Da questo comprenderò che tu hai usato bontà verso il mio signore». Non aveva ancora finito di parlare, quand'ecco uscire, con la sua brocca sulla spalla, Rebecca, figlia di Betuel figlio di Milca, moglie di Naor fratello d'Abraamo. La fanciulla era molto bella d'aspetto, vergine; nessun uomo l'aveva conosciuta. Lei scese alla sorgente, riempì la brocca e risalì. Il servo le corse incontro e le disse: «Ti prego, fammi bere un po' d'acqua della tua brocca». Lei rispose: «Bevi, mio signore»; e s'affrettò a calare la brocca sulla mano e gli diede da bere. Quand'ebbe finito di dargli da bere, disse: «Io ne attingerò anche per i tuoi cammelli finché abbiano bevuto a sufficienza». E presto vuotò la sua brocca nell'abbeveratoio, corse di nuovo al pozzo ad attingere acqua e ne attinse per tutti i cammelli di lui. Quell'uomo la contemplava in silenzio, per sapere se il SIGNORE avesse o no dato successo al suo viaggio. Quando i cammelli ebbero finito di bere, l'uomo prese un anello d'oro del peso di mezzo siclo, e due braccialetti del peso di dieci sicli d'oro, per i polsi di lei, e disse: «Di chi sei figlia? Dimmelo, ti prego. V'è posto in casa di tuo padre per alloggiarci?» Rispose a lui: «Sono figlia di Betuel, figlio di Milca, che lei partorì a Naor». E aggiunse: «C'è da noi paglia e foraggio in abbondanza e anche posto da alloggiare». Allora l'uomo s'inchinò, adorò il SIGNORE, e disse: «Benedetto sia il SIGNORE, il Dio d'Abraamo mio signore, che non ha cessato di essere buono e fedele verso il mio signore! Quanto a me, il SIGNORE mi ha messo sulla via della casa dei fratelli del mio signore». E la fanciulla corse a raccontare queste cose a casa di sua madre. Rebecca aveva un fratello chiamato Labano. Labano corse fuori da quell'uomo alla sorgente. Com'ebbe veduto l'anello e i braccialetti ai polsi di sua sorella ed ebbe udito le parole di Rebecca sua sorella che diceva: «Quell'uomo mi ha parlato così», andò da quell'uomo, che se ne stava presso ai cammelli, vicino alla sorgente, e disse: «Entra, benedetto dal SIGNORE! perché stai fuori? Io ho preparato la casa e un luogo per i cammelli». L'uomo entrò in casa e Labano scaricò i cammelli, diede paglia e foraggio ai cammelli e portò acqua per lavare i piedi a lui e a quelli che erano con lui. Poi gli fu posto davanti da mangiare, ma egli disse: «Non mangerò finché non abbia fatto la mia ambasciata». E l'altro disse: «Parla». Egli disse: «Io sono servo d'Abraamo. Il SIGNORE ha benedetto abbondantemente il mio signore, che è diventato ricco; gli ha dato pecore e buoi, argento e oro, servi e serve, cammelli e asini. Or Sara, moglie del mio signore, ha partorito nella sua vecchiaia un figlio al mio padrone, il quale gli ha dato tutto quello che possiede. Il mio signore mi ha fatto giurare, dicendo: "Non prenderai per mio figlio una moglie tra le figlie dei Cananei, nel paese dei quali abito; ma andrai alla casa di mio padre, alla mia famiglia, a prendervi una moglie per mio figlio". E io dissi al mio padrone: "Forse quella donna non vorrà seguirmi". Egli rispose: "Il SIGNORE, davanti al quale ho camminato, manderà con te il suo angelo e darà successo al tuo viaggio; così tu potrai prendere per mio figlio una moglie dalla mia famiglia e dalla casa di mio padre. Sarai sciolto dal giuramento che ti faccio fare, solo quando sarai andato alla mia famiglia; e, se non vorranno dartela, allora sarai sciolto dal giuramento che mi fai". Oggi sono arrivato alla sorgente e ho detto: "SIGNORE, Dio del mio signore Abraamo, se gradisci dar successo al viaggio che ho intrapreso, ecco, io mi fermo presso questa sorgente; fa' che la fanciulla che uscirà ad attingere acqua, alla quale dirò: «Ti prego, dammi da bere un po' d'acqua della tua brocca», e che mi dirà: «Bevi pure, e ne attingerò anche per i tuoi cammelli», sia la moglie che il SIGNORE ha destinata al figlio del mio signore". E, prima che avessi finito di parlare in cuor mio, ecco uscire Rebecca con la sua brocca sulla spalla, scendere alla sorgente e attingere l'acqua. Allora io le ho detto: "Ti prego, fammi bere!" Ed ella si è affrettata a calare la brocca dalla spalla e mi ha risposto: "Bevi! e darò da bere anche ai tuoi cammelli". Così ho bevuto io, e lei ha abbeverato anche i cammelli. Poi l'ho interrogata e le ho detto: "Di chi sei figlia?" Lei ha risposto: "Son figlia di Betuel, il figlio che Milca partorì a Naor". Allora io le ho messo l'anello al naso e i braccialetti ai polsi. Mi sono inchinato, ho adorato il SIGNORE e ho benedetto il SIGNORE, il Dio d'Abraamo mio signore, che mi ha guidato sulla giusta via a prendere per suo figlio la figlia del fratello del mio signore. Ora, se volete usare bontà e fedeltà verso il mio signore, ditemelo; e se no, ditemelo lo stesso, e io mi volgerò a destra o a sinistra». Allora Labano e Betuel risposero: «La cosa procede dal SIGNORE; noi non possiamo dirti né male né bene. Ecco, Rebecca ti sta davanti: prendila, va', e sia moglie del figlio del tuo signore, come il SIGNORE ha detto». Quando il servo d'Abraamo udì le loro parole, si prostrò a terra davanti al SIGNORE. Poi il servo tirò fuori oggetti d'argento, oggetti d'oro, vesti e li diede a Rebecca; donò anche delle cose preziose al fratello e alla madre di lei. Poi mangiarono e bevvero, egli e gli uomini che erano con lui, e passarono lì la notte. La mattina, quando si furono alzati, il servo disse: «Lasciatemi tornare dal mio signore». E il fratello e la madre di Rebecca dissero: «Rimanga la fanciulla ancora alcuni giorni con noi, almeno una decina; poi se ne andrà». Ma egli rispose loro: «Non mi trattenete, giacché il SIGNORE ha dato successo al mio viaggio; lasciatemi partire, perché io me ne torni dal mio signore». Allora dissero: «Chiamiamo la fanciulla e sentiamo lei stessa». Chiamarono Rebecca e le dissero: «Vuoi andare con quest'uomo?» Ed ella rispose: «Sì, andrò». Così lasciarono andare Rebecca, loro sorella, e la sua nutrice con il servo d'Abraamo e la sua gente. Benedissero Rebecca e le dissero: «Sorella nostra, possa tu divenire migliaia di miriadi e possa la tua discendenza impadronirsi delle città dei suoi nemici!» Rebecca si levò con le sue serve, montarono sui cammelli e seguirono quell'uomo. Il servo prese Rebecca e se ne andò. Isacco era tornato dal pozzo di Lacai-Roi e abitava nella regione meridionale. Isacco era uscito, sul far della sera, per meditare nella campagna; e, alzando gli occhi, guardò, e vide venire dei cammelli. Anche Rebecca alzò gli occhi, vide Isacco, saltò giù dal cammello, e disse al servo: «Chi è quell'uomo che viene per la campagna incontro a noi?» Il servo rispose: «È il mio signore». Ed ella, preso il velo, si coprì. Il servo raccontò a Isacco tutto quello che aveva fatto. E Isacco condusse Rebecca nella tenda di Sara sua madre, la prese, ed ella divenne sua moglie, ed egli l'amò. Così Isacco fu consolato dopo la morte di sua madre.

CAPITOLO 25

Morte di Abraamo


1Cr 1:32-33 (Ge 35:28-29; 49:29-33)
Poi Abraamo prese un'altra moglie, di nome Chetura. Questa gli partorì Zimran, Iocsan, Medan, Madian, Isbac e Suac. Iocsan generò Seba e Dedan. I figli di Dedan furono gli Assurim, i Letusim e i Leummim. E i figli di Madian furono Efa, Efer, Anoc, Abida ed Eldaa. Tutti questi furono i figli di Chetura. Abraamo diede tutto ciò che possedeva a Isacco; ma ai figli delle sue concubine fece dei doni e, mentre era ancora in vita, li mandò lontano da suo figlio Isacco, verso levante, nella terra d'Oriente. La durata della vita d'Abraamo fu di centossettantacinque anni. Poi Abraamo spirò in prospera vecchiaia, attempato e sazio di giorni, e fu riunito al suo popolo. Isacco e Ismaele, suoi figli, lo seppellirono nella grotta di Macpela nel campo di Efron, figlio di Soar, l'Ittita, di fronte a Mamre: campo che Abraamo aveva comprato dai figli di Chet. Lì furono sepolti Abraamo e sua moglie Sara. Dopo la morte d'Abraamo, Dio benedisse suo figlio Isacco; e Isacco abitò presso il pozzo di Lacai-Roi.

Discendenti d'Ismaele


1Cr 1:28-31 (Ge 17:20; 21:17-21)
Or questi sono i discendenti d'Ismaele, figlio d'Abraamo, che Agar, l'Egiziana, serva di Sara, aveva partorito ad Abraamo. Questi sono i nomi dei figli d'Ismaele, secondo le loro generazioni: Nebaiot, il primogenito d'Ismaele; poi Chedar, Adbeel, Mibsam, Misma, Duma, Massa, Adad, Tema, Ietur, Nafis e Chedma. Questi sono i figli d'Ismaele e questi i loro nomi, secondo i loro villaggi e i loro accampamenti. Furono i dodici capi dei loro popoli. Gli anni della vita d'Ismaele furono centotrentasette; poi morì, e fu riunito al suo popolo. I suoi figli abitarono da Avila fino a Sur, che è di fronte all'Egitto, andando verso l'Assiria. Egli si era stabilito di fronte a tutti i suoi fratelli.

Discendenti d'Isacco


Ro 9:10-13 (Ge 38:27-30)
Questi sono i discendenti d'Isacco, figlio d'Abraamo. Abraamo generò Isacco; Isacco aveva quarant'anni quando prese per moglie Rebecca, figlia di Betuel, l'Arameo di Paddan-Aram, e sorella di Labano, l'Arameo. Isacco implorò il SIGNORE per sua moglie Rebecca, perché ella era sterile. Il SIGNORE l'esaudì e Rebecca, sua moglie, concepì. I bambini si urtavano nel suo grembo ed ella disse: «Se così è, perché vivo?» E andò a consultare il SIGNORE. Il SIGNORE le disse: «Due nazioni sono nel tuo grembo e due popoli separati usciranno dal tuo seno. Uno dei due popoli sarà più forte dell'altro, e il maggiore servirà il minore». Quando venne per lei il tempo di partorire, ecco che lei aveva due gemelli nel grembo. Il primo che nacque era rosso e peloso come un mantello di pelo. Così fu chiamato Esaù. Dopo nacque suo fratello, che con la mano teneva il calcagno di Esaù e fu chiamato Giacobbe. Isacco aveva sessant'anni quando Rebecca li partorì.

Esaù vende il suo diritto di primogenitura


Eb 12:16-17
I due bambini crebbero; Esaù divenne un esperto cacciatore, un uomo di campagna, e Giacobbe un uomo tranquillo che se ne stava nelle tende. Isacco amava Esaù, perché la cacciagione era di suo gusto. Rebecca invece amava Giacobbe. Or mentre Giacobbe faceva cuocere una minestra, Esaù sopraggiunse dai campi, tutto stanco. Esaù disse a Giacobbe: «Dammi per favore da mangiare un po' di questa minestra rossa, perché sono stanco». Perciò fu chiamato Edom. Giacobbe gli rispose: «Vendimi prima di tutto la tua primogenitura». Esaù disse: «Ecco, io sto morendo; a che mi serve la primogenitura?» Giacobbe disse: «Prima, giuramelo». Esaù glielo giurò e vendette la sua primogenitura a Giacobbe. Allora Giacobbe diede a Esaù del pane e della minestra di lenticchie. Egli mangiò e bevve; poi si alzò, e se ne andò. Fu in questo modo che Esaù disprezzò la primogenitura.

CAPITOLO 26

Isacco nel paese dei Filistei


Ge 28:13-15 (Ge 12:10-20; 20)
Nel paese ci fu una carestia, oltre la prima che c'era già stata ai tempi d'Abraamo, e Isacco andò da Abimelec, re dei Filistei, a Gherar. Il SIGNORE gli apparve e gli disse: «Non scendere in Egitto; abita nel paese che io ti dirò. Soggiorna in questo paese e io sarò con te e ti benedirò, perché io darò a te e alla tua discendenza tutti questi paesi e manterrò il giuramento che feci ad Abraamo tuo padre. Moltiplicherò la tua discendenza come le stelle del cielo e darò alla tua discendenza tutti questi paesi; tutte le nazioni della terra saranno benedette nella tua discendenza, perché Abraamo ubbidì alla mia voce e osservò quello che gli avevo ordinato: i miei comandamenti, i miei statuti e le mie leggi». Così Isacco rimase a Gherar. Quando la gente del luogo gli faceva delle domande intorno a sua moglie, egli rispondeva: «È mia sorella», perché aveva paura di dire: «È mia moglie». «Non vorrei», egli pensava, «che la gente del luogo mi uccida, a causa di Rebecca». Infatti lei era di bell'aspetto. Mentre era là da molto tempo, avvenne che Abimelec, re dei Filistei, si affacciò alla finestra e vide che Isacco scherzava con Rebecca sua moglie. Allora Abimelec chiamò Isacco e gli disse: «Certo, costei è tua moglie; come mai dunque hai detto: "È mia sorella"?» Isacco rispose: «Perché dicevo: "Non vorrei essere messo a morte a causa di lei"». E Abimelec: «Che ci hai fatto? Poco ci mancava che qualcuno del popolo si unisse a tua moglie, e tu ci avresti attirato addosso una grande colpa». E Abimelec diede quest'ordine a tutto il popolo: «Chiunque toccherà quest'uomo o sua moglie sia messo a morte».

(Sl 112:1-3; Ge 21:22-34) Pr 16:7; Mt 5:5
Isacco seminò in quel paese, e in quell'anno raccolse il centuplo; il SIGNORE lo benedisse. Quest'uomo divenne grande, andò crescendo sempre più, finché diventò ricchissimo: fu padrone di greggi di pecore, di mandrie di buoi e di numerosa servitù. I Filistei lo invidiavano. Perciò turarono e riempirono di terra tutti i pozzi che i servi di suo padre avevano scavati, al tempo d'Abraamo suo padre, e Abimelec disse ad Isacco: «Vattene via da noi, perché tu sei molto più potente di noi». Isacco allora partì di là, s'accampò nella valle di Gherar e vi si stabilì. Isacco scavò di nuovo i pozzi d'acqua, che erano stati scavati al tempo di suo padre Abraamo, e che i Filistei avevano turato dopo la morte d'Abraamo; e li chiamò con gli stessi nomi con cui li aveva chiamati suo padre. I servi d'Isacco scavarono nella valle e vi trovarono un pozzo d'acqua viva. Ma i pastori di Gherar litigarono con i pastori d'Isacco, dicendo: «L'acqua è nostra». Così egli chiamò il pozzo Esec, perché quelli avevano litigato con lui. Poi i servi scavarono un altro pozzo e quelli litigarono anche per questo. E Isacco lo chiamò Sitna. Allora egli partì di là e scavò un altro pozzo, per il quale quelli non litigarono. Ed egli lo chiamò Recobot, perché disse: «Ora il SIGNORE ci ha dato spazio libero e noi prospereremo nel paese». Poi di là Isacco salì a Beer-Seba. Il SIGNORE gli apparve quella stessa notte e gli disse: «Io sono il Dio d'Abraamo tuo padre; non temere, perché io sono con te e ti benedirò e moltiplicherò la tua discendenza per amore del mio servo Abraamo». In quel luogo egli costruì un altare, invocò il nome del SIGNORE e vi piantò la sua tenda. E i servi d'Isacco vi scavarono un pozzo. Abimelec partì da Gherar e andò da lui con Auzat, suo amico, e con Picol, capo del suo esercito. Isacco disse loro: «Perché venite da me, visto che mi odiate e mi avete mandato via dal vostro paese?» Quelli risposero: «Noi abbiamo chiaramente visto che il SIGNORE è con te; e abbiamo detto: "Si faccia ora un giuramento tra di noi", cioè fra te e noi, e facciamo un'alleanza con te. Giura che non ci farai alcun male, così come noi non ti abbiamo toccato, e non ti abbiamo fatto altro che del bene e t'abbiamo lasciato andare in pace. Tu sei ora benedetto dal SIGNORE». E Isacco fece loro un banchetto, ed essi mangiarono e bevvero. La mattina seguente si alzarono di buon'ora e si prestarono giuramento reciprocamente. Poi Isacco li congedò e quelli si separarono da lui in pace. Quello stesso giorno, i servi d'Isacco gli vennero a dare notizia del pozzo che avevano scavato, dicendogli: «Abbiamo trovato dell'acqua». Ed egli lo chiamò Siba. Per questo la città porta il nome di Beer-Seba fino ad oggi.

Ge 27:46-28:9
Or Esaù, all'età di quarant'anni, prese in moglie Giudit, figlia di Beeri, l'Ittita, e Basmat, figlia di Elon, l'Ittita. Esse furono causa di profonda amarezza per Isacco e per Rebecca.

CAPITOLO 27

Giacobbe benedetto al posto di Esaù


Ge 25:21-34 (Eb 11:20; 12:16-17) Ge 48:14, 17-20
Isacco era invecchiato e i suoi occhi indeboliti non ci vedevano più. Allora egli chiamò Esaù, suo figlio maggiore, e gli disse: «Figlio mio!» Quello rispose: «Eccomi!» E Isacco: «Ecco, io sono vecchio e non so il giorno della mia morte. Ora prendi, ti prego, le tue armi, le tue frecce e il tuo arco, va' fuori nei campi e prendimi un po' di selvaggina. Poi preparami una pietanza saporita, di quelle che mi piacciono; portamela perché io la mangi e ti benedica prima che io muoia». Rebecca stava ad ascoltare mentre Isacco parlava a suo figlio Esaù. Ed Esaù se ne andò nei campi per cacciare della selvaggina e portarla a suo padre. Rebecca parlò a suo figlio Giacobbe e gli disse: «Ho udito tuo padre che parlava con tuo fratello Esaù, e gli diceva: "Portami un po' di selvaggina e fammi una pietanza saporita perché io la mangi e ti benedica davanti al SIGNORE, prima che io muoia". Ora, figlio mio, ubbidisci alla mia voce e fa' quello che ti comando. Va' al gregge e prendimi due buoni capretti e io ne farò una pietanza saporita per tuo padre, di quelle che gli piacciono. Tu la porterai a tuo padre, perché la mangi e così ti benedica prima che egli muoia». Giacobbe disse a Rebecca sua madre: «Mio fratello Esaù è peloso, e io no. Può darsi che mio padre mi tasti e mi consideri un impostore e mi attirerò addosso una maledizione invece di una benedizione». Sua madre gli rispose: «Questa maledizione ricada su di me, figlio mio! Ubbidisci pure alla mia voce e va' a prendermi i capretti». Egli dunque andò a prenderli e li portò a sua madre; e sua madre ne preparò una pietanza saporita, di quelle che piacevano al padre di lui. Poi Rebecca prese i più bei vestiti di Esaù, suo figlio maggiore, i quali erano in casa presso di lei, e li fece indossare a Giacobbe suo figlio minore; con le pelli dei capretti gli coprì le mani e il collo, che erano senza peli. Poi mise in mano a suo figlio Giacobbe la pietanza saporita e il pane che aveva preparato. Egli andò da suo padre e gli disse: «Padre mio!» Isacco rispose: «Eccomi; chi sei tu, figlio mio?» Giacobbe disse a suo padre: «Sono Esaù, il tuo primogenito. Ho fatto come tu mi hai detto. Àlzati, ti prego, mettiti a sedere e mangia la mia selvaggina, perché tu mi benedica». Isacco disse a suo figlio: «Come hai fatto a trovarne così presto, figlio mio?» E quello rispose: «Perché il SIGNORE, il tuo Dio, l'ha fatta venire sulla mia via». Allora Isacco disse a Giacobbe: «Avvicìnati, figlio mio, e lascia che io ti tasti, per sapere se sei proprio mio figlio Esaù, o no». Giacobbe s'avvicinò a suo padre Isacco; e, come questi lo ebbe tastato, disse: «La voce è la voce di Giacobbe, ma le mani sono le mani d'Esaù». Non lo riconobbe, perché le sue mani erano pelose come le mani di suo fratello Esaù, e lo benedisse. Disse: «Tu sei proprio mio figlio Esaù?» Egli rispose: «Sì». E Isacco gli disse: «Portami da mangiare la selvaggina di mio figlio, e io ti benedirò». Giacobbe gliene servì, e Isacco mangiò. Giacobbe gli portò anche del vino, ed egli bevve. Poi suo padre Isacco gli disse: «Ora avvicìnati e baciami, figlio mio». Egli s'avvicinò e lo baciò. E Isacco sentì l'odore dei vestiti, e lo benedisse dicendo: «Ecco, l'odore di mio figlio è come l'odore di un campo, che il SIGNORE ha benedetto. Dio ti conceda la rugiada del cielo, la fertilità della terra e abbondanza di frumento e di vino. Ti servano i popoli e le nazioni s'inchinino davanti a te. Sii padrone dei tuoi fratelli e i figli di tua madre s'inchinino davanti a te. Maledetto sia chiunque ti maledice, benedetto sia chiunque ti benedice!» Appena Isacco ebbe finito di benedire Giacobbe e Giacobbe se ne fu andato dalla presenza di suo padre Isacco, Esaù suo fratello giunse dalla caccia. Anch'egli preparò una pietanza saporita, la portò a suo padre e gli disse: «Si alzi mio padre, e mangi della selvaggina di suo figlio, perché mi benedica». Suo padre Isacco gli disse: «Chi sei tu?» Ed egli rispose: «Sono Esaù, tuo figlio primogenito». Isacco fu preso da un tremito fortissimo e disse: «E allora, chi è colui che ha preso della selvaggina e me l'ha portata? Io ho mangiato di tutto prima che tu venissi, e l'ho benedetto; e benedetto egli sarà». Quando Esaù udì le parole di suo padre, emise un grido forte e amarissimo. Poi disse a suo padre: «Benedici anche me, padre mio». Isacco rispose: «Tuo fratello è venuto con inganno e si è preso la tua benedizione». Ed Esaù: «Non è forse a ragione che egli è stato chiamato Giacobbe? Mi ha già soppiantato due volte: mi tolse la mia primogenitura, ed ecco che ora mi ha tolto la mia benedizione». Poi aggiunse: «Non hai serbato qualche benedizione per me?» Isacco rispose e disse a Esaù: «Io l'ho costituito tuo padrone, gli ho dato tutti i suoi fratelli per servi e l'ho provveduto di frumento e di vino; che potrei dunque fare per te, figlio mio?» Allora Esaù disse a suo padre: «Hai tu questa sola benedizione, padre mio? Benedici anche me, padre mio!» Quindi Esaù alzò la voce e pianse. Suo padre Isacco rispose e gli disse: «Ecco, la tua dimora sarà priva della fertilità della terra e della rugiada che scende dal cielo. Tu vivrai della tua spada, e sarai servo di tuo fratello; ma avverrà che, conducendo una vita errante, tu spezzerai il suo giogo dal tuo collo».

1Gv 3:15; Pr 18:19; Ge 28:1-10
Esaù odiava Giacobbe, a causa della benedizione datagli da suo padre, e disse in cuor suo: «I giorni del lutto di mio padre si avvicinano, allora ucciderò mio fratello Giacobbe». Furono riferite a Rebecca le parole di Esaù, suo figlio maggiore, e lei mandò a chiamare Giacobbe, suo figlio minore, e gli disse: «Esaù, tuo fratello, vuole vendicarsi e ucciderti. Ora, figlio mio, ubbidisci alla mia voce; lèvati e fuggi a Caran da mio fratello Labano, rimani laggiù, finché il furore di tuo fratello sia passato, finché l'ira di tuo fratello si sia stornata da te ed egli abbia dimenticato quello che tu gli hai fatto. Allora io manderò a farti ritornare da laggiù. Perché dovrei essere privata di voi due in uno stesso giorno?» Rebecca disse a Isacco: «Sono disgustata a causa di queste donne ittite. Se Giacobbe prende in moglie, tra le Ittite, tra le abitanti del paese, una come quelle, che mi giova la vita?»

CAPITOLO 28

Fuga di Giacobbe in Mesopotamia; visione della scala


Ge 27:41-46; 24:1-10
Allora Isacco chiamò Giacobbe, lo benedisse e gli diede quest'ordine: «Non prendere moglie tra le donne di Canaan. Parti, va' a Paddan-Aram, alla casa di Betuel, padre di tua madre, e prendi moglie là, tra le figlie di Labano, fratello di tua madre. Il Dio onnipotente ti benedica, ti renda fecondo e ti moltiplichi, in modo che tu diventi un'assemblea di popoli, e ti dia la benedizione d'Abraamo: a te e alla tua discendenza con te, perché tu possieda il paese dove sei andato peregrinando, che Dio donò ad Abraamo». Isacco fece partire Giacobbe, il quale andò a Paddan-Aram da Labano, figlio di Betuel, l'Arameo, fratello di Rebecca, madre di Giacobbe e di Esaù.

Ge 26:34-35; 36:1-5
Esaù vide che Isacco aveva benedetto Giacobbe e l'aveva mandato a Paddan-Aram perché vi prendesse moglie e che, benedicendolo, gli aveva dato quest'ordine: «Non prendere moglie tra le donne di Canaan», e che Giacobbe aveva ubbidito a suo padre e a sua madre ed era andato a Paddan-Aram. Esaù comprese che le donne di Canaan non erano gradite a suo padre Isacco. Allora andò da Ismaele, e prese per moglie, oltre quelle che aveva già, Maalat, figlia d'Ismaele, figlio d'Abraamo, sorella di Nebaiot.

Os 12:13 (Ge 35:1-15; Gv 1:51) Ro 5:20
Giacobbe partì da Beer-Seba e andò verso Caran. Giunse ad un certo luogo e vi passò la notte, perché il sole era già tramontato. Prese una delle pietre del luogo, se la mise per capezzale e lì si coricò. Fece un sogno: una scala poggiava sulla terra, mentre la sua cima toccava il cielo; e gli angeli di Dio salivano e scendevano per la scala. Il SIGNORE stava al di sopra di essa e gli disse: «Io sono il SIGNORE, il Dio d'Abraamo tuo padre e il Dio d'Isacco. La terra sulla quale tu stai coricato, io la darò a te e alla tua discendenza. La tua discendenza sarà come la polvere della terra e tu ti estenderai a occidente e a oriente, a settentrione e a meridione, e tutte le famiglie della terra saranno benedette in te e nella tua discendenza. Io sono con te, e ti proteggerò dovunque tu andrai e ti ricondurrò in questo paese, perché io non ti abbandonerò prima di aver fatto quello che ti ho detto». Quando Giacobbe si svegliò dal sonno, disse: «Certo, il SIGNORE è in questo luogo e io non lo sapevo!» Ebbe paura e disse: «Com'è tremendo questo luogo! Questa non è altro che la casa di Dio, e questa è la porta del cielo!» Giacobbe si alzò la mattina di buon'ora, prese la pietra che aveva messa come capezzale, la pose come pietra commemorativa e vi versò sopra dell'olio. E chiamò quel luogo Betel; mentre prima di allora il nome della città era Luz. Giacobbe fece un voto, dicendo: «Se Dio è con me, se mi protegge durante questo viaggio che sto facendo, se mi dà pane da mangiare e vesti da coprirmi, e se ritorno sano e salvo alla casa di mio padre, il SIGNORE sarà il mio Dio e questa pietra, che ho eretta come monumento, sarà la casa di Dio; di tutto quello che tu mi darai, io certamente ti darò la decima».

CAPITOLO 29

Giacobbe a Caran


Ge 24:10-32; Es 2:15-21
Poi Giacobbe si mise in cammino e andò nel paese degli Orientali. Egli vide nei campi un pozzo e tre greggi di pecore, accovacciate lì vicino; a quel pozzo infatti si abbeveravano le greggi; ma la pietra sulla bocca del pozzo era grande. Dopo che tutte le greggi si erano radunate là, i pastori rotolavano la pietra dalla bocca del pozzo, abbeveravano le pecore, poi rimettevano la pietra al suo posto, sulla bocca del pozzo. Giacobbe disse ai pastori: «Fratelli miei, di dove siete?» Quelli risposero: «Siamo di Caran». Egli disse loro: «Conoscete Labano, figlio di Naor?» Ed essi: «Lo conosciamo». Egli disse loro: «Sta bene?» Quelli risposero: «Sta bene; ecco Rachele, sua figlia, che viene con le pecore». Egli disse: «Ecco, è ancora pieno giorno, e non è tempo di radunare il bestiame; abbeverate le pecore e portatele al pascolo». Quelli risposero: «Non possiamo, finché non siano radunate tutte le greggi; allora si rotola la pietra dalla bocca del pozzo e abbeveriamo le pecore». Mentre egli parlava ancora con loro, giunse Rachele con le pecore di suo padre; perché era lei che le portava al pascolo. Quando Giacobbe vide Rachele figlia di Labano, fratello di sua madre, e le pecore di Labano, fratello di sua madre, si avvicinò, rotolò la pietra dalla bocca del pozzo e abbeverò il gregge di Labano, fratello di sua madre. Poi Giacobbe baciò Rachele, alzò la voce e pianse. Giacobbe fece sapere a Rachele che egli era parente del padre di lei, e che era figlio di Rebecca. Ed ella corse a dirlo a suo padre. Appena Labano ebbe udito le notizie di Giacobbe figlio di sua sorella, gli corse incontro, l'abbracciò, lo baciò, e lo condusse a casa sua. Giacobbe raccontò a Labano tutte queste cose; e Labano gli disse: «Tu sei proprio mie ossa e mia carne!» Così abitò presso di lui per un mese.

Lea e Rachele


Os 12:13; Gc 14:10-13
Poi Labano disse a Giacobbe: «Perché sei mio parente devi forse servirmi per nulla? Dimmi quale dev'essere il tuo salario». Or Labano aveva due figlie: la maggiore si chiamava Lea e la minore Rachele. Lea aveva gli occhi delicati, ma Rachele era avvenente e di bell'aspetto. Giacobbe amava Rachele e disse a Labano: «Io ti servirò sette anni, per Rachele tua figlia minore». Labano rispose: «È meglio che io la dia a te piuttosto che a un altro uomo; resta con me». Giacobbe servì sette anni per Rachele; e gli parvero pochi giorni, a causa del suo amore per lei. Poi Giacobbe disse a Labano: «Dammi mia moglie, perché il mio tempo è compiuto, e io andrò da lei». Allora Labano radunò tutta la gente del luogo e fece un banchetto. Ma, la sera, prese sua figlia Lea e la condusse da Giacobbe, il quale si unì a lei. Labano diede la sua serva Zilpa per serva a Lea, sua figlia. L'indomani mattina ecco che era Lea! Giacobbe disse a Labano: «Che mi hai fatto? Non è per Rachele che ti ho servito? Perché mi hai ingannato?» Labano rispose: «Non è usanza da noi dare la minore prima della maggiore. Finisci la settimana nuziale con questa e ti daremo anche l'altra, per il servizio che presterai da me per altri sette anni». Giacobbe fece così, e finì la settimana di quello sposalizio; poi Labano gli diede in moglie sua figlia Rachele. Labano diede la sua serva Bila per serva a Rachele, sua figlia. Giacobbe si unì pure a Rachele, e amò Rachele più di Lea, e servì Labano per altri sette anni.

I figli di Giacobbe


Sl 127:3; Ge 49:1-12
Il SIGNORE, vedendo che Lea era odiata, la rese feconda; ma Rachele era sterile. Lea concepì, partorì un figlio e lo chiamò Ruben, perché disse: «Il SIGNORE ha visto la mia afflizione; ora mio marito mi amerà». Poi concepì di nuovo e partorì un figlio, e disse: «Il SIGNORE ha udito che io ero odiata, e mi ha dato anche questo figlio». E lo chiamò Simeone. Concepì di nuovo e partorì un figlio, e disse: «Questa volta mio marito sarà ben unito a me, perché gli ho partorito tre figli». Per questo fu chiamato Levi. E concepì di nuovo, partorì un figlio e disse: «Questa volta celebrerò il SIGNORE». Perciò lo chiamò Giuda. Poi cessò d'aver figli.

CAPITOLO 30

1S 1:20; Ge 28:3; 49:13-26; Sl 128:3
Rachele, vedendo che non partoriva figli a Giacobbe, invidiò sua sorella, e disse a Giacobbe: «Dammi dei figli, altrimenti muoio». Giacobbe s'irritò contro Rachele, e disse: «Sono forse io al posto di Dio che ti ha negato di essere feconda?» Lei rispose: «Ecco la mia serva Bila; entra da lei; ella partorirà sulle mie ginocchia e per mezzo di lei, avrò anch'io dei figli». Ella gli diede la sua serva Bila per moglie, e Giacobbe si unì a lei. Bila concepì e partorì un figlio a Giacobbe. Rachele disse: «Dio mi ha reso giustizia, ha anche ascoltato la mia voce e mi ha dato un figlio». Perciò lo chiamò Dan. Bila, serva di Rachele, concepì ancora e partorì a Giacobbe un secondo figlio. Rachele disse: «Ho sostenuto contro mia sorella lotte straordinarie e ho vinto». Perciò lo chiamò Neftali. Lea, vedendo che aveva cessato d'aver figli, prese la sua serva Zilpa e la diede a Giacobbe per moglie. Zilpa, serva di Lea, partorì un figlio a Giacobbe. E Lea disse: «Che fortuna!» E lo chiamò Gad. Poi Zilpa, serva di Lea, partorì a Giacobbe un secondo figlio. Lea disse: «Sono felice! perché le fanciulle mi chiameranno beata». Perciò lo chiamò Ascer. Ruben uscì al tempo della mietitura del grano e trovò nei campi delle mandragole, che portò a Lea sua madre. Allora Rachele disse a Lea: «Ti prego, dammi delle mandragole di tuo figlio!» Ma Lea rispose: «Ti pare poco avermi tolto il marito, che mi vuoi togliere anche le mandragole di mio figlio?» E Rachele disse: «Ebbene, si corichi pure con te questa notte, in compenso delle mandragole di tuo figlio». Come Giacobbe, sul far della sera, se ne tornava nei campi, Lea uscì a incontrarlo, e gli disse: «Vieni da me, perché ti ho preso per me con le mandragole di mio figlio». Ed egli si coricò con lei quella notte. Dio esaudì Lea, la quale concepì e partorì a Giacobbe un quinto figlio. E lei disse: «Dio mi ha ricompensata, perché ho dato la mia serva a mio marito». E lo chiamò Issacar. Lea concepì ancora e partorì a Giacobbe un sesto figlio. E Lea disse: «Dio mi ha fatto un bel regalo; questa volta mio marito abiterà con me, perché gli ho partorito sei figli». E lo chiamò Zabulon. Poi partorì una figlia, e la chiamò Dina. Dio si ricordò anche di Rachele; Dio l'esaudì e la rese feconda. Ella concepì e partorì un figlio, e disse: «Dio ha tolto la mia vergogna». E lo chiamò Giuseppe, dicendo: «Il SIGNORE mi aggiunga un altro figlio».

Giacobbe diviene ricco


Ge 31:1-12, 38-41; De 28:11
Dopo che Rachele ebbe partorito Giuseppe, Giacobbe disse a Labano: «Lasciami partire, perché io vada a casa mia, nel mio paese. Dammi le mie mogli per le quali ti ho servito, i miei figli, e lasciami andare, poiché tu conosci il servizio che ti ho prestato». Labano gli disse: «Se ho trovato grazia agli occhi tuoi, rimani; giacché credo di indovinare che il SIGNORE mi ha benedetto per amor tuo». Poi disse: «Fissami il tuo salario e te lo darò». Giacobbe gli rispose: «Tu sai in che modo ti ho servito e quello che è diventato il tuo bestiame nelle mie mani. Infatti quello che avevi prima della mia venuta era poco, ma ora si è molto accresciuto. Il SIGNORE ti ha benedetto dovunque io ho messo il piede. Ora, quando lavorerò anch'io per la mia casa?» Labano gli disse: «Che cosa ti devo dare?» Giacobbe rispose: «Non darmi nulla; se acconsenti a quello che sto per dirti, io pascolerò di nuovo le tue greggi e ne avrò cura. Passerò quest'oggi in mezzo a tutte le tue greggi, mettendo da parte ogni agnello nero tra le pecore, ogni agnello macchiato e vaiolato; e tra le capre, le vaiolate e le macchiate. Quello sarà il mio salario. Così da ora innanzi la mia giustizia parlerà per me in tua presenza quando verrai ad accertare il mio salario: tutto ciò che non sarà macchiato o vaiolato fra le capre e nero tra gli agnelli, sarà rubato, se si troverà presso di me». Labano disse: «Ebbene, sia come tu dici!» Quello stesso giorno mise da parte i becchi striati e vaiolati e tutte le capre macchiate o vaiolate, tutto quello che aveva del bianco e tutto quello che era nero fra gli agnelli, e li affidò ai suoi figli. Labano frappose la distanza di tre giornate di cammino tra sé e Giacobbe; Giacobbe pascolava il rimanente delle greggi di Labano. Giacobbe prese dei rami verdi di pioppo, di mandorlo e di platano e vi fece delle scortecciature bianche, mettendo allo scoperto il bianco dei rami. Poi collocò i rami, che aveva scortecciati, nei rigagnoli, negli abbeveratoi dove le pecore venivano a bere, proprio davanti alle pecore, ed esse entravano in calore quando venivano a bere. Le pecore dunque entravano in calore presso quei rami e figliavano agnelli striati, macchiati e vaiolati. Poi Giacobbe metteva da parte questi agnelli e faceva volgere gli occhi delle pecore verso tutto quello che era striato e tutto quello che era nero nel gregge di Labano. Egli si formò così delle greggi a parte, che non unì alle greggi di Labano. Tutte le volte che le pecore vigorose del gregge entravano in calore, Giacobbe metteva i rami nei rigagnoli, sotto gli occhi delle pecore, perché le pecore entrassero in calore vicino a quei rami; ma quando le pecore erano deboli, non ve le metteva; così gli agnelli deboli erano di Labano e i vigorosi di Giacobbe. Quest'uomo diventò ricchissimo, ed ebbe greggi numerose, serve, servi, cammelli e asini.

CAPITOLO 31

Ritorno di Giacobbe in Canaan


Ge 30:25-43; 32:9-12
Giacobbe sentì che i figli di Labano dicevano: «Giacobbe ha preso tutto quello che era di nostro padre e, con quello che era di nostro padre, si è fatto tutta questa ricchezza». Giacobbe osservò pure il volto di Labano e vide che non era più, verso di lui, quello di prima. Il SIGNORE disse a Giacobbe: «Torna al paese dei tuoi padri, dai tuoi parenti, e io sarò con te». Allora Giacobbe mandò a chiamare Rachele e Lea perché venissero ai campi, presso il suo gregge, e disse loro: «Io vedo che il volto di vostro padre non è più, verso di me, quello di prima; ma il Dio di mio padre è stato con me. Voi sapete che io ho servito vostro padre con tutte le mie forze, mentre vostro padre mi ha ingannato e ha mutato il mio salario dieci volte; ma Dio non gli ha permesso di farmi del male. Quand'egli diceva: "I macchiati saranno il tuo salario", tutto il gregge figliava agnelli macchiati. Quando diceva: "Gli striati saranno il tuo salario", tutto il gregge figliava agnelli striati. Così Dio ha tolto il bestiame a vostro padre e lo ha dato a me. Una volta, quando le pecore entravano in calore, io alzai gli occhi e vidi in sogno che i maschi, che montavano le femmine, erano striati, macchiati o chiazzati. L'angelo di Dio mi disse nel sogno: "Giacobbe!" Io risposi: "Eccomi!" L'angelo disse: "Alza ora gli occhi e guarda; tutti i maschi che montano le femmine sono striati, macchiati o chiazzati, perché ho visto tutto quello che Labano ti fa. Io sono il Dio di Betel, dove tu versasti dell'olio su una pietra commemorativa e mi facesti un voto. Ora àlzati, parti da questo paese e torna al tuo paese natìo"». Rachele e Lea gli risposero: «Abbiamo forse ancora qualche parte o eredità in casa di nostro padre? Non ci ha forse trattate da straniere, quando ci ha vendute e ha per di più divorato il nostro denaro? Tutte le ricchezze che Dio ha tolte a nostro padre, sono nostre e dei nostri figli. Fa' dunque tutto quello che Dio ti ha detto». Allora Giacobbe si alzò, mise i suoi figli e le sue mogli sui cammelli e portò via tutto il suo bestiame - tutti i beni che si era procurato, il bestiame che gli apparteneva e che aveva acquistato in Paddan-Aram - per andarsene da suo padre Isacco nel paese di Canaan. Or mentre Labano se ne era andato a tosare le sue pecore, Rachele rubò gli idoli di suo padre. Giacobbe ingannò Labano l'Arameo, perché non gli disse che stava per fuggire. Così se ne fuggì, con tutto quello che aveva; si levò, passò il fiume e si diresse verso il monte di Galaad.

Labano insegue Giacobbe


(Gb 33:14-17; Sl 105:13-15)(Sl 124; Ge 26:26-31)
Il terzo giorno avvertirono Labano che Giacobbe era fuggito. Allora egli prese con sé i suoi fratelli, lo inseguì per sette giornate di cammino e lo raggiunse al monte di Galaad. Ma Dio venne da Labano l'Arameo, di notte, in un sogno, e gli disse: «Guàrdati dal parlare a Giacobbe, né in bene né in male». Labano dunque raggiunse Giacobbe. Giacobbe aveva piantato la sua tenda sul monte; anche Labano e i suoi fratelli avevano piantato le loro sul monte di Galaad. Allora Labano disse a Giacobbe: «Che hai fatto? Mi hai ingannato e portato via le mie figlie come prigioniere di guerra. Perché sei fuggito di nascosto e mi hai ingannato e non mi hai avvertito? Io ti avrei congedato con gioia e canti, al suono di timpano e di cetra. E non mi hai neppure permesso di baciare i miei figli e le mie figlie! Tu hai agito da stolto. Ora è in mio potere di farvi del male, ma il Dio di vostro padre mi parlò la notte scorsa, dicendo: "Guàrdati dal parlare a Giacobbe, né in bene né in male". Ora certo te ne sei andato poiché avevi nostalgia della casa di tuo padre, ma perché hai rubato i miei dèi?» Giacobbe rispose a Labano: «Avevo paura, perché mi son detto che mi avresti tolto con la forza le tue figlie. Ma chiunque sia colui presso il quale troverai i tuoi dèi, egli deve morire! In presenza dei nostri fratelli, riscontra ciò che è tuo fra le cose mie e prenditelo!» Giacobbe ignorava che Rachele avesse rubato gli idoli. Labano dunque entrò nella tenda di Giacobbe, nella tenda di Lea e nella tenda delle due serve, ma non trovò nulla. Uscito dalla tenda di Lea, entrò nella tenda di Rachele. Ora Rachele aveva preso gli idoli, li aveva messi nella sella del cammello e si era seduta sopra quelli. Labano frugò tutta la tenda e non trovò nulla. Lei disse a suo padre: «Il mio signore non si adiri se io non posso alzarmi davanti a te, perché ho le solite ricorrenze delle donne». Egli cercò, ma non trovò gli idoli. Allora Giacobbe si adirò e si mise a litigare con Labano, dicendo: «Qual è il mio delitto, e quale il mio peccato, perché tu mi abbia inseguito con tanto ardore? Tu hai frugato tutta la mia roba; che hai trovato di tutta la roba di casa tua? Mettilo qui davanti ai miei e tuoi fratelli e giudichino loro tra noi due! Ecco, sono stato con te venti anni, le tue pecore e le tue capre non hanno abortito e io non ho mangiato i montoni del tuo gregge. Io non ti ho mai portato una bestia sbranata; ne ho subìto il danno io; tu mi chiedevi conto di quello che era stato rubato di giorno o rubato di notte. Di giorno, mi consumava il caldo; di notte, il gelo; il sonno fuggiva dagli occhi miei. Ecco vent'anni che sono in casa tua; ti ho servito quattordici anni per le tue due figlie e sei anni per le tue pecore, e tu hai modificato il mio salario dieci volte. Se il Dio di mio padre, il Dio d'Abraamo e il Terrore d'Isacco non fosse stato con me, ora tu mi avresti certo rimandato a mani vuote. Dio ha visto la mia afflizione e la fatica delle mie mani e la notte scorsa ha pronunziato la sua sentenza». Labano rispose a Giacobbe dicendo: «Queste figlie sono mie figlie, questi figli sono miei figli, queste pecore sono pecore mie e tutto quel che vedi è mio. E che posso fare io oggi a queste mie figlie o ai figli che esse hanno partorito? Or dunque vieni, facciamo un patto fra me e te ed esso serva di testimonianza fra me e te». Giacobbe prese una pietra e la eresse come pietra commemorativa. Giacobbe disse ai suoi fratelli: «Raccogliete delle pietre». Essi presero delle pietre, ne fecero un mucchio e presso il mucchio mangiarono. Labano chiamò quel mucchio Iegar-Saaduta e Giacobbe lo chiamò Galed. Labano disse: «Questo mucchio è oggi testimone fra me e te». Perciò fu chiamato Galed e anche Mispa, perché Labano disse: «Il SIGNORE tenga l'occhio su di me e su di te quando non ci vedremo l'un l'altro. Se tu maltratti le mie figlie e se prendi altre mogli oltre alle mie figlie, non un uomo sarà con noi; ma, bada, Dio sarà testimone fra me e te». Labano disse ancora a Giacobbe: «Ecco questo mucchio e la pietra commemorativa che ho eretta fra me e te. Sia questo mucchio testimone e sia questa pietra commemorativa testimone che io non passerò oltre questo mucchio per andare da te e che tu non passerai oltre questo mucchio e questa pietra commemorativa per fare del male. Il Dio d'Abraamo e il Dio di Naor, il Dio del padre loro, sia giudice tra di noi!» Giacobbe giurò per il Terrore d'Isacco suo padre. Poi Giacobbe offrì un sacrificio sul monte e invitò i suoi fratelli a mangiare del pane. Essi dunque mangiarono del pane e passarono la notte sul monte. La mattina Labano si alzò di buon'ora, baciò i suoi figli e le sue figlie e li benedisse. Poi Labano se ne andò e tornò a casa sua.

Giacobbe si prepara a incontrare Esaù


(Sl 91:11; 2R 6:15-17)(Pr 15:1; Ge 33:1-3)
La mattina Labano si alzò di buon ora, baciò i suoi figli e le sue figlie e li benedisse. Poi Labano se ne andò e tornò a casa sua.

CAPITOLO 32

Giacobbe continuò il suo cammino e gli vennero incontro degli angeli di Dio. Come Giacobbe li vide, disse: «Questo è l'esercito di Dio». E chiamò quel luogo Maanaim. Giacobbe mandò davanti a sé dei messaggeri a Esaù suo fratello, nel paese di Seir, nella campagna di Edom. E diede loro quest'ordine: «Direte queste cose a Esaù mio signore: "Così dice il tuo servo Giacobbe: Io ho abitato presso Labano e vi sono rimasto fino ad ora; ho buoi, asini, pecore, servi e serve; lo mando a dire al mio signore, per trovare grazia ai tuoi occhi"». I messaggeri tornarono da Giacobbe, dicendo: «Siamo andati da tuo fratello Esaù ed eccolo che ti viene incontro con quattrocento uomini». Allora Giacobbe fu preso da gran paura e angoscia, divise in due schiere la gente, le greggi, gli armenti, i cammelli che erano con lui e disse: «Se Esaù viene contro una delle schiere e la batte, l'altra che rimane potrà salvarsi».

Sl 50:15 (Ge 31:3; 28:10-15)
Poi Giacobbe disse: «O Dio d'Abraamo mio padre, Dio di mio padre Isacco! O SIGNORE, che mi dicesti: "Torna al tuo paese, dai tuoi parenti e ti farò del bene", io sono troppo piccolo per essere degno di tutta la benevolenza che hai usata e di tutta la fedeltà che hai dimostrata al tuo servo; perché quando passai questo Giordano avevo solo il mio bastone, e ora ho due schiere. Liberami, ti prego, dalle mani di mio fratello, dalle mani di Esaù, perché io ho paura di lui e temo che venga e mi assalga, non risparmiando né madre né figli. Tu dicesti: "Certo, io ti farò del bene e farò diventare la tua discendenza come la sabbia del mare, tanto numerosa che non la si può contare"».

Ge 33:8-11; 1S 25:13-28
Egli rimase là quella notte; e di ciò che possedeva prese di che fare un dono a suo fratello Esaù: duecento capre e venti becchi, duecento pecore e venti montoni, trenta cammelle che allattavano e i loro piccoli, quaranta vacche e dieci tori, venti asine e dieci puledri. Li consegnò ai suoi servi, gregge per gregge separatamente, e disse ai suoi servi: «Passate davanti a me e lasciate qualche intervallo tra gregge e gregge». E diede quest'ordine al primo: «Quando mio fratello Esaù t'incontrerà e ti chiederà: "Di chi sei? dove vai? a chi appartiene questo gregge che va davanti a te?" tu risponderai: "Al tuo servo Giacobbe; è un dono inviato al mio signore Esaù: ecco, egli stesso viene dietro di noi"». Diede lo stesso ordine al secondo, al terzo e a tutti quelli che seguivano le greggi, dicendo: «In questo modo parlerete a Esaù, quando lo troverete, e direte: "Ecco il tuo servo Giacobbe; egli stesso viene dietro a noi"». Perché diceva: «Io lo placherò con il dono che mi precede e dopo soltanto mi presenterò a lui; forse mi farà buona accoglienza». Così il dono andò davanti a lui ed egli passò la notte nell'accampamento. Quella notte si alzò, prese le sue due mogli, le sue due serve, i suoi undici figli e passò il guado dello Iabboc. Li prese, fece loro passare il torrente e lo fece passare a tutto quello che possedeva.

Lotta di Giacobbe con l'angelo a Peniel


Os 12:4-5; 2Co 12:7-10
Giacobbe rimase solo e un uomo lottò con lui fino all'apparire dell'alba; quando quest'uomo vide che non poteva vincerlo, gli toccò la giuntura dell'anca, e la giuntura dell'anca di Giacobbe fu slogata, mentre quello lottava con lui. E l'uomo disse: «Lasciami andare, perché spunta l'alba». E Giacobbe: «Non ti lascerò andare prima che tu mi abbia benedetto!» L'altro gli disse: «Qual è il tuo nome?» Ed egli rispose: «Giacobbe». Quello disse: «Il tuo nome non sarà più Giacobbe, ma Israele, perché tu hai lottato con Dio e con gli uomini e hai vinto». Giacobbe gli chiese: «Ti prego, svelami il tuo nome». Quello rispose: «Perché chiedi il mio nome?» E lo benedisse lì. Giacobbe chiamò quel luogo Peniel, perché disse: «Ho visto Dio faccia a faccia e la mia vita è stata risparmiata». Il sole si levò quando egli ebbe passato Peniel; e Giacobbe zoppicava dall'anca. Per questo, fino al giorno d'oggi, gli Israeliti non mangiano il nervo della coscia che passa per la giuntura dell'anca, perché quell'uomo aveva toccato la giuntura dell'anca di Giacobbe, al punto del nervo della coscia.

CAPITOLO 33

Riconciliazione di Giacobbe con Esaù
Ge 32
Giacobbe alzò gli occhi, guardò, ed ecco Esaù che veniva avendo con sé quattrocento uomini. Allora divise i figli tra Lea, Rachele e le due serve. Mise davanti le serve e i loro figli, poi Lea e i suoi due figli, e infine Rachele e Giuseppe. Egli stesso passò davanti a loro, e si inchinò fino a terra sette volte, finché si fu avvicinato a suo fratello. Ed Esaù gli corse incontro, l'abbracciò, gli si gettò al collo, lo baciò e piansero. Poi Esaù, alzando gli occhi, vide le donne e i bambini, e disse: «Chi sono questi che hai con te?» Giacobbe rispose: «Sono i figli che Dio si è compiaciuto di dare al tuo servo». Allora le serve si avvicinarono con i loro figli e si inchinarono. Si avvicinarono anche Lea e i suoi figli e si inchinarono. Poi si avvicinarono Giuseppe e Rachele e s'inchinarono. Allora Esaù disse: «Che ne vuoi fare di tutta quella schiera che ho incontrato?» Giacobbe rispose: «È per trovare grazia agli occhi del mio signore». Ed Esaù: «Io ho molta roba, fratello mio; tieni per te ciò che è tuo». Ma Giacobbe disse: «No, ti prego, se ho trovato grazia agli occhi tuoi, accetta il dono dalla mia mano, perché io ho visto il tuo volto come uno vede il volto di Dio, e tu mi hai fatto buona accoglienza. Ti prego, accetta il mio dono che ti è stato presentato, perché Dio è stato molto buono con me, e io ho di tutto». E tanto insistette, che Esaù l'accettò. Poi Esaù disse: «Partiamo, incamminiamoci, io andrò davanti a te». Giacobbe rispose: «Il mio signore sa che i bambini sono in tenera età e che ho con me delle pecore e delle vacche che allattano; se si forzasse la loro andatura anche per un giorno solo, le bestie morirebbero. Passi dunque il mio signore davanti al suo servo; e io me ne verrò pian piano, al passo del bestiame che mi precederà, e al passo dei bambini, finché arrivi presso al mio signore, a Seir». Esaù disse: «Permetti almeno che io lasci con te un po' della gente che ho con me». Ma Giacobbe rispose: «E perché questo? Basta che io trovi grazia agli occhi del mio signore». Così Esaù, in quel giorno stesso, rifece il cammino verso Seir.

Giacobbe arriva in Canaan


Gs 24:32; Gv 4:5, 12
Giacobbe partì alla volta di Succot, costruì una casa per sé e fece delle capanne per il suo bestiame; per questo quel luogo fu chiamato Succot. Poi Giacobbe, tornando da Paddan-Aram, arrivò sano e salvo alla città di Sichem, nel paese di Canaan, e piantò le tende di fronte alla città. Per cento pezzi di denaro, comprò dai figli di Camor, padre di Sichem, la parte del campo dove aveva piantato le sue tende. Eresse qui un altare e lo chiamò El-Eloè-Israel.

CAPITOLO 34

Rapimento di Dina
I Sichemiti massacrati da Simeone e Levi


1Co 15:33; De 22:28-29; Pr 26:24-26; Ge 49:5-7
Dina, la figlia che Lea aveva partorita a Giacobbe, uscì per vedere le ragazze del paese. Sichem, figlio di Camor l'Ivveo, principe del paese, la vide, la rapì e si unì a lei violentandola. Poi egli rimase affezionato a Dina, figlia di Giacobbe; amò la giovane e parlò al cuore di lei. E disse a Camor suo padre: «Dammi questa ragazza in moglie». Or Giacobbe udì che quegli aveva disonorato sua figlia Dina; e siccome i suoi figli erano ai campi con il suo bestiame, Giacobbe tacque finché non furono tornati. Intanto Camor, padre di Sichem, si recò da Giacobbe per parlargli. I figli di Giacobbe, com'ebbero udito il fatto, tornarono dai campi; questi uomini furono addolorati e fortemente adirati perché costui aveva commesso un'infamia in Israele, unendosi alla figlia di Giacobbe: cosa che non era da farsi. Camor parlò loro, dicendo: «Mio figlio Sichem si è innamorato di vostra figlia; vi prego, dategliela per moglie e imparentatevi con noi; dateci le vostre figlie e prendete per voi le figlie nostre. Abiterete con noi e il paese sarà a vostra disposizione; fissate qui la vostra dimora, trafficate e acquistatevi delle proprietà». Allora Sichem disse al padre e ai fratelli di Dina: «Possa io trovare grazia agli occhi vostri e vi darò quello che mi direte. Imponetemi pure una gran dote e molti doni; io ve li darò come mi direte, ma datemi la ragazza in moglie». I figli di Giacobbe risposero a Sichem e a suo padre Camor, ma parlarono loro con astuzia, perché quegli aveva disonorato Dina, loro sorella. Dissero loro: «Questo non possiamo farlo; non possiamo dare nostra sorella a uno che non è circonciso; perché ciò sarebbe per noi un disonore. Acconsentiremo alla vostra richiesta soltanto a questa condizione: se sarete come siamo noi, circoncidendo ogni maschio tra di voi. Allora vi daremo le nostre figlie e noi ci prenderemo le figlie vostre, abiteremo con voi e diventeremo un solo popolo. Ma se non volete ascoltarci e non volete farvi circoncidere, noi prenderemo la nostra figlia e ce ne andremo». Le loro parole piacquero a Camor, e a Sichem, figlio di Camor. Il giovane non indugiò a fare la cosa, perché amava la figlia di Giacobbe; egli era l'uomo più onorato in tutta la casa di suo padre. Camor e suo figlio Sichem giunsero alla porta della loro città dicendo: «Questa è gente pacifica in mezzo a noi. Rimanga pure nel paese e vi traffichi, perché esso è abbastanza ampio per loro. Noi prenderemo le loro figlie per mogli e daremo loro le nostre. Ma questa gente acconsentirà ad abitare con noi per formare un solo popolo, a questa condizione: che ogni nostro maschio sia circonciso, come sono circoncisi loro. I loro armenti, le loro ricchezze e tutto il loro bestiame non saranno forse nostri? Acconsentiamo alla loro richiesta ed essi abiteranno con noi». Tutti quelli che erano venuti alla porta della città diedero ascolto a Camor e a suo figlio Sichem; ogni maschio si fece circoncidere: ognuno di quelli che erano venuti alla porta della città. Ma il terzo giorno, mentre quelli erano sofferenti, due dei figli di Giacobbe, Simeone e Levi, fratelli di Dina, presero ciascuno la propria spada, assalirono la città che si riteneva sicura, e uccisero tutti i maschi. Passarono a fil di spada anche Camor e suo figlio Sichem, presero Dina dalla casa di Sichem, e uscirono. I figli di Giacobbe si gettarono sugli uccisi e saccheggiarono la città, perché la loro sorella era stata disonorata; presero le loro greggi, i loro armenti, i loro asini, quanto era nella città e nei campi. Portarono via come bottino tutte le loro ricchezze, tutti i loro bambini, le loro mogli e tutto quello che si trovava nelle case. Allora Giacobbe disse a Simeone e a Levi: «Voi mi causate grande angoscia, mettendomi in cattiva luce davanti agli abitanti del paese, ai Cananei e ai Ferezei. Io non ho che pochi uomini; essi si raduneranno contro di me, mi piomberanno addosso e sarò distrutto io con la mia casa». Ed essi risposero: «Nostra sorella dovrebbe forse essere trattata come una prostituta?»

CAPITOLO 35

Giacobbe a Betel


Ge 28:10-22; 48:3-4
Dio disse a Giacobbe: «Àlzati, va' ad abitare a Betel; là farai un altare al Dio che ti apparve quando fuggivi davanti a tuo fratello Esaù». Allora Giacobbe disse alla sua famiglia e a tutti quelli che erano con lui: «Togliete gli dèi stranieri che sono in mezzo a voi, purificatevi e cambiatevi i vestiti; partiamo, andiamo a Betel; là farò un altare al Dio che mi esaudì nel giorno della mia angoscia e che è stato con me nel viaggio che ho fatto». Essi diedero a Giacobbe tutti gli dèi stranieri che erano nelle loro mani e gli anelli che avevano agli orecchi; Giacobbe li nascose sotto la quercia che è presso Sichem. Poi partirono. Il terrore di Dio invase le città che erano intorno a loro, e nessuno inseguì i figli di Giacobbe. Così Giacobbe e tutta la gente che aveva con sé giunsero a Luz, cioè Betel, che è nel paese di Canaan. Lì costruì un altare e chiamò quel luogo El-Betel, perché Dio gli era apparso lì, quando egli fuggiva davanti a suo fratello. Allora morì Debora, balia di Rebecca, e fu sepolta al di sotto di Betel, sotto la quercia che fu chiamata Allon-Bacut. Dio apparve ancora a Giacobbe, quando questi veniva da Paddan-Aram, e lo benedisse. Dio gli disse: «Il tuo nome è Giacobbe. Tu non sarai più chiamato Giacobbe, ma il tuo nome sarà Israele». E lo chiamò Israele. Dio gli disse: «Io sono il Dio onnipotente; sii fecondo e moltìplicati; una nazione, anzi una moltitudine di nazioni discenderà da te, dei re usciranno dai tuoi lombi; darò a te e alla tua discendenza dopo di te il paese che diedi ad Abraamo e ad Isacco». E Dio se ne andò risalendo dal luogo dove gli aveva parlato. Allora Giacobbe eresse, nel luogo dove Dio gli aveva parlato, un monumento di pietra; vi fece sopra una libazione e vi sparse su dell'olio. Giacobbe chiamò Betel il luogo dove Dio gli aveva parlato.

Nascita di Beniamino; morte di Rachele


Ge 3:16; 30:1
Poi partirono da Betel. C'era ancora qualche distanza per arrivare a Efrata, quando Rachele partorì. Ella ebbe un parto difficile. Mentre penava a partorire, la levatrice le disse: «Non temere, perché questo è un altro figlio per te». Mentre l'anima sua se ne andava, perché stava morendo, chiamò il bimbo Ben-Oni; ma il padre lo chiamò Beniamino. Rachele dunque morì e fu sepolta sulla via di Efrata, cioè di Betlemme. Giacobbe eresse una pietra commemorativa sulla tomba di lei. Questa pietra commemorativa della tomba di Rachele esiste tuttora.

Giacobbe rivede suo padre; morte d'Isacco


Ge 49:3-4 (Ge 29:31-35; 30:1-24)
Poi Israele partì e piantò la sua tenda di là da Migdal-Eder. Mentre Israele abitava in quel paese, Ruben andò e si unì a Bila, concubina di suo padre, e Israele venne a saperlo. I figli di Giacobbe erano dodici. I figli di Lea: Ruben, primogenito di Giacobbe, Simeone, Levi, Giuda, Issacar, Zabulon. I figli di Rachele: Giuseppe e Beniamino. I figli di Bila, serva di Rachele: Dan e Neftali. I figli di Zilpa, serva di Lea: Gad e Ascer. Questi sono i figli di Giacobbe che gli nacquero in Paddan-Aram.

Ge 25:7-10; 49:29-33
Giacobbe venne da Isacco suo padre a Mamre, a Chiriat-Arba, cioè Ebron, dove Abraamo e Isacco avevano soggiornato. La durata della vita di Isacco fu di centottant'anni. Poi Isacco spirò, morì e fu riunito al suo popolo, vecchio e sazio di giorni; Esaù e Giacobbe, suoi figli, lo seppellirono.

CAPITOLO 36

Discendenti di Esaù


(Ge 26:34-35; 28:8-9) De 2:4-5
Questa è la discendenza di Esaù, cioè Edom. Esaù prese le sue mogli tra le figlie dei Cananei: Ada, figlia di Elon, l'Ittita; Oolibama, figlia di Ana, figlia di Sibeon, l'Ivveo; e Basmat, figlia d'Ismaele, sorella di Nebaiot. Ada partorì a Esaù Elifaz. Basmat partorì Reuel; e Oolibama partorì Ieus, Ialam e Cora. Questi sono i figli di Esaù, che gli nacquero nel paese di Canaan. Esaù prese le sue mogli, i suoi figli, le sue figlie, tutte le persone della sua casa, le sue greggi, tutto il suo bestiame e tutti i beni che aveva messi insieme nel paese di Canaan, se ne andò in un altro paese, lontano da Giacobbe suo fratello, poiché il loro bestiame era troppo numeroso perché essi potessero abitare insieme; il paese nel quale soggiornavano non era loro sufficiente a causa del loro bestiame. Così Esaù abitò sulla montagna di Seir. Esaù è Edom.

1Cr 1:35-37
Questa è la discendenza di Esaù, padre degli Edomiti, sulla montagna di Seir. Questi sono i nomi dei figli di Esaù: Elifaz, figlio di Ada, moglie di Esaù; Reuel, figlio di Basmat, moglie di Esaù. I figli di Elifaz furono: Teman, Omar, Sefo, Gatam e Chenaz. Timna era la concubina di Elifaz, figlio di Esaù; ella partorì Amalec a Elifaz. Questi furono i figli di Ada, moglie di Esaù. Questi furono i figli di Reuel: Naat e Zerac, Samma e Mizza. Questi furono i figli di Basmat, moglie di Esaù. Questi furono i figli di Oolibama, figlia di Ana, figlia di Sibeon, moglie di Esaù; ella partorì a Esaù: Ieus, Ialam e Cora. Questi sono i capi dei figli di Esaù: figli di Elifaz, primogenito di Esaù: il capo Teman, il capo Omar, il capo Sefo, il capo Chenaz, il capo Cora, il capo Gatam, il capo Amalec; questi sono i capi discesi da Elifaz, nel paese di Edom, e sono i figli di Ada. Questi sono i figli di Reuel, figlio di Esaù: il capo Naat, il capo Zerac, il capo Samma, il capo Mizza; questi sono i capi discesi da Reuel, nel paese di Edom. E sono i figli di Basmat, moglie di Esaù. E questi sono i figli di Oolibama, moglie di Esaù: il capo Ieus, il capo Ialam, il capo Cora; questi sono i capi discesi da Oolibama, figlia di Ana, moglie di Esaù. Questi sono i figli di Esaù, che è Edom, e questi sono i loro capi.

1Cr 1:38-42; De 2:12, 22
Questi sono i figli di Seir, il Coreo, che abitavano il paese: Lotan, Sobal, Sibeon, Ana. Dison, Eser e Disan. Questi sono i capi dei Corei, figli di Seir, nel paese di Edom. I figli di Lotan furono: Cori e Eman; e la sorella di Lotan fu Timna. Questi sono i figli di Sobal: Alvan, Manaat, Ebal, Sefo e Onam. Questi sono i figli di Sibeon: Aia e Ana. Questo è quell'Ana che trovò le acque calde nel deserto, mentre pascolava gli asini di suo padre Sibeon. Questi sono i figli di Ana: Dison e Oolibama, figlia di Ana. Questi sono i figli di Dison: Chemdan, Esban, Itran e Cheran. Questi sono i figli di Eser: Bilan, Zaavan e Acan. Questi sono i figli di Disan: Us e Aran. Questi sono i capi dei Corei: il capo Lotan, il capo Sobal, il capo Sibeon, il capo Ana, il capo Dison, il capo Eser, il capo Disan. Questi sono i capi dei Corei, i capi che essi ebbero nel paese di Seir.

1Cr 1:43-54
Questi sono i re che regnarono nel paese di Edom, prima che alcun re regnasse sui figli d'Israele: Bela, figlio di Beor, regnò in Edom, e il nome della sua città fu Dinaba. Bela morì e Iobab, figlio di Zerac, di Bosra, regnò al suo posto. Iobab morì e Cusam, del paese dei Temaniti, regnò al suo posto. Cusam morì e Adad, figlio di Bedad, che sconfisse i Madianiti nei campi di Moab, regnò al suo posto. E il nome della sua città fu Avit. Adad morì e Samla di Masreca regnò al suo posto. Samla morì, e Saul di Recobot-Naar regnò al suo posto. Saul morì e Baal-Canan, figlio di Acbor, regnò al suo posto. Baal-Canan, figlio di Acbor, morì e Adad regnò al suo posto. Il nome della sua città fu Pau, e il nome di sua moglie, Meetabeel, figlia di Matred, figlia di Mezaab. Questi sono i nomi dei capi discendenti da Esaù, secondo le loro famiglie, secondo i loro territori, con i loro nomi: il capo Timna, il capo Alva, il capo Ietet, il capo Oolibama, il capo Ela, il capo Pinon, il capo Chenaz, il capo Teman, il capo Mibsar, il capo Magdiel, il capo Iram. Questi sono i capi di Edom secondo i loro insediamenti, nel paese che possedevano. Questo Esaù era il padre degli Edomiti.

CAPITOLO 37

Giuseppe e i suoi fratelli


(1S 18:6-9; Ge 4:3-24) Pr 18:19 (At 7:9; Ge 45:4-8) Gv 7:5
Giacobbe abitò nel paese dove suo padre aveva soggiornato, nel paese di Canaan. Questa è la discendenza di Giacobbe. Giuseppe, all'età di diciassette anni, pascolava il gregge con i suoi fratelli. Egli era giovane e stava con i figli di Bila e con i figli di Zilpa, mogli di suo padre. Giuseppe riferì al loro padre la cattiva fama che circolava sul loro conto. Israele amava Giuseppe più di tutti gli altri suoi figli, perché era il figlio della sua vecchiaia; e gli fece una veste lunga con le maniche. I suoi fratelli vedevano che il loro padre l'amava più di tutti gli altri fratelli; perciò l'odiavano e non potevano parlargli amichevolmente.

I sogni di Giuseppe


Giuseppe fece un sogno e lo raccontò ai suoi fratelli; allora questi lo odiarono più che mai. Egli disse loro: «Ascoltate, vi prego, il sogno che ho fatto. Noi stavamo legando dei covoni in mezzo ai campi, ed ecco che il mio covone si alzò e restò diritto; i vostri covoni si radunarono intorno al mio covone e gli s'inchinarono davanti». Allora i suoi fratelli gli dissero: «Regnerai forse tu su di noi o ci dominerai?» E l'odiarono ancor di più a causa dei suoi sogni e delle sue parole. Egli fece ancora un altro sogno e lo raccontò ai suoi fratelli, dicendo: «Ho fatto un altro sogno! Il sole, la luna e undici stelle si inchinavano davanti a me». Egli lo raccontò a suo padre e ai suoi fratelli; suo padre lo sgridò e gli disse: «Che significa questo sogno che hai fatto? Dovremo dunque io, tua madre e i tuoi fratelli venire a inchinarci fino a terra davanti a te?» I suoi fratelli erano invidiosi di lui, ma suo padre serbava dentro di sé queste parole.

Giuseppe gettato in una cisterna


Or i fratelli di Giuseppe erano andati a pascolare il gregge del padre a Sichem. Israele disse a Giuseppe: «I tuoi fratelli sono al pascolo a Sichem. Vieni, ti manderò da loro». Egli rispose: «Eccomi». Israele gli disse: «Va' a vedere se i tuoi fratelli stanno bene e se tutto procede bene con il gregge; poi torna a dirmelo». Così lo mandò dalla valle di Ebron, e Giuseppe arrivò a Sichem. Mentre andava errando per i campi un uomo lo trovò; e quest'uomo lo interrogò, dicendo: «Che cerchi?» Egli rispose: «Cerco i miei fratelli; ti prego, dimmi dove sono a pascolare il gregge». Quell'uomo gli disse: «Sono partiti di qui, perché li ho uditi che dicevano: "Andiamocene a Dotan"». Giuseppe andò quindi in cerca dei suoi fratelli e li trovò a Dotan. Essi lo videro da lontano e, prima che egli fosse vicino a loro, complottarono per ucciderlo. Dissero l'uno all'altro: «Ecco, il sognatore arriva! Forza, uccidiamolo e gettiamolo in una di queste cisterne; diremo poi che una bestia feroce l'ha divorato e vedremo che ne sarà dei suoi sogni». Ruben udì e lo liberò dalle loro mani dicendo: «Non togliamogli la vita». Poi Ruben aggiunse: «Non spargete sangue; gettatelo in quella cisterna che è nel deserto, ma non lo colpisca la vostra mano». Diceva così per liberarlo dalle loro mani e restituirlo a suo padre. Quando Giuseppe fu giunto presso i suoi fratelli, lo spogliarono della sua veste, della veste lunga con le maniche, che aveva addosso, lo presero e lo gettarono nella cisterna. La cisterna era vuota, non c'era acqua.

Giuseppe venduto a degli Ismaeliti


Poi si sedettero per mangiare e, alzando gli occhi, videro una carovana d'Ismaeliti che veniva da Galaad, con i suoi cammelli carichi di aromi, di balsamo e di mirra, che scendeva in Egitto. Giuda disse ai suoi fratelli: «Che ci guadagneremo a uccidere nostro fratello e a nascondere il suo sangue? Su, vendiamolo agl'Ismaeliti e non lo colpisca la nostra mano, perché è nostro fratello, nostra carne». I suoi fratelli gli diedero ascolto. Come quei mercanti madianiti passavano, essi tirarono su Giuseppe, lo fecero salire dalla cisterna, e lo vendettero per venti sicli d'argento a quegl'Ismaeliti. Questi condussero Giuseppe in Egitto.

Pr 28:13; Gr 31:15-17; Ge 45:28
Ruben tornò alla cisterna; ed ecco, Giuseppe non era più nella cisterna. Allora egli si stracciò le vesti, tornò dai suoi fratelli e disse: «Il ragazzo non c'è più, e io, dove andrò?» Essi presero la veste di Giuseppe, scannarono un becco e intinsero la veste nel sangue. Poi mandarono uno a portare al padre loro la veste lunga con le maniche e gli fecero dire: «Abbiamo trovato questa veste; vedi tu se è quella di tuo figlio, o no». Egli la riconobbe e disse: «È la veste di mio figlio. Una bestia feroce l'ha divorato; certamente Giuseppe è stato sbranato». Allora Giacobbe si stracciò le vesti, si vestì di sacco, e fece cordoglio di suo figlio per molti giorni. Tutti i suoi figli e tutte le sue figlie vennero a consolarlo; ma egli rifiutò di essere consolato, e disse: «Io scenderò con cordoglio da mio figlio, nel soggiorno dei morti». E suo padre lo pianse. Intanto quei Madianiti vendettero Giuseppe in Egitto a Potifar, ufficiale del faraone, capitano delle guardie.

CAPITOLO 38

Giuda e Tamar


1Cr 2:3; De 25:5-10
In quel tempo Giuda si separò dai suoi fratelli e andò a stare da un uomo di Adullam, di nome Chira. Là Giuda vide la figlia di un Cananeo di nome Sua; se la prese e si unì a lei. Ella concepì e partorì un figlio, che egli chiamò Er. Poi ella concepì di nuovo e partorì un figlio, che chiamò Onan. Partorì ancora un figlio e lo chiamò Sela. Giuda era a Chezib, quando ella lo partorì. Giuda prese per Er, suo primogenito, una moglie che si chiamava Tamar. Ma Er, primogenito di Giuda, era perverso agli occhi del SIGNORE; e il SIGNORE lo fece morire. Allora Giuda disse a Onan: «Va' dalla moglie di tuo fratello, prenditela in moglie come cognato e suscita una discendenza a tuo fratello». Onan, sapendo che quei discendenti non sarebbero stati suoi, quando si accostava alla moglie di suo fratello, faceva in modo d'impedire il concepimento, per non dare discendenti al fratello. Ciò che egli faceva dispiacque al SIGNORE, il quale fece morire anche lui. Allora Giuda disse a Tamar sua nuora: «Rimani vedova in casa di tuo padre, finché Sela, mio figlio, sia cresciuto». Perché diceva: «Badiamo che anche egli non muoia come i suoi fratelli». E Tamar se ne andò e abitò in casa di suo padre.

1Cr 2:4-15; Ru 4
Passarono molti giorni e la figlia di Sua, moglie di Giuda, morì; e, dopo che Giuda si fu consolato, salì da quelli che tosavano le sue pecore a Timna: c'era con lui il suo amico Chira, l'Adullamita. Tamar ne fu informata. Le dissero: «Ecco, tuo suocero sale a Timna a tosare le sue pecore». Allora ella si tolse le vesti da vedova, si coprì d'un velo, se ne avvolse tutta e si mise seduta alla porta di Enaim che è sulla via di Timna; infatti, aveva visto che Sela era cresciuto, e tuttavia lei non gli era stata data in moglie. Come Giuda la vide, la prese per una prostituta, perché ella aveva il viso coperto. Avvicinatosi a lei sulla via, le disse: «Lasciami venire da te!» Infatti non sapeva che quella fosse sua nuora. Lei rispose: «Che mi darai per venire da me?» Egli le disse: «Ti manderò un capretto del mio gregge». E lei: «Mi darai un pegno finché tu me lo abbia mandato?» Ed egli: «Che pegno ti darò?» L'altra rispose: «Il tuo sigillo, il tuo cordone e il bastone che hai in mano». Egli glieli diede, andò da lei ed ella rimase incinta di lui. Allora Tamar si alzò e se ne andò; si tolse il velo e si rimise le vesti da vedova. Giuda mandò il capretto per mezzo del suo amico, l'Adullamita, al fine di ritirare il pegno dalle mani di quella donna, ma egli non la trovò. Interrogò la gente del luogo, dicendo: «Dov'è quella prostituta che stava a Enaim, sulla via?» Quelli risposero: «Qui non c'è stata nessuna prostituta». Egli se ne tornò da Giuda e gli disse: «Non l'ho trovata e, per di più, la gente del luogo mi ha detto: "Qui non c'è stata nessuna prostituta"». Giuda disse: «Si tenga pure il pegno, e non esponiamoci agli scherni! Ecco, io ho mandato questo capretto e tu non l'hai trovata». Circa tre mesi dopo, vennero a dire a Giuda: «Tamar, tua nuora, si è prostituita e, per di più, eccola incinta in seguito alla sua prostituzione». Giuda disse: «Portatela fuori e sia bruciata!» Mentre la portavano fuori, mandò a dire al suo suocero: «Sono incinta dell'uomo al quale appartengono queste cose». E disse: «Riconosci, ti prego, di chi siano questo sigillo, questi cordoni e questo bastone». Giuda li riconobbe e disse: «È più giusta di me, perché non l'ho data a mio figlio Sela». Ed egli non ebbe più relazioni con lei. Quando venne il tempo in cui doveva partorire, ecco che Tamar aveva in grembo due gemelli. Mentre partoriva, l'uno di essi mise fuori una mano e la levatrice la prese e vi legò un filo scarlatto, dicendo: «Questo qui esce per primo». Ma egli ritirò la mano, ed uscì suo fratello. Allora la levatrice disse: «Perché ti sei fatta questa breccia?» Per questo motivo gli fu messo nome Perez. Poi uscì suo fratello, che aveva alla mano il filo scarlatto; e fu chiamato Zerac.

CAPITOLO 39

Giuseppe in Egitto


1S 18:14; Sl 1:1-3
Giuseppe fu portato in Egitto; e Potifar, ufficiale del faraone, capitano delle guardie, un Egiziano, lo comprò da quegli Ismaeliti che ce l'avevano condotto. Il SIGNORE era con Giuseppe: a lui riusciva bene ogni cosa e stava in casa del suo padrone egiziano. Il suo padrone vide che il SIGNORE era con lui e che il SIGNORE gli faceva prosperare nelle mani tutto ciò che intraprendeva. Giuseppe trovò grazia agli occhi di lui e si occupava del servizio personale di Potifar, il quale lo fece maggiordomo della sua casa e gli affidò l'amministrazione di tutto quello che possedeva. Dal momento che l'ebbe fatto maggiordomo della sua casa e gli ebbe affidato tutto quello che possedeva, il SIGNORE benedisse la casa dell'Egiziano per amore di Giuseppe; la benedizione del SIGNORE si posò su tutto ciò che egli possedeva, in casa e in campagna. Potifar lasciò tutto quello che aveva nelle mani di Giuseppe; non s'occupava più di nulla, tranne del cibo che mangiava. Giuseppe era avvenente e di bell'aspetto.

Giuseppe in prigione


Ec 7:26; Pr 6:20, ecc.; Gb 31:1-2; Gm 1:12
Dopo queste cose, la moglie del padrone di Giuseppe gli mise gli occhi addosso e gli disse: «Unisciti a me!» Ma egli rifiutò e disse alla moglie del suo padrone: «Ecco, il mio padrone non mi chiede conto di quanto è nella casa e mi ha affidato tutto quello che ha. In questa casa, egli stesso non è più grande di me e nulla mi ha vietato, se non te, perché sei sua moglie. Come dunque potrei fare questo gran male e peccare contro Dio?» Benché lei gliene parlasse ogni giorno, Giuseppe non acconsentì a unirsi né a stare con lei. Un giorno egli entrò in casa per fare il suo lavoro; lì non c'era nessuno della gente di casa; allora lei lo afferrò per la veste e gli disse: «Unisciti a me!» Ma egli le lasciò in mano la veste e fuggì. Quando lei vide che egli le aveva lasciato la veste in mano e che era fuggito, chiamò la gente di casa sua e disse: «Vedete, ci ha portato un Ebreo perché questi si prendesse giuoco di noi; egli è venuto da me per unirsi a me, ma io ho gridato a gran voce. E com'egli ha udito che io alzavo la voce e gridavo, mi ha lasciato qui la sua veste ed è fuggito». E si tenne accanto la veste di lui finché il suo padrone non tornò a casa. Allora gli parlò in questa maniera: «Quel servo ebreo che hai condotto in casa è venuto da me per prendersi giuoco di me». Ma appena io ho alzato la voce e ho gridato, egli mi ha lasciato qui la sua veste ed è fuggito. Quando il padrone di Giuseppe udì le parole di sua moglie che gli diceva: «Il tuo servo mi ha fatto questo!» si accese d'ira. Il padrone di Giuseppe lo prese e lo mise nella prigione, nel luogo dove si tenevano chiusi i carcerati del re. Egli era dunque là in quella prigione.

Sl 105:18-19; 1P 2:19-20
E il SIGNORE fu con Giuseppe, gli mostrò il suo favore e gli fece trovar grazia agli occhi del governatore della prigione. Così il governatore della prigione affidò alla sorveglianza di Giuseppe tutti i detenuti che erano nel carcere; e nulla si faceva senza di lui. Il governatore della prigione non rivedeva niente di quello che era affidato a lui, perché il SIGNORE era con lui, e il SIGNORE faceva prosperare tutto quello che egli intraprendeva.


CAPITOLO 40

Giuseppe in prigione


Ge 39:20-23; 41:1-32; Gc 7:13-14
Dopo queste cose, il coppiere e il panettiere del re d'Egitto offesero il loro signore, il re d'Egitto. Il faraone s'indignò contro i suoi due ufficiali, contro il capo dei coppieri e il capo dei panettieri; e li fece mettere in carcere nella casa del capo delle guardie, nella stessa prigione dove Giuseppe stava rinchiuso. Il capitano delle guardie li affidò alla sorveglianza di Giuseppe, il quale li serviva. Essi rimasero in prigione per un certo tempo. In una medesima notte, il coppiere e il panettiere del re d'Egitto, che erano rinchiusi nella prigione, ebbero tutti e due un sogno, un sogno per uno, e ciascun sogno aveva il suo significato particolare. Giuseppe, venuto la mattina da loro, li guardò e li vide tutti turbati. Interrogò allora gli ufficiali del faraone che erano con lui in prigione nella casa del suo padrone, e disse: «Perché oggi avete il viso così triste?» Quelli gli risposero: «Abbiamo fatto un sogno e non c'è nessuno che ce lo interpreti». Giuseppe disse loro: «Le interpretazioni non appartengono a Dio? Raccontatemi i sogni, vi prego». Allora il capo dei coppieri raccontò il suo sogno a Giuseppe e gli disse: «Nel mio sogno, mi stava davanti una vite; in quella vite c'erano tre tralci; mi pareva che essa germogliasse, poi fiorisse, e desse infine dei grappoli d'uva matura. Io avevo in mano la coppa del faraone; presi l'uva, la spremetti nella coppa del faraone e diedi la coppa in mano al faraone». Giuseppe gli disse: «Questa è l'interpretazione del sogno: i tre tralci sono tre giorni; fra tre giorni il faraone ti farà rialzare il capo, ti ristabilirà nel tuo incarico e tu darai in mano al faraone la sua coppa, come facevi prima, quando eri suo coppiere. Ma ricordati di me, quando sarai felice, e sii buono verso di me, ti prego; parla di me al faraone e fammi uscire da questa casa, perché io fui portato via di nascosto dal paese degli Ebrei e anche qui non ho fatto nulla per essere messo in questo sotterraneo». Il capo dei panettieri, vedendo che l'interpretazione era favorevole, disse a Giuseppe: «Anch'io! Nel mio sogno avevo tre canestri di pane bianco sul capo; nel canestro più alto c'era per il faraone ogni sorta di vivande cotte al forno; e gli uccelli le mangiavano dentro al canestro sul mio capo». Giuseppe rispose e disse: «Questa è l'interpretazione del sogno: i tre canestri sono tre giorni. Ancora tre giorni e il faraone alzerà la tua testa, ti farà impiccare a un albero e gli uccelli mangeranno la tua carne addosso a te». Il terzo giorno, che era il compleanno del faraone, egli fece un banchetto per tutti i suoi servitori e alzò la testa al capo dei coppieri e la testa al capo dei panettieri in mezzo ai suoi servitori: ristabilì il capo dei coppieri nel suo ufficio di coppiere, perché mettesse la coppa in mano al faraone, ma fece impiccare il capo dei panettieri, secondo l'interpretazione che Giuseppe aveva loro data. Il gran coppiere però non si ricordò di Giuseppe e lo dimenticò.

CAPITOLO 41

Giuseppe davanti al faraone


Ge 40; Da 2; 4; La 3:26
Alla fine di due anni interi, il faraone fece un sogno. Egli stava presso il Fiume; e dal Fiume ecco salire sette vacche, di bell'aspetto e grasse, che si misero a pascolare nella giuncaia. Dopo quelle, ecco salire dal Fiume altre sette vacche di brutto aspetto e scarne, che si fermarono accanto alle prime, sulla riva del Fiume. Le vacche di brutto aspetto e scarne divorarono le sette vacche di bell'aspetto e grasse. E il faraone si svegliò. Poi si riaddormentò e sognò di nuovo: ecco sette spighe, grosse e belle, venir su da un unico stelo. Poi, ecco germogliare sette spighe sottili e arse dal vento orientale che germogliavano dopo quelle altre. Le spighe sottili inghiottirono le sette spighe grosse e piene. E il faraone si svegliò: era un sogno. La mattina, lo spirito del faraone fu turbato; egli mandò a chiamare tutti i maghi e tutti i savi d'Egitto e raccontò loro i suoi sogni, ma non ci fu nessuno che li potesse interpretare al faraone. Allora il capo dei coppieri parlò al faraone, dicendo: «Ricordo oggi le mie colpe. Il faraone si era sdegnato contro i suoi servitori e mi aveva fatto mettere in prigione, nella casa del capo delle guardie: me e il capo dei panettieri. L'uno e l'altro facemmo un sogno nella stessa notte: facemmo ciascuno un sogno con un significato particolare. Lì con noi c'era un giovane ebreo, servo del capo delle guardie; a lui raccontammo i nostri sogni ed egli ce li interpretò, dando a ciascuno l'interpretazione del suo sogno. E le cose avvennero secondo l'interpretazione che egli ci aveva data: il faraone ristabilì me nel mio incarico e l'altro lo fece impiccare». Allora il faraone mandò a chiamare Giuseppe. Lo fecero subito uscire dalla prigione sotterranea. Egli si rase, si cambiò il vestito e andò dal faraone. Il faraone disse a Giuseppe: «Ho fatto un sogno e non c'è chi lo possa interpretare. Ho udito dire di te che, quando ti raccontano un sogno, tu lo puoi interpretare». Giuseppe rispose al faraone dicendo: «Non sono io, ma sarà Dio che darà al faraone una risposta favorevole». Allora il faraone disse a Giuseppe: «Nel mio sogno io stavo sulla riva del Fiume; quand'ecco salire dal Fiume sette vacche grasse e di bell'aspetto e che si misero a pascolare nella giuncaia. Dopo quelle, ecco salire altre sette vacche, magre, di bruttissimo aspetto e scarne: tali, che non ne vidi mai di così brutte in tutto il paese d'Egitto. Le vacche magre e brutte divorarono le prime sette vacche grasse; e queste entrarono loro in corpo e non si riconobbe che vi erano entrate; erano di brutto aspetto come prima. E mi svegliai. Poi vidi ancora nel mio sogno sette spighe venire su da un unico stelo, piene e belle; ed ecco germogliare altre sette spighe, vuote, sottili e arse dal vento orientale, dopo quelle altre. Le spighe sottili inghiottirono le sette spighe belle. Io ho raccontato questo ai maghi, ma non c'è stato nessuno che abbia saputo spiegarmelo». Allora Giuseppe disse al faraone: «Ciò che il faraone ha sognato è una stessa cosa. Dio ha indicato al faraone quello che sta per fare. Le sette vacche belle sono sette anni e le sette spighe belle sono sette anni; è uno stesso sogno. Le sette vacche magre e brutte che salivano dopo quelle altre, sono sette anni; come pure le sette spighe vuote e arse dal vento orientale saranno sette anni di carestia. Questo è quello che ho detto al faraone: Dio ha mostrato al faraone quello che sta per fare. Ecco, stanno per venire sette anni di grande abbondanza in tutto il paese d'Egitto. Dopo verranno sette anni di carestia; tutta quell'abbondanza sarà dimenticata nel paese d'Egitto e la carestia consumerà il paese. Uno non conoscerà più di quell'abbondanza nel paese, a causa della carestia che seguirà, perché questa sarà molto dura. Il fatto che il sogno si sia ripetuto due volte al faraone vuol dire che la cosa è decretata da Dio e che Dio l'eseguirà presto. Or dunque il faraone si provveda di un uomo intelligente e saggio, e lo stabilisca sul paese d'Egitto. Il faraone faccia così: costituisca dei commissari sul paese per prelevare il quinto delle raccolte del paese d'Egitto durante i sette anni d'abbondanza. Essi raccolgano tutti i viveri di queste sette annate buone che stanno per venire e ammassino il grano a disposizione del faraone per l'approvvigionamento delle città, e lo conservino. Questi viveri saranno una riserva per il paese, in vista dei sette anni di carestia che verranno nella terra d'Egitto; così il paese non perirà per la carestia».

Giuseppe fatto vicerè d'Egitto


(Sl 105:17-22; 113:7-8; At 7:9-10; Ge 45:4-8) Fl 2:9-11
La cosa piacque al faraone e a tutti i suoi servitori. Il faraone disse ai suoi servitori: «Potremmo forse trovare un uomo pari a questo, in cui sia lo spirito di Dio?» Così il faraone disse a Giuseppe: «Poiché Dio ti ha fatto conoscere tutto questo, non c'è nessuno che sia intelligente e savio quanto te. Tu avrai autorità su tutta la mia casa e tutto il popolo ubbidirà ai tuoi ordini; per il trono soltanto io sarò più grande di te». Il faraone disse ancora a Giuseppe: «Vedi, io ti do potere su tutto il paese d'Egitto». Poi il faraone si tolse l'anello dal dito e lo mise al dito di Giuseppe; lo fece vestire di abiti di lino fino e gli mise al collo una collana d'oro. Lo fece salire sul suo secondo carro e davanti a lui si gridava: «In ginocchio!» Così il faraone gli diede autorità su tutto il paese d'Egitto. Il faraone disse a Giuseppe: «Io sono il faraone! Ma senza tuo ordine, nessuno alzerà la mano o il piede in tutto il paese d'Egitto». Il faraone chiamò Giuseppe Safnat-Paneac e gli diede per moglie Asenat, figlia di Potifera, sacerdote di On. Giuseppe partì per visitare il paese d'Egitto. Giuseppe aveva trent'anni quando si presentò davanti al faraone, re d'Egitto. Giuseppe uscì dalla presenza del faraone e percorse tutto il paese d'Egitto. Durante i sette anni di abbondanza la terra produsse a profusione; Giuseppe raccolse tutti i viveri che furono prodotti nel paese d'Egitto in quei sette anni e li immagazzinò nelle città; immagazzinò in ogni città i viveri del territorio circostante. Così Giuseppe ammassò grano come la sabbia del mare: in così gran quantità, che si smise di contarlo, perché era incalcolabile.

Nascita di Manasse e d'Efraim


Ge 48; 47:13-26
Prima che venisse il primo anno della carestia, nacquero a Giuseppe due figli, che Asenat, figlia di Potifera, sacerdote di On, gli partorì. Giuseppe chiamò il primogenito Manasse, perché disse: «Dio mi ha fatto dimenticare ogni mio affanno e tutta la casa di mio padre». Il secondo lo chiamò Efraim, perché, disse: «Dio mi ha reso fecondo nel paese della mia afflizione». I sette anni d'abbondanza che c'erano stati nel paese d'Egitto finirono e cominciarono a venire i sette anni di carestia, come Giuseppe aveva detto. Ci fu carestia in tutti i paesi, ma in tutto il paese d'Egitto c'era del pane. Poi la carestia si estese a tutto il paese d'Egitto e il popolo gridò al faraone per avere del pane. Il faraone disse a tutti gli Egiziani: «Andate da Giuseppe e fate quello che vi dirà». La carestia era su tutta la superficie del paese e Giuseppe aprì tutti i depositi e vendette grano agli Egiziani. La carestia s'aggravò nel paese d'Egitto. Da tutti i paesi venivano in Egitto, da Giuseppe, per comprare grano, perché la carestia era grave su tutta la terra.

CAPITOLO 42

I fratelli di Giuseppe in Egitto


Ge 41:54-57; At 7:11-12
Giacobbe seppe che c'era grano in Egitto; allora disse ai suoi figli: «Perché state a guardarvi l'un l'altro?» Poi disse: «Ecco, ho sentito dire che c'è grano in Egitto; scendete là a comprarne, così vivremo e non moriremo». Così dieci dei fratelli di Giuseppe scesero in Egitto per comprarvi il grano. Ma Giacobbe non mandò con loro Beniamino, il fratello di Giuseppe, perché diceva: «Che non gli succeda qualche disgrazia!» I figli d'Israele giunsero per comprare grano in mezzo agli altri che erano venuti; perché nel paese di Canaan c'era la carestia.

Ge 37:5-30; Gb 36:8-10
Or Giuseppe era colui che comandava nel paese; era lui che vendeva il grano a tutta la gente del paese; i fratelli di Giuseppe vennero e si inchinarono davanti a lui con la faccia a terra. Giuseppe vide i suoi fratelli e li riconobbe, ma si comportò come un estraneo davanti a loro e parlò loro aspramente dicendo: «Da dove venite?» Essi risposero: «Dal paese di Canaan per comprare dei viveri». Giuseppe riconobbe i suoi fratelli, ma essi non riconobbero lui. Giuseppe si ricordò dei sogni che aveva avuto riguardo a loro e disse: «Voi siete delle spie! Siete venuti per vedere i luoghi indifesi del paese!» Ed essi a lui: «No, mio signore, i tuoi servi sono venuti a comprare dei viveri. Siamo tutti figli di uno stesso uomo. Siamo gente sincera. I tuoi servi non sono delle spie». Ma egli disse: «No, siete venuti per vedere i luoghi indifesi del paese!» Quelli risposero: «Noi, tuoi servi, siamo dodici fratelli, figli di uno stesso uomo, del paese di Canaan. Ecco, il più giovane è oggi con nostro padre, e uno non è più». E Giuseppe disse loro: «La cosa è come v'ho detto; siete delle spie! Ecco come sarete messi alla prova: per la vita del faraone, non uscirete di qui fin tanto che non sarà arrivato il vostro fratello più giovane. Mandate uno di voi a prendere vostro fratello e voi resterete qui in carcere, perché le vostre parole siano messe alla prova e si veda se c'è del vero in voi; se no, per la vita del faraone, siete delle spie!» E li mise assieme in prigione per tre giorni. Il terzo giorno, Giuseppe disse loro: «Fate questo e vivrete; io temo Dio! Se siete gente sincera, uno di voi fratelli resti qui incatenato nella vostra prigione; e voi andate, portate il grano necessario alle vostre famiglie. Poi conducetemi il vostro fratello più giovane; così le vostre parole saranno verificate e voi non morirete». Ed essi fecero così. Allora si dicevano l'uno all'altro: «Sì, noi fummo colpevoli verso nostro fratello, giacché vedemmo la sua angoscia quando egli ci supplicava, ma non gli demmo ascolto! Ecco perché ci viene addosso quest'angoscia». Ruben rispose loro: «Non ve lo dicevo io: "Non commettete questo peccato contro il ragazzo?" Ma voi non voleste darmi ascolto. Perciò, ecco, il suo sangue ci è ridomandato». Ora essi non sapevano che Giuseppe li capiva, perché tra lui e loro c'era un interprete. Ed egli si allontanò da loro, e pianse. Poi tornò, parlò con quelli e prese tra di loro Simeone, che fece incatenare sotto i loro occhi.

Ro 12:17-20; Sl 53:6; Ge 37:31-35
Poi Giuseppe ordinò che si riempissero di grano i loro sacchi, che si rimettesse il denaro di ciascuno nel suo sacco e che si dessero loro delle provviste per il viaggio. E così fu fatto. Essi caricarono il loro grano sui loro asini e partirono. Or uno di essi aprì il suo sacco per dare del foraggio al suo asino, nel luogo dove pernottavano, e vide il suo denaro alla bocca del sacco; egli disse ai suoi fratelli: «Il mio denaro mi è stato restituito, eccolo qui nel mio sacco». Allora si sentirono mancare il cuore e, tremando, dicevano l'uno all'altro: «Che cos'è mai questo che Dio ci ha fatto?» E giunsero da Giacobbe, loro padre, nel paese di Canaan e gli raccontarono tutto quello che era loro accaduto, dicendo: «L'uomo che è il signore del paese ci ha parlato aspramente e ci ha trattati come spie del paese. Noi gli abbiamo detto: "Siamo gente sincera; non siamo delle spie; siamo dodici fratelli, figli di nostro padre; uno non è più, e il più giovane è oggi con nostro padre nel paese di Canaan". Quell'uomo, signore del paese, ci ha detto: "Da questo saprò se siete gente sincera: lasciate presso di me uno dei vostri fratelli, prendete quello che vi occorre per le vostre famiglie, partite e portatemi vostro fratello più giovane. Allora conoscerò che non siete delle spie, ma gente sincera: io vi renderò vostro fratello e voi potrete trafficare nel paese"». Mentre essi vuotavano i loro sacchi, ecco che in ciascun sacco c'era il sacchetto con il denaro; essi e il padre loro videro i sacchetti con il loro denaro e furono presi da paura. Giacobbe, loro padre, disse: «Voi mi avete privato dei miei figli! Giuseppe non è più, Simeone non è più, e mi volete togliere anche Beniamino! Tutte queste cose pesano su di me!» Ruben disse a suo padre: «Se non te lo riconduco, fa' morire i miei due figli! Affidalo a me, io te lo ricondurrò». Giacobbe rispose: «Mio figlio non scenderà con voi; perché suo fratello è morto, e questo solo è rimasto: se gli succedesse qualche disgrazia durante il vostro viaggio, fareste scendere con tristezza i miei capelli bianchi nel soggiorno dei morti».

CAPITOLO 43

Secondo viaggio dei fratelli di Giuseppe in Egitto


Ge 42:29-38; 44:24-34; cfr. 37:26-28
Or la carestia era grave nel paese. Quando ebbero finito di mangiare il grano che avevano portato dall'Egitto, il padre disse loro: «Tornate a comprare un po' di viveri». E Giuda rispose: «Quell'uomo ce lo dichiarò categoricamente: "Non vedrete la mia faccia, se vostro fratello non sarà con voi". Se tu mandi nostro fratello con noi, scenderemo e ti compreremo dei viveri; ma se non lo mandi, non scenderemo, perché quell'uomo ci ha detto: "Non vedrete la mia faccia, se vostro fratello non sarà con voi"». Israele disse: «Perché mi avete fatto questo torto di dire a quell'uomo che avevate ancora un fratello?» Quelli risposero: «Quell'uomo c'interrogò minuziosamente intorno a noi e al nostro parentado, dicendo: "Vostro padre vive ancora? Avete qualche altro fratello?" Noi gli rispondemmo secondo le sue domande. Non potevamo sapere che ci avrebbe detto: "Fate venire vostro fratello!"» Giuda disse a suo padre Israele: «Lascia venire il ragazzo con me; ci leveremo e andremo, così vivremo e non moriremo: né noi, né tu, né i nostri piccini. Io mi rendo garante di lui. Ridomandane conto alla mia mano. Se non te lo riconduco e non te lo rimetto davanti, io sarò per sempre colpevole verso di te. Se non avessimo indugiato, a quest'ora saremmo già tornati due volte». Allora Israele, loro padre, disse loro: «Se così è, fate questo: prendete nei vostri sacchi le cose più squisite di questo paese e portate a quell'uomo un dono: un po' di balsamo, un po' di miele, degli aromi e della mirra, dei pistacchi e delle mandorle. Prendete con voi il doppio del denaro, e riportate il denaro che fu rimesso alla bocca dei vostri sacchi; forse fu un errore. Prendete anche vostro fratello e andate, tornate da quell'uomo. Dio onnipotente vi faccia trovar grazia davanti a quell'uomo, così che egli vi rilasci l'altro vostro fratello e Beniamino. Se devo essere privato dei miei figli, che io lo sia!»

Ro 12:19-21; 1Te 5:15
Quelli presero dunque questo dono, presero con sé il doppio del denaro e Beniamino, e partirono; scesero in Egitto e si presentarono davanti a Giuseppe. Come Giuseppe vide Beniamino con loro, disse al suo maggiordomo: «Conduci questi uomini in casa, macella e prepara tutto, perché questi uomini mangeranno con me a mezzogiorno». L'uomo fece come Giuseppe aveva ordinato e li condusse in casa di Giuseppe. E quelli ebbero paura, perché venivano condotti in casa di Giuseppe, e dissero: «Siamo portati qui a motivo di quel denaro che ci fu rimesso nei sacchi la prima volta; egli vuole darci addosso, piombare su di noi e prenderci come schiavi, con i nostri asini». Avvicinatisi al maggiordomo di Giuseppe, gli parlarono sulla porta della casa e dissero: «Scusa, signor mio! Noi scendemmo già una prima volta a comprare dei viveri, e avvenne che, quando fummo giunti al luogo dove pernottammo, aprimmo i sacchi, ed ecco il denaro di ciascuno di noi era alla bocca del suo sacco: il nostro denaro del peso esatto; e l'abbiamo riportato con noi. Ma abbiamo portato con noi altro denaro per comprare dei viveri. Non sappiamo chi abbia messo il nostro denaro nei nostri sacchi». Egli disse: «Datevi pace, non temete; il vostro Dio e il Dio di vostro padre ha messo un tesoro nei vostri sacchi. Io ho avuto il vostro denaro». E, fatto uscire Simeone, lo condusse da loro. Quell'uomo li fece entrare in casa di Giuseppe, diede loro dell'acqua, ed essi si lavarono i piedi; ed egli diede del foraggio ai loro asini. Poi essi prepararono il dono, aspettando che Giuseppe venisse a mezzogiorno; perché avevano sentito che sarebbero rimasti lì a mangiare. Quando Giuseppe venne a casa, quelli gli porsero il dono, che avevano portato con sé nella casa, e s'inchinarono fino a terra davanti a lui. Egli domandò loro come stavano e disse: «Vostro padre, il vecchio di cui mi parlaste, sta bene? Vive ancora?» Quelli risposero: «Nostro padre tuo servo sta bene, vive ancora». Poi s'inchinarono e gli fecero riverenza. Giuseppe alzò gli occhi, vide Beniamino suo fratello, figlio di sua madre, e disse: «È questo il vostro fratello più giovane di cui mi avete parlato?» Poi disse a lui: «Dio ti sia propizio, figlio mio!» E Giuseppe s'affrettò a uscire, perché si era commosso nell'intimo per suo fratello; cercava un luogo dove piangere; entrò nella sua camera e pianse. Poi si lavò la faccia e uscì, si fece forza e disse: «Portate il pranzo». Fu dunque portato il cibo per lui a parte, per loro a parte e per gli Egiziani che mangiavano con loro a parte; perché gli Egiziani non possono mangiare con gli Ebrei; per gli Egiziani è cosa abominevole. Ma essi sedevano di fronte a lui, dal primogenito, secondo il suo diritto di primogenitura, fino al più giovane secondo la sua età; e si guardavano l'un l'altro stupiti. Giuseppe fece loro portare delle vivande che aveva davanti a sé; ma la porzione di Beniamino era cinque volte maggiore di quella d'ogni altro di loro. Bevvero e stettero allegri con lui.

CAPITOLO 44

Giuseppe mette alla prova i suoi fratelli


De 8:2, 16
Giuseppe diede quest'ordine al suo maggiordomo: «Riempi i sacchi di questi uomini di tanti viveri quanti ne possono portare e metti il denaro di ciascuno di loro alla bocca del suo sacco. Metti la mia coppa, la coppa d'argento, alla bocca del sacco del più giovane, assieme al denaro del suo grano». Ed egli fece come Giuseppe aveva detto. La mattina, appena fu giorno, quegli uomini furono fatti partire con i loro asini. Quando furono usciti dalla città e non erano ancora lontani, Giuseppe disse al suo maggiordomo: «Parti, vai dietro a quegli uomini e quando li avrai raggiunti dirai loro: "Perché avete reso male per bene? Non è quella la coppa dalla quale il mio signore beve e di cui si serve per trarre presagi? Avete fatto male a fare questo!"» Egli li raggiunse e disse loro quelle parole. Essi gli risposero: «Perché il mio signore ci rivolge parole come queste? Dio preservi i tuoi servi dal fare una cosa simile. Ecco noi ti abbiamo riportato dal paese di Canaan il denaro che avevamo trovato alla bocca dei nostri sacchi; come dunque avremmo rubato dell'argento o dell'oro dalla casa del tuo signore? Quello dei tuoi servi presso il quale si troverà la coppa sia messo a morte e noi pure saremo schiavi del tuo signore!» Ed egli disse: «Ebbene, sia fatto come dite: colui presso il quale essa sarà trovata, sarà mio schiavo e voi sarete innocenti». In tutta fretta, ognuno di loro scaricò a terra il proprio sacco, e ciascuno aprì il suo. Il maggiordomo li frugò, cominciando da quello del maggiore, per finire con quello del più giovane; la coppa fu trovata nel sacco di Beniamino. Allora quelli si stracciarono le vesti, ognuno ricaricò il suo asino e tornarono alla città. Giuda e i suoi fratelli arrivarono alla casa di Giuseppe, il quale era ancora lì; si gettarono con la faccia a terra davanti a lui. Giuseppe disse loro: «Che azione è questa che avete fatto? Non lo sapete che un uomo come me ha il potere di indovinare?» Giuda rispose: «Che diremo al mio signore? Quali parole useremo? O come ci giustificheremo? Dio ha trovato l'iniquità dei tuoi servi. Ecco, siamo schiavi del mio signore: tanto noi, quanto colui in mano del quale è stata trovata la coppa». Ma Giuseppe disse: «Dio mi guardi dal far questo! L'uomo nella cui mano è stata trovata la coppa, lui sarà mio schiavo; quanto a voi, tornate in pace da vostro padre».

Ge 42:29-38; 43:1-14
Allora Giuda si avvicinò a Giuseppe e disse: «Mio signore, permetti al tuo servo di fare udire una parola al mio signore. La tua ira non si accenda contro il tuo servo, poiché tu sei come il faraone. Il mio signore interrogò i suoi servi, dicendo: "Avete un padre o un fratello?" Noi rispondemmo al mio signore: "Abbiamo un padre che è vecchio, con un giovane figlio, natogli nella vecchiaia; il fratello di questi è morto, è rimasto lui soltanto dei figli di sua madre, e suo padre lo ama". Allora tu dicesti ai tuoi servi: "Fatelo scendere da me perché io lo veda con i miei occhi". Noi dicemmo al mio signore: "Il ragazzo non può lasciare suo padre perché, se lo lasciasse, suo padre morirebbe". Tu dicesti ai tuoi servi: "Se il vostro fratello più giovane non scende con voi, voi non vedrete più la mia faccia". Come fummo risaliti da mio padre, tuo servo, gli riferimmo le parole del mio signore. Poi nostro padre disse: "Tornate a comprare un po' di viveri". E noi rispondemmo: "Non possiamo scendere laggiù; se il nostro fratello più giovane verrà con noi, scenderemo; perché non possiamo vedere la faccia di quell'uomo, se il nostro fratello più giovane non è con noi". Mio padre, tuo servo, ci rispose: "Voi sapete che mia moglie mi partorì due figli; uno di questi partì da me, e io dissi: «Certamente, egli è stato sbranato»; e non l'ho più visto da allora; se mi togliete anche questo, se gli capita qualche disgrazia, voi farete scendere con tristezza i miei capelli bianchi nel soggiorno dei morti". Or dunque, quando giungerò da mio padre, tuo servo, se il ragazzo, alla vita del quale la sua è legata, non è con noi, avverrà che, come avrà visto che il ragazzo non c'è, egli morirà e i tuoi servi avranno fatto scendere con tristezza i capelli bianchi del tuo servo, nostro padre, nel soggiorno dei morti. Siccome il tuo servo si è reso garante del ragazzo presso mio padre e gli ha detto: "Se non te lo riconduco, sarò per sempre colpevole verso mio padre", ti prego, permetti ora che il tuo servo rimanga schiavo del mio signore invece del ragazzo e che il ragazzo se ne torni con i suoi fratelli. Altrimenti, come farei a risalire da mio padre senza avere il ragazzo con me? Ah, che io non veda il dolore che ne verrebbe a mio padre».

CAPITOLO 45

Giuseppe riconosciuto dai fratelli


(Ge 44:33-34; At 7:13) Ef 4:32-5:2
Allora Giuseppe non potè più contenersi davanti a tutto il suo seguito e gridò: «Fate uscire tutti dalla mia presenza!» Nessuno rimase con Giuseppe quando egli si fece riconoscere dai suoi fratelli. Alzò la voce piangendo; gli Egiziani lo udirono e l'udì la casa del faraone. Giuseppe disse ai suoi fratelli: «Io sono Giuseppe; mio padre vive ancora?» Ma i suoi fratelli non gli potevano rispondere, perché erano atterriti dalla sua presenza. Giuseppe disse ai suoi fratelli: «Vi prego, avvicinatevi a me!» Quelli s'avvicinarono ed egli disse: «Io sono Giuseppe, vostro fratello, che voi vendeste perché fosse portato in Egitto. Ma ora non vi rattristate, né vi dispiaccia di avermi venduto perché io fossi portato qui; poiché Dio mi ha mandato qui prima di voi per conservarvi in vita. Infatti, sono due anni che la carestia è nel paese e ce ne saranno altri cinque, durante i quali non ci sarà raccolto né mietitura. Ma Dio mi ha mandato qui prima di voi, perché sia conservato di voi un residuo sulla terra e per salvare la vita a molti scampati. Non siete dunque voi che mi avete mandato qui, ma è Dio. Egli mi ha stabilito come padre del faraone, signore di tutta la sua casa e governatore di tutto il paese d'Egitto. Affrettatevi a risalire da mio padre e ditegli: "Così dice tuo figlio Giuseppe: Dio mi ha stabilito signore di tutto l'Egitto; scendi da me, non tardare; tu abiterai nel paese di Goscen e sarai vicino a me: tu e i tuoi figli, i figli dei tuoi figli, le tue greggi, i tuoi armenti e tutto quello che possiedi. Qui io ti sostenterò (perché ci saranno ancora cinque anni di carestia), affinché tu non sia ridotto in miseria: tu, la tua famiglia e tutto quello che possiedi". Ecco, voi vedete con i vostri occhi, e mio fratello Beniamino vede con i suoi occhi, che è proprio la mia bocca quella che vi parla. Raccontate dunque a mio padre tutta la mia gloria in Egitto e tutto quello che avete visto; e fate che mio padre scenda presto qua». Poi si gettò al collo di Beniamino, suo fratello, e pianse; e Beniamino pianse sul collo di lui. Baciò pure tutti i suoi fratelli, piangendo. Dopo questo, i suoi fratelli si misero a parlare con lui.

Gen 46:1-7, 28-30
Intanto la voce si diffuse nella casa del faraone, e si disse: «Sono arrivati i fratelli di Giuseppe». Questo piacque al faraone e ai suoi servitori. Il faraone disse a Giuseppe: «Di' ai tuoi fratelli: "Fate questo: caricate le vostre bestie e andate, tornate al paese di Canaan; prendete vostro padre, le vostre famiglie e venite da me; io vi darò il meglio del paese d'Egitto e voi mangerete il grasso della terra". Tu hai l'ordine di dire loro: "Fate questo: prendete nel paese d'Egitto dei carri per i vostri bambini e per le vostre mogli; conducete vostro padre e venite. E non vi rincresca di lasciare la vostra roba; perché il meglio di tutto il paese d'Egitto sarà vostro"». I figli d'Israele fecero così e Giuseppe diede loro dei carri, secondo l'ordine del faraone, e diede loro delle provviste per il viaggio. Diede un abito di ricambio per ciascuno, ma a Beniamino diede trecento sicli d'argento e cinque mute di vestiti; a suo padre mandò questo: dieci asini carichi delle migliori cose d'Egitto, dieci asine cariche di grano, di pane e di viveri per suo padre durante il viaggio. Così congedò i suoi fratelli e questi partirono; ed egli disse loro: «Non ci siano, durante il viaggio, delle liti tra di voi». Essi risalirono dall'Egitto e giunsero nel paese di Canaan, da Giacobbe loro padre. Gli riferirono ogni cosa, dicendo: «Giuseppe vive ancora ed è governatore di tutto il paese d'Egitto». Ma il suo cuore rimase freddo, perché egli non credeva loro. Essi gli ripeterono tutte le parole che Giuseppe aveva dette loro. Quando egli vide i carri che Giuseppe aveva mandato per trasportarlo, lo spirito di Giacobbe loro padre si ravvivò. E Israele disse: «Basta, mio figlio Giuseppe vive ancora; io andrò e lo vedrò prima di morire».

CAPITOLO 46

Giacobbe e la sua famiglia in Egitto


Ge 45:9-28; 26:1-6
Israele partì con tutto quello che aveva e, giunto a Beer-Seba, offrì sacrifici al Dio d'Isacco suo padre. Dio parlò a Israele in visioni notturne, e disse: «Giacobbe, Giacobbe!» Ed egli rispose: «Eccomi». Dio disse: «Io sono Dio, il Dio di tuo padre. Non temere di scendere in Egitto, perché là ti farò diventare una grande nazione. Io scenderò con te in Egitto, te ne farò anche sicuramente risalire e Giuseppe ti chiuderà gli occhi». Allora Giacobbe partì da Beer-Seba; e i figli d'Israele fecero salire Giacobbe loro padre, i loro bambini e le loro mogli sui carri che il faraone aveva mandati per trasportarli. Essi presero il loro bestiame e i beni che avevano acquisiti nel paese di Canaan e scesero in Egitto: Giacobbe con tutta la sua famiglia. Egli fece venire con sé in Egitto i suoi figli, i figli dei suoi figli, le sue figlie, le figlie dei suoi figli e tutta la sua famiglia.

Es 1:1-5; Nu 26; 1Cr 2-8
Questi sono i nomi dei figli d'Israele che vennero in Egitto: Giacobbe e i suoi figli. Il primogenito di Giacobbe: Ruben. I figli di Ruben: Chenoc, Pallu, Chesron e Carmi. I figli di Simeone: Iemuel, Iamin, Oad, Iachin, Soar e Saul, figlio di una Cananea. I figli di Levi: Gherson, Cheat e Merari. I figli di Giuda: Er, Onan, Sela, Perez e Zarac; ma Er e Onan morirono nel paese di Canaan; i figli di Perez furono: Chesron e Camul. I figli d'Issacar: Tola, Puva, Iob e Simron. I figli di Zabulon: Sered, Elon e Ialeel. Questi sono i figli che Lea partorì a Giacobbe a Paddan-Aram, oltre a Dina, figlia di lui. I suoi figli e le sue figlie erano in tutto trentatré persone. I figli di Gad: Sifion, Agghi, Suni, Esbon, Eri, Arodi e Areli. I figli di Ascer: Imna, Tisva, Tisvi, Beria e Serac loro sorella; i figli di Beria: Eber e Malchiel. Questi furono i figli di Zilpa che Labano aveva dato a sua figlia Lea; lei li partorì a Giacobbe: in tutto sedici persone. I figli di Rachele, moglie di Giacobbe: Giuseppe e Beniamino. A Giuseppe, nel paese d'Egitto, nacquero Manasse ed Efraim, i quali Asenat, figlia di Potifera, sacerdote di On, gli partorì. I figli di Beniamino: Bela, Becher, Asbel, Ghera, Naaman, Ei, Ros, Muppim, Cuppim e Ard. Questi sono i figli di Rachele che nacquero a Giacobbe: in tutto quattordici persone. I figli di Dan: Cusim. I figli di Neftali: Iacseel, Guni, Ieser e Sillem. Questi sono i figli di Bila, che Labano aveva dato a sua figlia Rachele; lei li partorì a Giacobbe: in tutto sette persone. Le persone che vennero con Giacobbe in Egitto, discendenti da lui, senza contare le mogli dei figli di Giacobbe, erano in tutto sessantasei. I figli di Giuseppe, natigli in Egitto, erano due. Il totale delle persone della famiglia di Giacobbe che vennero in Egitto, era di settanta.

Ge 45:26-28; Lu 2:25-32
Giacobbe mandò davanti a sé Giuda verso Giuseppe, perché questi lo guidasse nel paese di Goscen. Giunsero nella terra di Goscen. Giuseppe fece attaccare il suo carro e salì in Goscen a incontrare Israele, suo padre; gli si presentò, gli si gettò al collo e pianse a lungo sul suo collo. Israele disse a Giuseppe: «Ora, che io muoia pure, giacché ho visto il tuo volto, e tu vivi ancora!» Giuseppe disse ai suoi fratelli e alla famiglia di suo padre: «Io andrò a informare il faraone e gli dirò: "I miei fratelli e la famiglia di mio padre, che erano nel paese di Canaan, sono venuti da me. Questi uomini sono pastori, perché sono sempre stati allevatori di bestiame e hanno condotto con sé le loro greggi, i loro armenti e tutto quello che posseggono". Quando il faraone vi farà chiamare e vi dirà: "Qual è la vostra occupazione?", risponderete: "I tuoi servi sono stati allevatori di bestiame dalla loro infanzia fino ad ora: noi come i nostri padri". Così abiterete nella terra di Goscen, perché gli Egiziani hanno in abominio tutti i pastori».

CAPITOLO 47

La famiglia di Giacobbe stabilita nel paese di Goscen


Ge 46:31-34; 45:7, 10-11; Sl 103:15-18
Giuseppe andò a informare il faraone e gli disse: «Mio padre e i miei fratelli con le loro greggi, con i loro armenti e con tutto quello che hanno, sono venuti dal paese di Canaan; ecco, sono nella terra di Goscen». Poi prese cinque uomini tra i suoi fratelli e li presentò al faraone. Il faraone disse ai fratelli di Giuseppe: «Qual è la vostra occupazione?» Essi risposero al faraone: «I tuoi servi sono pastori, come lo furono i nostri padri». Poi dissero al faraone: «Siamo venuti ad abitare in questo paese, perché nel paese di Canaan non ci sono pascoli per le greggi dei tuoi servi; poiché la carestia è grave, permetti ora che i tuoi servi abitino nella terra di Goscen». Il faraone parlò a Giuseppe, dicendo: «Tuo padre e i tuoi fratelli sono venuti da te; il paese d'Egitto sta davanti a te; fa' abitare tuo padre e i tuoi fratelli nella parte migliore del paese; risiedano pure nella terra di Goscen. Se conosci tra di loro degli uomini capaci, falli sovraintendenti del mio bestiame». Poi Giuseppe fece venire Giacobbe, suo padre, dal faraone e glielo presentò. E Giacobbe benedisse il faraone. Il faraone disse a Giacobbe: «Quanti sono gli anni della tua vita?» Giacobbe rispose al faraone: «Gli anni della mia vita nomade sono centotrenta. I miei anni sono stati pochi e travagliati e non hanno raggiunto il numero degli anni dei miei padri, al tempo della loro vita nomade». Giacobbe benedisse ancora il faraone e si ritirò dalla sua presenza. Giuseppe fece abitare suo padre e i suoi fratelli, diede loro una proprietà nel paese d'Egitto, nella parte migliore del paese, nel territorio di Ramses, come il faraone aveva ordinato. Giuseppe fornì pane a suo padre, ai suoi fratelli e a tutta la famiglia di suo padre, secondo il numero dei figli.

Ge 41:30-36, 48-57
In tutto il paese non c'era pane, perché la carestia era gravissima; il paese d'Egitto e il paese di Canaan soffrivano a causa della carestia. Giuseppe raccolse tutto il denaro che si trovava nel paese d'Egitto e nel paese di Canaan, come prezzo del grano che si comprava; Giuseppe portò questo denaro nella casa del faraone. Quando il denaro fu esaurito nel paese d'Egitto e nel paese di Canaan, tutti gli Egiziani vennero da Giuseppe e dissero: «Dacci del pane! Perché dovremmo morire in tua presenza? Infatti il denaro è finito». Giuseppe disse: «Se non avete più denaro, date il vostro bestiame e io vi darò del pane in cambio del vostro bestiame». Quelli condussero a Giuseppe il loro bestiame e Giuseppe diede loro del pane in cambio dei loro cavalli, delle loro greggi di pecore, delle loro mandrie di buoi e dei loro asini. Così fornì loro del pane quell'anno, in cambio di tutto il loro bestiame. Passato quell'anno, tornarono da lui l'anno seguente e gli dissero: «Noi non nasconderemo al mio signore che il denaro è esaurito e le mandrie del nostro bestiame sono passate al mio signore. Non resta più nulla che il mio signore possa prendere, tranne i nostri corpi e le nostre terre. Perché dovremmo morire sotto i tuoi occhi, noi e le nostre terre? Compra noi e le nostre terre in cambio del pane; noi con le nostre terre saremo schiavi del faraone; dacci della semenza perché possiamo vivere e non morire, e il suolo non diventi un deserto». Così Giuseppe comprò per il faraone tutte le terre d'Egitto; infatti gli Egiziani vendettero ognuno il proprio campo, perché la carestia li colpiva gravemente. Così il paese diventò proprietà del faraone. Quanto al popolo, lo trasferì nelle città, da un capo all'altro dell'Egitto; solo le terre dei sacerdoti non acquistò, perché i sacerdoti ricevevano un'assegnazione stabilita per loro dal faraone e mangiavano grazie all'assegnazione fatta dal faraone; per questo essi non vendettero le loro terre. Giuseppe disse al popolo: «Ecco, oggi ho acquistato voi e le vostre terre per il faraone; eccovi del seme; seminate la terra; al tempo della raccolta, ne darete il quinto al faraone; quattro parti saranno vostre, per seminare i campi e per nutrirvi con quelli che sono in casa vostra e con i vostri bambini». Quelli dissero: «Tu ci hai salvato la vita! Ci sia dato di trovar grazia agli occhi del nostro signore e saremo schiavi del faraone!» Giuseppe ne fece una legge, che dura fino al giorno d'oggi, secondo la quale un quinto del reddito delle terre d'Egitto era per il faraone: soltanto le terre dei sacerdoti non diventarono del faraone.

Ge 49:29-32; 50:4-13
Così gli Israeliti abitarono nel paese d'Egitto, nella terra di Goscen; ebbero delle proprietà, furono fecondi e si moltiplicarono oltremodo. Giacobbe visse nel paese d'Egitto diciassette anni; la durata della vita di Giacobbe fu di centoquarantasette anni. Quando Israele s'avvicinò al giorno della sua morte, chiamò suo figlio Giuseppe e gli disse: «Ti prego, se ho trovato grazia agli occhi tuoi, mettimi la tua mano sotto la coscia e usami bontà e fedeltà; non seppellirmi in Egitto! Ma, quando giacerò con i miei padri, portami fuori d'Egitto e seppelliscimi nella loro tomba!» Egli rispose: «Farò come tu dici». Giacobbe disse: «Giuramelo». Giuseppe glielo giurò. Israele, rivolto al capo del letto, adorò.

CAPITOLO 48

Giacobbe benedice i due figli di Giuseppe


Ge 35:9-20; Gs 14:4; 1Cr 5:1-2
Dopo queste cose, fu detto a Giuseppe: «Ecco, tuo padre è ammalato». Allora egli prese con sé i suoi due figli, Manasse ed Efraim. Giacobbe ne fu informato e gli fu detto: «Ecco, tuo figlio Giuseppe viene da te». Israele raccolse le sue forze e si mise seduto sul letto. Giacobbe disse a Giuseppe: «Il Dio onnipotente mi apparve a Luz nel paese di Canaan, mi benedisse e mi disse: "Ecco, io ti renderò fecondo, ti moltiplicherò, ti farò diventare una moltitudine di popoli e darò questo paese alla tua discendenza dopo di te, come proprietà perenne". Ora, i tuoi due figli che ti sono nati nel paese d'Egitto prima che io venissi da te in Egitto, sono miei. Efraim e Manasse saranno miei, come Ruben e Simeone. Ma i figli che hai generato dopo di loro saranno tuoi; essi saranno chiamati col nome dei loro fratelli, quanto alla loro eredità. Quanto a me, mentre tornavo da Paddan, Rachele mi morì nel paese di Canaan, durante il viaggio, a qualche distanza da Efrata; e la seppellii in quel luogo, sulla via di Efrata, che è Betlemme».

Eb 11:21; Is 8:18
Israele guardò i figli di Giuseppe e disse: «Questi, chi sono?» Giuseppe rispose a suo padre: «Sono i miei figli, che Dio mi ha dati qui». Ed egli disse: «Ti prego, falli avvicinare a me e io li benedirò». Gli occhi d'Israele erano annebbiati per l'età e non ci vedeva più. Giuseppe li fece avvicinare a lui ed egli li baciò e li abbracciò. Israele disse a Giuseppe: «Io non pensavo più di rivedere il tuo volto ed ecco che Dio mi ha dato di vedere anche la tua prole». Giuseppe li allontanò dalle ginocchia di suo padre e si prostrò con la faccia a terra. Poi Giuseppe li prese tutti e due: Efraim alla sua destra, alla sinistra d'Israele, e Manasse alla sua sinistra, alla destra d'Israele, e li fece avvicinare a lui. E Israele stese la sua mano destra e la posò sul capo di Efraim, che era il più giovane, e posò la sua mano sinistra sul capo di Manasse, incrociando le mani; perché Manasse era il primogenito. Benedisse Giuseppe e disse: «Il Dio alla cui presenza camminarono i miei padri Abraamo e Isacco, il Dio che è stato il mio pastore da quando esisto fino a questo giorno, l'angelo che mi ha liberato da ogni male, benedica questi ragazzi! Siano chiamati con il mio nome, con il nome dei miei padri, Abraamo e Isacco, e si moltiplichino abbondantemente sulla terra!» Quando Giuseppe vide che suo padre posava la mano destra sul capo di Efraim, ne ebbe dispiacere e prese la mano di suo padre per levarla dal capo di Efraim e metterla sul capo di Manasse. Giuseppe disse a suo padre: «Non così, padre mio, perché questo è il primogenito; metti la tua mano destra sul suo capo». Ma suo padre rifiutò e disse: «Lo so, figlio mio, lo so; anch'egli diventerà un popolo; anch'egli sarà grande; nondimeno il suo fratello più giovane sarà più grande di lui e la sua discendenza diventerà una moltitudine di nazioni». In quel giorno li benedisse, dicendo: «Di te si servirà Israele per benedire, e dirà: "Dio ti faccia simile a Efraim e a Manasse!"» E mise Efraim prima di Manasse. Poi Israele disse a Giuseppe: «Ecco, io muoio; ma Dio sarà con voi e vi farà ritornare nel paese dei vostri padri. Io ti do una parte di più che ai tuoi fratelli: quella che conquistai dalle mani degli Amorei, con la mia spada e con il mio arco».

CAPITOLO 49

Benedizioni profetiche di Giacobbe


De 33
Poi Giacobbe chiamò i suoi figli e disse: «Radunatevi, e vi annunzierò ciò che vi avverrà nei giorni a venire. Radunatevi e ascoltate, o figli di Giacobbe! Date ascolto a Israele, vostro padre! Ruben, tu sei il mio primogenito, la mia forza, la primizia del mio vigore, eminente in dignità ed eminente in forza. Impetuoso come l'acqua, tu non avrai la preminenza, perché sei salito sul letto di tuo padre e hai profanato il mio letto su cui eri salito. Simeone e Levi sono fratelli: le loro spade sono strumenti di violenza. Non entri l'anima mia nel loro consiglio segreto, non si unisca la mia gloria al loro convegno! Perché nella loro ira hanno ucciso degli uomini e nella loro malvagità hanno tagliato i garretti ai tori. Maledetta la loro ira, perché è stata violenta e il loro furore perché è stato crudele! Io li dividerò in Giacobbe e li disperderò in Israele. Giuda, te loderanno i tuoi fratelli; la tua mano sarà sul collo dei tuoi nemici; i figli di tuo padre si inchineranno davanti a te. Giuda è un giovane leone; tu risali dalla preda, figlio mio; egli si china, s'accovaccia come un leone, come una leonessa: chi lo farà alzare? Lo scettro non sarà rimosso da Giuda, né sarà allontanato il bastone del comando dai suoi piedi, finché venga colui al quale esso appartiene e a cui ubbidiranno i popoli. Egli lega il suo asinello alla vite e il puledro della sua asina alla vite migliore; lava la sua veste col vino e il suo mantello col sangue dell'uva. Egli ha gli occhi rossi dal vino e i denti bianchi dal latte. Zabulon abiterà sulla costa dei mari; sarà sulla costa dove approdano le navi, il suo fianco s'appoggerà a Sidone. Issacar è un asino robusto sdraiato fra due ovili. Egli ha visto che il riposo è buono e che il paese è ameno; ha curvato la spalla per portare il peso, ed è stato costretto ai lavori forzati. Dan giudicherà il suo popolo, come ogni altra tribù d'Israele. Dan sarà una serpe sulla strada, una vipera cornuta sul sentiero, che morde i garretti del cavallo e fa cadere il cavaliere all'indietro. Io aspetto la tua salvezza, o SIGNORE! Gad sarà assalito da bande armate, ma egli, a sua volta, le assalirà e le inseguirà. Da Ascer verrà il pane saporito, ed egli fornirà delizie regali. Neftali è una cerva messa in libertà; egli dice delle belle parole. Giuseppe è un albero fruttifero; un albero fruttifero vicino a una sorgente; i suoi rami si stendono sopra il muro. Gli arcieri lo hanno provocato, gli hanno lanciato frecce, lo hanno perseguitato, ma il suo arco è rimasto saldo; le sue braccia e le sue mani sono state rinforzate dalle mani del Potente di Giacobbe, da colui che è il pastore e la roccia d'Israele, dal Dio di tuo padre che ti aiuterà e dall'Altissimo che ti benedirà con benedizioni del cielo di sopra, con benedizioni dell'abisso che giace di sotto, con benedizioni delle mammelle e del grembo materno. Le benedizioni di tuo padre sorpassano le benedizioni dei miei progenitori, fino a raggiungere la cima delle colline eterne. Esse saranno sul capo di Giuseppe, sulla fronte del principe dei suoi fratelli. Beniamino è un lupo rapace; la mattina divora la preda e la sera spartisce le spoglie». Tutti costoro sono gli antenati delle dodici tribù d'Israele; questo è ciò che il loro padre disse loro, quando li benedisse. Li benedisse, dando a ciascuno la sua benedizione particolare.

Morte e sepoltura di Giacobbe


Ge 23:1, ecc.; 50:4-13
Poi diede loro i suoi ordini e disse: «Io sto per essere riunito al mio popolo. Seppellitemi con i miei padri nella grotta che è nel campo di Efron l'Ittita, nella grotta che è nel campo di Macpela, di fronte a Mamre, nel paese di Canaan, la quale Abraamo comprò, con il campo, da Efron l'Ittita, come sepolcro di sua proprietà. Qui furono sepolti Abraamo e sua moglie Sara; furono sepolti Isacco e Rebecca sua moglie, e qui io seppellii Lea. Il campo e la grotta che vi si trova furono comprati presso i figli di Chet». Quando Giacobbe ebbe finito di dare questi ordini ai suoi figli, ritirò i piedi nel letto, spirò e fu riunito al suo popolo.

CAPITOLO 50



Ge 47:28-31; 49:29-33
Allora Giuseppe si gettò sulla faccia di suo padre, pianse su di lui e lo baciò. Poi Giuseppe ordinò ai medici che erano al suo servizio di imbalsamare suo padre; e i medici imbalsamarono Israele. Ci vollero quaranta giorni; perché tanto è il tempo che si impiega a imbalsamare. E gli Egiziani lo piansero settanta giorni. Quando i giorni del lutto fatto per lui furono passati, Giuseppe parlò alla casa del faraone, dicendo: «Se ora ho trovato grazia ai vostri occhi, fate giungere agli orecchi del faraone queste parole: "Mio padre mi ha fatto giurare e mi ha detto: «Ecco, io muoio; seppelliscimi nel mio sepolcro, che mi sono scavato nel paese di Canaan». Ora dunque, permetti che io salga e seppellisca mio padre; poi tornerò"». Il faraone rispose: «Sali e seppellisci tuo padre come ti ha fatto giurare». Allora Giuseppe salì a seppellire suo padre e con lui salirono tutti i servitori del faraone, gli anziani della sua casa e tutti gli anziani del paese d'Egitto, tutta la casa di Giuseppe e i suoi fratelli e la casa di suo padre. Non lasciarono nella terra di Goscen che i loro bambini, le loro greggi e i loro armenti. Con lui salirono pure carri e cavalieri, così da formare un corteo numerosissimo. Quando giunsero all'aia di Atad, che è oltre il Giordano, vi furono grandi e profondi lamenti. Giuseppe fece a suo padre un lutto di sette giorni. Quando gli abitanti del paese, i Cananei, videro il lutto dell'aia di Atad, dissero: «Questo è un grave lutto per gli Egiziani!» Perciò fu messo il nome di Abel-Misraim a quell'aia, che è oltre il Giordano. I figli di Giacobbe fecero per lui quello che egli aveva ordinato loro: lo trasportarono nel paese di Canaan e lo seppellirono nella grotta del campo di Macpela, che Abraamo aveva comprato, con il campo, da Efron l'Ittita, come sepolcro di sua proprietà, di fronte a Mamre. Giuseppe, dopo aver sepolto suo padre, tornò in Egitto con i suoi fratelli e con tutti quelli che erano saliti con lui a seppellire suo padre.

Ge 45:1-11; Cl 3:12-14
I fratelli di Giuseppe, quando videro che il loro padre era morto, dissero: «Chi sa se Giuseppe non ci porterà odio e non ci renderà tutto il male che gli abbiamo fatto?» Perciò mandarono a dire a Giuseppe: «Tuo padre, prima di morire, diede quest'ordine: "Dite così a Giuseppe: Perdona ora ai tuoi fratelli il loro misfatto e il loro peccato; perché ti hanno fatto del male". Ti prego, perdona dunque ora il misfatto dei servi del Dio di tuo padre!» Giuseppe, quando gli parlarono così, pianse. I suoi fratelli vennero anch'essi, si inchinarono ai suoi piedi e dissero: «Ecco, siamo tuoi servi». Giuseppe disse loro: «Non temete. Sono io forse al posto di Dio? Voi avevate pensato del male contro di me, ma Dio ha pensato di convertirlo in bene per compiere quello che oggi avviene: per conservare in vita un popolo numeroso. Ora dunque non temete. Io provvederò al sostentamento per voi e i vostri figli». Così li confortò e parlò al loro cuore.

Vecchiaia e morte di Giuseppe
Eb 11:22; Gs 24:32
Giuseppe abitò in Egitto con la casa di suo padre; egli visse centodieci anni. Giuseppe vide i figli di Efraim, fino alla terza generazione; anche i figli di Machir, figlio di Manasse, nacquero sulle sue ginocchia. Giuseppe disse ai suoi fratelli: «Io sto per morire, ma Dio per certo vi visiterà e vi farà salire, da questo paese, nel paese che promise con giuramento ad Abraamo, a Isacco e a Giacobbe». Giuseppe fece giurare i figli d'Israele, dicendo: «Dio per certo vi visiterà; allora portate via da qui le mie ossa». Poi Giuseppe morì, all'età di centodieci anni; e fu imbalsamato e deposto in un sarcofago in Egitto.