CAPITOLO 1
Introduzione. Ascensione di Gesù
Lu 1:1-4; 24:33-51 (Mt 28:18-20; Mr 16:15-19) Ef 4:8-10
Nel mio primo libro, o Teofilo, ho parlato di tutto quello che Gesù cominciò
a fare e a insegnare, fino al giorno che fu elevato in cielo, dopo aver dato
mediante lo Spirito Santo delle istruzioni agli apostoli che aveva scelti.
Ai quali anche, dopo che ebbe sofferto, si presentò vivente con molte prove,
facendosi vedere da loro per quaranta giorni, parlando delle cose relative
al regno di Dio.
Trovandosi con essi, ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di
attendere l'attuazione della promessa del Padre, «la quale», egli disse,
«avete udita da me. Perché Giovanni battezzò sì con acqua, ma voi sarete
battezzati in Spirito Santo fra non molti giorni». Quelli dunque che erano
riuniti gli domandarono: «Signore, è in questo tempo che ristabilirai il
regno a Israele?» Egli rispose loro: «Non spetta a voi di sapere i tempi o i
momenti che il Padre ha riservato alla propria autorità. Ma riceverete
potenza quando lo Spirito Santo verrà su di voi, e mi sarete testimoni in
Gerusalemme, e in tutta la Giudea e Samaria, e fino all'estremità della
terra».
Dette queste cose, mentre essi guardavano, fu elevato; e una nuvola,
accogliendolo, lo sottrasse ai loro sguardi. E come essi avevano gli occhi
fissi al cielo, mentre egli se ne andava, due uomini in vesti bianche si
presentarono a loro e dissero: «Uomini di Galilea, perché state a guardare
verso il cielo? Questo Gesù, che vi è stato tolto, ed è stato elevato in
cielo, ritornerà nella medesima maniera in cui lo avete visto andare in
cielo».
L'attesa dello Spirito Santo
Lu 24:49-53; Sl 133; Mt 18:19-20
Allora essi tornarono a Gerusalemme dal monte chiamato dell'Uliveto, che è
vicino a Gerusalemme, non distandone che un cammin di sabato. Quando furono
entrati, salirono nella sala di sopra dove di consueto si trattenevano
Pietro e Giovanni, Giacomo e Andrea, Filippo e Tommaso, Bartolomeo e Matteo,
Giacomo d'Alfeo e Simone lo Zelota, e Giuda di Giacomo. Tutti questi
perseveravano concordi nella preghiera, con le donne, e con Maria, madre di
Gesù e con i fratelli di lui.
Mattia scelto al posto di Giuda
(Gv 12:4-6; Mt 26:14-16, 46-50; 27:3-10) Pr 16:33
In quei giorni, Pietro, alzatosi in mezzo ai fratelli (il numero delle
persone riunite era di circa centoventi), disse:
«Fratelli, era necessario che si adempisse la profezia della Scrittura
pronunziata dallo Spirito Santo per bocca di Davide riguardo a Giuda, che
fece da guida a quelli che arrestarono Gesù. Perché egli era uno di noi e
aveva ricevuto la sua parte di questo ministero. Egli dunque acquistò un
campo con la ricompensa della sua iniquità; poi, essendosi precipitato, gli
si squarciò il ventre, e tutte le sue interiora si sparsero. Questo è
divenuto così noto a tutti gli abitanti di Gerusalemme, che quel campo è
stato chiamato nella loro lingua, "Acheldama", cioè, "Campo di sangue".
Infatti sta scritto nel libro dei Salmi:
"La sua dimora diventi deserta
e più nessuno abiti in essa";
e:
"Il suo incarico lo prenda un altro".
Bisogna dunque che tra gli uomini che sono stati in nostra compagnia tutto
il tempo che il Signore Gesù visse con noi, a cominciare dal battesimo di
Giovanni fino al giorno che egli, tolto da noi, è stato elevato in cielo,
uno diventi testimone con noi della sua risurrezione».
Essi ne presentarono due: Giuseppe, detto Barsabba, che era soprannominato
Giusto, e Mattia. Poi in preghiera dissero: «Tu, Signore, che conosci i
cuori di tutti, indicaci quale di questi due hai scelto per prendere in
questo ministero apostolico il posto che Giuda ha abbandonato per andarsene
al suo luogo». Tirarono quindi a sorte, e la sorte cadde su Mattia, che fu
incluso tra gli undici apostoli.
CAPITOLO 2
La Pentecoste: lo Spirito Santo scende dal cielo
(Gl 2:28-32; Mt 3:11; Gv 14:16-17, 26) Gv 7:37-39; 1Co 12:13
Quando il giorno della Pentecoste giunse, tutti erano insieme nello stesso
luogo. Improvvisamente si fece dal cielo un suono come di vento impetuoso
che soffia, e riempì tutta la casa dov'essi erano seduti. Apparvero loro
delle lingue come di fuoco che si dividevano e se ne posò una su ciascuno di
loro. Tutti furono riempiti di Spirito Santo e cominciarono a parlare in
altre lingue, come lo Spirito dava loro di esprimersi.
Or a Gerusalemme soggiornavano dei Giudei, uomini religiosi di ogni nazione
che è sotto il cielo. Quando avvenne quel suono, la folla si raccolse e fu
confusa, perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua. E tutti
stupivano e si meravigliavano, dicendo: «Tutti questi che parlano non sono
Galilei? Come mai li udiamo parlare ciascuno nella nostra propria lingua
natìa? Noi Parti, Medi, Elamiti, abitanti della Mesopotamia, della Giudea e
della Cappadocia, del Ponto e dell'Asia, della Frigia e della Panfilia,
dell'Egitto e delle parti della Libia cirenaica e pellegrini romani, tanto
Giudei che proseliti, Cretesi e Arabi, li udiamo parlare delle grandi cose
di Dio nelle nostre lingue». Tutti stupivano ed erano perplessi chiedendosi
l'uno all'altro: «Che cosa significa questo?» Ma altri li deridevano e
dicevano: «Son pieni di vino dolce».
Discorso di Pietro alla Pentecoste
Ma Pietro, levatosi in piedi con gli undici, alzò la voce e parlò loro così:
«Uomini di Giudea, e voi tutti che abitate in Gerusalemme, vi sia noto
questo, e ascoltate attentamente le mie parole. Questi non sono ubriachi,
come voi supponete, perché è soltanto la terza ora del giorno; ma questo è
quanto fu annunziato per mezzo del profeta Gioele:
"Avverrà negli ultimi giorni", dice Dio,
"che io spanderò il mio Spirito sopra ogni persona;
i vostri figli e le vostre figlie profetizzeranno,
i vostri giovani avranno delle visioni,
e i vostri vecchi sogneranno dei sogni.
Anche sui miei servi e sulle mie serve,
in quei giorni, spanderò il mio Spirito, e profetizzeranno.
Farò prodigi su nel cielo, e segni giù sulla terra,
sangue e fuoco, e vapore di fumo.
Il sole sarà mutato in tenebre, la luna in sangue,
prima che venga il grande e glorioso giorno del Signore.
E avverrà che chiunque avrà invocato il nome del Signore sarà salvato".
(At 1:8; Lu 24:47)(At 3:13-26; 10:34-43; 13:23-41)
«Uomini d'Israele, ascoltate queste parole! Gesù il Nazareno, uomo che Dio
ha accreditato fra di voi mediante opere potenti, prodigi e segni che Dio
fece per mezzo di lui, tra di voi, come voi stessi ben sapete, quest'uomo,
quando vi fu dato nelle mani per il determinato consiglio e la prescienza di
Dio, voi, per mano di iniqui, inchiodandolo sulla croce, lo uccideste; ma
Dio lo risuscitò, avendolo sciolto dagli angosciosi legami della morte,
perché non era possibile che egli fosse da essa trattenuto. Infatti Davide
dice di lui:
"Io ho avuto il Signore continuamente davanti agli occhi,
perché egli è alla mia destra, affinché io non sia smosso.
Per questo si è rallegrato il mio cuore, la mia lingua ha giubilato
e anche la mia carne riposerà nella speranza;
perché tu non lascerai l'anima mia nel soggiorno dei morti,
e non permetterai che il tuo Santo subisca la decomposizione.
Tu mi hai fatto conoscere le vie della vita.
Tu mi riempirai di gioia con la tua presenza".
Fratelli, si può ben dire liberamente riguardo al patriarca Davide, che egli
morì e fu sepolto; e la sua tomba è ancora al giorno d'oggi tra di noi. Egli
dunque, essendo profeta e sapendo che Dio gli aveva promesso con giuramento
che sul suo trono avrebbe fatto sedere uno dei suoi discendenti, previde la
risurrezione di Cristo e ne parlò dicendo che non sarebbe stato lasciato nel
soggiorno dei morti, e che la sua carne non avrebbe subito la
decomposizione. Questo Gesù, Dio lo ha risuscitato; di ciò, noi tutti siamo
testimoni. Egli dunque, essendo stato esaltato dalla destra di Dio e avendo
ricevuto dal Padre lo Spirito Santo promesso, ha sparso quello che ora
vedete e udite. Davide infatti non è salito in cielo; eppure egli stesso
dice:
«Il Signore ha detto al mio Signore:
"Siedi alla mia destra,
finché io abbia posto i tuoi nemici per sgabello dei tuoi piedi"».
Sappia dunque con certezza tutta la casa d'Israele che Dio ha costituito
Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso».
Le prime conversioni
Za 12:10; Gv 16:8; At 4:4, 32-37; Lu 5:10
Udite queste cose, essi furono compunti nel cuore, e dissero a Pietro e agli
altri apostoli: «Fratelli, che dobbiamo fare?»
E Pietro a loro: «Ravvedetevi e ciascuno di voi sia battezzato nel nome di
Gesù Cristo, per il perdono dei vostri peccati, e voi riceverete il dono
dello Spirito Santo. Perché per voi è la promessa, per i vostri figli, e per
tutti quelli che sono lontani, per quanti il Signore, nostro Dio, ne
chiamerà». E con molte altre parole li scongiurava e li esortava, dicendo:
«Salvatevi da questa perversa generazione».
Quelli che accettarono la sua parola furono battezzati; e in quel giorno
furono aggiunte a loro circa tremila persone.
Ed erano perseveranti nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli e nella
comunione fraterna, nel rompere il pane e nelle preghiere. Ognuno era preso
da timore; e molti prodigi e segni erano fatti dagli apostoli. Tutti quelli
che credevano stavano insieme e avevano ogni cosa in comune; vendevano le
proprietà e i beni, e li distribuivano a tutti, secondo il bisogno di
ciascuno. E ogni giorno andavano assidui e concordi al tempio, rompevano il
pane nelle case e prendevano il loro cibo insieme, con gioia e semplicità di
cuore, lodando Dio e godendo il favore di tutto il popolo. Il Signore
aggiungeva ogni giorno alla loro comunità quelli che venivano salvati.
CAPITOLO 3
Guarigione di uno zoppo
At 4:9-22; 9:32-35; 14:8-10
Pietro e Giovanni salivano al tempio per la preghiera dell'ora nona, mentre
si portava un uomo, zoppo fin dalla nascita, che ogni giorno deponevano
presso la porta del tempio detta «Bella», per chiedere l'elemosina a quelli
che entravano nel tempio. Vedendo Pietro e Giovanni che stavano per entrare
nel tempio, egli chiese loro l'elemosina. Pietro, con Giovanni, fissando gli
occhi su di lui, disse: «Guardaci!» Ed egli li guardava attentamente,
aspettando di ricevere qualcosa da loro. Ma Pietro disse: «Dell'argento e
dell'oro io non ne ho; ma quello che ho, te lo do: nel nome di Gesù Cristo,
il Nazareno, cammina!» Lo prese per la mano destra, lo sollevò; e in quell'istante
le piante dei piedi e le caviglie gli si rafforzarono. E con un balzo si
alzò in piedi e cominciò a camminare; ed entrò con loro nel tempio
camminando, saltando e lodando Dio.
Tutto il popolo lo vide che camminava e lodava Dio; e lo riconoscevano per
colui che sedeva a chiedere l'elemosina alla porta «Bella» del tempio; e
furono pieni di meraviglia e di stupore per quello che gli era accaduto.
Mentre quell'uomo teneva stretti a sé Pietro e Giovanni, tutto il popolo,
stupito, accorse a loro al portico detto di Salomone.
Discorso di Pietro nel tempio
At 4:5-12; 2:22-36; 5:30-32
Pietro, visto ciò, parlò al popolo, dicendo: «Uomini d'Israele, perché vi
meravigliate di questo? Perché fissate gli occhi su di noi, come se per la
nostra propria potenza o pietà avessimo fatto camminare quest'uomo? Il Dio
di Abraamo, di Isacco e di Giacobbe, il Dio dei nostri padri ha glorificato
il suo servo Gesù, che voi metteste nelle mani di Pilato e rinnegaste
davanti a lui, mentre egli aveva giudicato di liberarlo. Ma voi rinnegaste
il Santo, il Giusto e chiedeste che vi fosse concesso un omicida; e
uccideste il Principe della vita, che Dio ha risuscitato dai morti. Di
questo noi siamo testimoni. E, per la fede nel suo nome, il suo nome ha
fortificato quest'uomo che vedete e conoscete; ed è la fede, che si ha per
mezzo di lui, che gli ha dato questa perfetta guarigione in presenza di voi
tutti.
Ora, fratelli, io so che lo faceste per ignoranza, come pure i vostri capi.
Ma ciò che Dio aveva preannunziato per bocca di tutti i profeti, cioè, che
il suo Cristo avrebbe sofferto, egli lo ha adempiuto in questa maniera.
Ravvedetevi dunque e convertitevi, perché i vostri peccati siano cancellati
e affinché vengano dalla presenza del Signore dei tempi di ristoro e che
egli mandi il Cristo che vi è stato predestinato, cioè Gesù, che il cielo
deve tenere accolto fino ai tempi della restaurazione di tutte le cose; di
cui Dio ha parlato fin dall'antichità per bocca dei suoi santi profeti. Mosè,
infatti, disse: "Il Signore Dio vi susciterà in mezzo ai vostri fratelli un
profeta come me; ascoltatelo in tutte le cose che vi dirà. E avverrà che
chiunque non avrà ascoltato questo profeta, sarà estirpato di mezzo al
popolo". Tutti i profeti, che hanno parlato da Samuele in poi, hanno
anch'essi annunziato questi giorni. Voi siete i figli dei profeti e del
patto che Dio fece con i vostri padri, dicendo ad Abraamo: "Nella tua
discendenza tutte le nazioni della terra saranno benedette". A voi per primi
Dio, avendo suscitato il suo Servo, lo ha mandato per benedirvi, convertendo
ciascuno di voi dalle sue malvagità».
CAPITOLO 4
L'arresto di Pietro e di Giovanni
At 3:1-16; Mt 10:17-20, 26-33; Gv 15:20-21; 1P 3:14-15
Mentre essi parlavano al popolo, giunsero i sacerdoti, il capitano del
tempio e i sadducei, indignati perché essi insegnavano al popolo e
annunziavano in Gesù la risurrezione dai morti. Misero loro le mani addosso,
e li gettarono in prigione fino al giorno seguente, perché era già sera. Ma
molti di coloro che avevano udito la Parola credettero; e il numero degli
uomini salì a circa cinquemila.
Il giorno seguente, i loro capi, con gli anziani e gli scribi, si riunirono
a Gerusalemme, con Anna, il sommo sacerdote, Caiafa, Giovanni, Alessandro e
tutti quelli che appartenevano alla famiglia dei sommi sacerdoti. E, fatti
condurre in mezzo a loro Pietro e Giovanni, domandarono: «Con quale potere o
in nome di chi avete fatto questo?»
Allora Pietro, pieno di Spirito Santo, disse loro:
«Capi del popolo e anziani, se oggi siamo esaminati a proposito di un
beneficio fatto a un uomo infermo, per sapere com'è che quest'uomo è stato
guarito, sia noto a tutti voi e a tutto il popolo d'Israele che questo è
stato fatto nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, che voi avete crocifisso,
e che Dio ha risuscitato dai morti; è per la sua virtù che quest'uomo
compare guarito, in presenza vostra. Egli è
"la pietra che è stata da voi costruttori rifiutata,
ed è divenuta la pietra angolare".
In nessun altro è la salvezza; perché non vi è sotto il cielo nessun altro
nome che sia stato dato agli uomini, per mezzo del quale noi dobbiamo essere
salvati».
Essi, vista la franchezza di Pietro e di Giovanni, si meravigliavano, avendo
capito che erano popolani senza istruzione; riconoscevano che erano stati
con Gesù e, vedendo l'uomo che era stato guarito, lì presente con loro, non
potevano dir niente in contrario. Ma, dopo aver ordinato loro di uscire dal
sinedrio, si consultarono gli uni gli altri dicendo: «Che faremo a questi
uomini? Che un evidente miracolo sia stato fatto per mezzo di loro, è noto a
tutti gli abitanti di Gerusalemme, e noi non possiamo negarlo. Ma, affinché
ciò non si diffonda maggiormente tra il popolo, ordiniamo loro con minacce
di non parlar più a nessuno nel nome di costui». E, avendoli chiamati,
imposero loro di non parlare né insegnare affatto nel nome di Gesù. Ma
Pietro e Giovanni risposero loro: «Giudicate voi se è giusto, davanti a Dio,
ubbidire a voi anziché a Dio. Quanto a noi, non possiamo non parlare delle
cose che abbiamo viste e udite». Ed essi, minacciatili di nuovo, li
lasciarono andare, non trovando assolutamente come poterli punire, a causa
del popolo; perché tutti glorificavano Dio per quello che era accaduto.
Infatti l'uomo in cui questo miracolo della guarigione era stato compiuto
aveva più di quarant'anni.
La chiesa riunita in preghiera
Sl 2:1-4 (2R 19:14-19; Mt 18:19-20) cfr. 2:1-4
Rimessi quindi in libertà, vennero ai loro, e riferirono tutte le cose che i
capi dei sacerdoti e gli anziani avevano dette. Udito ciò, essi alzarono
concordi la voce a Dio, e dissero: «Signore, tu sei colui che ha fatto il
cielo, la terra, il mare e tutte le cose che sono in essi; colui che
mediante lo Spirito Santo ha detto per bocca del tuo servo Davide, nostro
padre:
"Perché questo tumulto fra le nazioni,
e i popoli meditano cose vane?
I re della terra si sono sollevati,
i principi si sono riuniti insieme
contro il Signore e contro il suo Cristo".
Proprio in questa città, contro il tuo santo servitore Gesù, che tu hai
unto, si sono radunati Erode e Ponzio Pilato, insieme con le nazioni e con
tutto il popolo d'Israele, per fare tutte le cose che la tua volontà e il
tuo consiglio avevano prestabilito che avvenissero. Adesso, Signore,
considera le loro minacce, e concedi ai tuoi servi di annunziare la tua
Parola in tutta franchezza, stendendo la tua mano per guarire, perché si
facciano segni e prodigi mediante il nome del tuo santo servitore Gesù».
Dopo che ebbero pregato, il luogo dove erano riuniti, tremò; e tutti furono
riempiti dello Spirito Santo, e annunziavano la Parola di Dio con
franchezza.
I credenti di Gerusalemme mettono in comune i loro beni
At 2:44-47; 1Gv 3:16-19; Lu 12:33; 2Co 8:13-15; 9:9
La moltitudine di quelli che avevano creduto era d'un sol cuore e di
un'anima sola; non vi era chi dicesse sua alcuna delle cose che possedeva ma
tutto era in comune tra di loro. Gli apostoli, con grande potenza, rendevano
testimonianza della risurrezione del Signore Gesù; e grande grazie era sopra
tutti loro. Infatti non c'era nessun bisognoso tra di loro; perché tutti
quelli che possedevano poderi o case li vendevano, portavano l'importo delle
cose vendute, e lo deponevano ai piedi degli apostoli; poi, veniva
distribuito a ciascuno, secondo il bisogno.
Or Giuseppe, soprannominato dagli apostoli Barnaba (che tradotto vuol dire:
Figlio di consolazione), Levita, cipriota di nascita, avendo un campo, lo
vendette, e ne consegnò il ricavato deponendolo ai piedi degli apostoli.
At 4:34-37 (Le 10:1-5; 2R 5:20-27; De 23:21-23; Gs 7:19, ecc.) Lu 12:1-5,
15; 1Co 5:13
Ma un uomo di nome Anania, con Saffira sua moglie, vendette una proprietà, e
tenne per sé parte del prezzo, essendone consapevole anche la moglie; e,
un'altra parte, la consegnò, deponendola ai piedi degli apostoli. Ma Pietro
disse: «Anania, perché Satana ha così riempito il tuo cuore da farti mentire
allo Spirito Santo e trattenere parte del prezzo del podere? Se questo non
si vendeva, non restava tuo? E una volta venduto, il ricavato non era a tua
disposizione? Perché ti sei messo in cuore questa cosa? Tu non hai mentito
agli uomini ma a Dio». Anania, udendo queste parole, cadde e spirò. E un
gran timore prese tutti quelli che udirono queste cose. I giovani, alzatisi,
ne avvolsero il corpo e, portatolo fuori, lo seppellirono.
Circa tre ore dopo, sua moglie, non sapendo ciò che era accaduto, entrò. E
Pietro, rivolgendosi a lei: «Dimmi», le disse, «avete venduto il podere per
tanto?» Ed ella rispose: «Sì, per tanto». Allora Pietro le disse: «Perché vi
siete accordati a tentare lo Spirito del Signore? Ecco, i piedi di quelli
che hanno seppellito tuo marito sono alla porta e porteranno via anche te».
Ed ella in quell'istante cadde ai suoi piedi e spirò. I giovani, entrati, la
trovarono morta; e, portatala via, la seppellirono accanto a suo marito.
Allora un gran timore venne su tutta la chiesa e su tutti quelli che udivano
queste cose.
Numerosi miracoli a Gerusalemme
At 19:11-20; Mi 5:6
Molti segni e prodigi erano fatti tra il popolo per le mani degli apostoli;
e tutti di comune accordo si ritrovavano sotto il portico di Salomone. Ma
nessuno degli altri osava unirsi a loro; il popolo però li esaltava. E
sempre di più si aggiungevano uomini e donne in gran numero, che credevano
nel Signore; tanto che portavano perfino i malati nelle piazze, e li
mettevano su lettucci e giacigli, affinché, quando Pietro passava, almeno la
sua ombra ne coprisse qualcuno. La folla accorreva dalle città vicine a
Gerusalemme, portando malati e persone tormentate da spiriti immondi; e
tutti erano guariti.
L'arresto degli apostoli
At 12:3-11; 4:5-12, 18-20
Il sommo sacerdote e tutti quelli che erano con lui, cioè la setta dei
sadducei, si alzarono, pieni di invidia, e misero le mani sopra gli apostoli
e li gettarono nella prigione pubblica. Ma un angelo del Signore, nella
notte, aprì le porte della prigione e, condottili fuori, disse: «Andate,
presentatevi nel tempio e annunziate al popolo tutte le parole di questa
vita». Essi, udito ciò, entrarono sul far del giorno nel tempio, e
insegnavano.
Or il sommo sacerdote e quelli che erano con lui vennero, convocarono il
sinedrio e tutti gli anziani del popolo d'Israele, e mandarono alla prigione
per far condurre davanti a loro gli apostoli. Ma le guardie che vi andarono
non li trovarono nella prigione; e, tornate, fecero il loro rapporto,
dicendo: «La prigione l'abbiamo trovata chiusa con ogni diligenza, e le
guardie in piedi davanti alle porte; abbiamo aperto, ma non abbiamo trovato
nessuno dentro».
Quando il capitano del tempio e i capi dei sacerdoti udirono queste cose,
rimasero perplessi sul conto loro, non sapendo cosa ciò potesse significare.
Ma sopraggiunse uno che disse loro: «Ecco, gli uomini che voi metteste in
prigione, sono nel tempio, e stanno insegnando al popolo».
Allora il capitano, con le guardie, andò e li condusse via, senza far loro
violenza, perché temevano di essere lapidati dal popolo. Dopo averli portati
via, li presentarono al sinedrio; e il sommo sacerdote li interrogò,
dicendo: «Non vi abbiamo forse espressamente vietato di insegnare nel nome
di costui? Ed ecco, avete riempito Gerusalemme della vostra dottrina, e
volete far ricadere su di noi il sangue di quell'uomo».
Ma Pietro e gli altri apostoli risposero: «Bisogna ubbidire a Dio anziché
agli uomini. Il Dio dei nostri padri ha risuscitato Gesù che voi uccideste
appendendolo al legno e lo ha innalzato con la sua destra, costituendolo
Principe e Salvatore, per dare ravvedimento a Israele, e perdono dei
peccati. Noi siamo testimoni di queste cose; e anche lo Spirito Santo, che
Dio ha dato a quelli che gli ubbidiscono».
Il consiglio di Gamaliele convince i capi religiosi
(Sl 37:12, 32-33; Pr 16:14)(Mt 5:10-12; 1P 4:13-16) Ap 3:8
Ma essi, udendo queste cose fremevano d'ira, e si proponevano di ucciderli.
Ma un fariseo, di nome Gamaliele, dottore della legge, onorato da tutto il
popolo, alzatosi in piedi nel sinedrio, comandò che gli apostoli venissero
un momento allontanati. Poi disse loro: «Uomini d'Israele, badate bene a
quello che state per fare circa questi uomini. Poiché, prima d'ora, sorse
Teuda, dicendo di essere qualcuno; presso di lui si raccolsero circa
quattrocento uomini; egli fu ucciso, e tutti quelli che gli avevano dato
ascolto furono dispersi e ridotti a nulla. Dopo di lui sorse Giuda il
Galileo, ai giorni del censimento, e si trascinò dietro della gente;
anch'egli perì, e tutti quelli che gli avevano dato ascolto furono dispersi.
E ora vi dico: tenetevi lontani da loro, e ritiratevi da questi uomini;
perché, se questo disegno o quest'opera è dagli uomini, sarà distrutta; ma
se è da Dio, voi non potrete distruggerli, se non volete trovarvi a
combattere anche contro Dio».
Essi furono da lui convinti; e chiamati gli apostoli, li batterono,
ingiunsero loro di non parlare nel nome di Gesù e li lasciarono andare.
Essi dunque se ne andarono via dal sinedrio, rallegrandosi di essere stati
ritenuti degni di essere oltraggiati per il nome di Gesù. E ogni giorno, nel
tempio e per le case, non cessavano di insegnare e di portare il lieto
messaggio che Gesù è il Cristo.
CAPITOLO 6
Istituzione dei diaconi
Es 18:13-26; 1Ti 3:8-13
In quei giorni, moltiplicandosi il numero dei discepoli, sorse un mormorio
da parte degli ellenisti contro gli Ebrei, perché le loro vedove erano
trascurate nell'assistenza quotidiana. I dodici, convocata la moltitudine
dei discepoli, dissero: «Non è conveniente che noi lasciamo la Parola di Dio
per servire alle mense. Pertanto, fratelli, cercate di trovare fra di voi
sette uomini, dei quali si abbia buona testimonianza, pieni di Spirito e di
sapienza, ai quali affideremo questo incarico. Quanto a noi, continueremo a
dedicarci alla preghiera e al ministero della Parola».
Questa proposta piacque a tutta la moltitudine; ed elessero Stefano, uomo
pieno di fede e di Spirito Santo, Filippo, Procoro, Nicanore, Timone,
Parmena e Nicola, proselito di Antiochia. Li presentarono agli apostoli, i
quali, dopo aver pregato, imposero loro le mani.
La Parola di Dio si diffondeva, e il numero dei discepoli si moltiplicava
grandemente in Gerusalemme; e anche un gran numero di sacerdoti ubbidiva
alla fede.
L'arresto di Stefano
Eb 2:4; Lu 21:14-15; Gv 15:18-21
Ora Stefano, pieno di grazia e di potenza, faceva grandi prodigi e segni tra
il popolo. Ma alcuni della sinagoga detta dei Liberti, dei Cirenei, degli
Alessandrini, di quelli di Cilicia e d'Asia, si misero a discutere con
Stefano; e non potevano resistere alla sapienza e allo Spirito con cui egli
parlava. Allora istigarono degli uomini che dissero: «Noi lo abbiamo udito
mentre pronunciava parole di bestemmia contro Mosè e contro Dio». Essi
misero in agitazione il popolo, gli anziani, gli scribi; e, venutigli
addosso, lo afferrarono e lo condussero al sinedrio; e presentarono dei
falsi testimoni, che dicevano: «Quest'uomo non cessa di proferire parole
contro il luogo santo e contro la legge. Infatti lo abbiamo udito affermare
che quel Nazareno, Gesù, distruggerà questo luogo e cambierà gli usi che
Mosè ci ha tramandati».
E tutti quelli che sedevano nel sinedrio, fissati gli occhi su di lui,
videro il suo viso simile a quello di un angelo.
At 6:9-15; Sl 105:7-25
Il sommo sacerdote disse: «Le cose stanno proprio così?»
Egli rispose:
«Fratelli e padri, ascoltate. Il Dio della gloria apparve ad Abraamo, nostro
padre, mentr'egli era in Mesopotamia, prima che si stabilisse in Carran, e
gli disse: "Esci dal tuo paese e dal tuo parentado, e va' nel paese che io
ti mostrerò". Allora egli lasciò il paese dei Caldei, e andò ad abitare in
Carran; e di là, dopo che suo padre morì, Dio lo fece venire in questo
paese, che ora voi abitate. In esso però non gli diede in proprietà neppure
un palmo di terra, ma gli promise di darla in possesso a lui e alla sua
discendenza dopo di lui, quando egli non aveva ancora nessun figlio. Dio
parlò così: "La sua discendenza soggiornerà in terra straniera, e sarà
ridotta in schiavitù e maltrattata per quattrocento anni. Ma io giudicherò
la nazione che avranno servita", disse Dio; "e dopo questo essi partiranno e
mi renderanno il loro culto in questo luogo". Poi gli diede il patto della
circoncisione; così Abraamo, dopo aver generato Isacco, lo circoncise
l'ottavo giorno; e Isacco generò Giacobbe, e Giacobbe i dodici patriarchi. I
patriarchi, portando invidia a Giuseppe, lo vendettero, perché fosse
condotto in Egitto; ma Dio era con lui, e lo liberò da ogni sua
tribolazione, e gli diede sapienza e grazia davanti al faraone, re d'Egitto,
che lo costituì governatore dell'Egitto e di tutta la sua casa.
Sopraggiunse poi una carestia in tutto l'Egitto e in Canaan; l'angoscia era
grande, e i nostri padri non trovavano viveri. Giacobbe, saputo che in
Egitto c'era grano, vi mandò una prima volta i nostri padri. La seconda
volta, Giuseppe fu riconosciuto dai suoi fratelli, e così il faraone venne a
sapere di che stirpe fosse Giuseppe. Poi Giuseppe mandò a chiamare suo padre
Giacobbe e tutta la sua parentela, composta di settantacinque persone.
Giacobbe discese in Egitto, dove morirono lui e i nostri padri; poi furono
trasportati a Sichem, e deposti nel sepolcro che Abraamo aveva comprato con
una somma di denaro dai figli di Emmor in Sichem.
Mentre si avvicinava il tempo del compimento della promessa fatta da Dio ad
Abraamo, il popolo crebbe e si moltiplicò in Egitto, finché sorse
sull'Egitto un altro re, che non sapeva nulla di Giuseppe. Costui,
procedendo con astuzia contro il nostro popolo, maltrattò i nostri padri,
fino a costringerli ad abbandonare i loro bambini, perché non fossero
lasciati in vita.
Es 2:14; 3:1-10 (Eb 11:23-29; Sl 105:26-45; 106)(Lu 16:29; Gv 5:45-47) 1R
8:12-27
«In quel tempo nacque Mosè, che era bello agli occhi di Dio; egli fu nutrito
per tre mesi in casa di suo padre; e, quando fu abbandonato, la figlia del
faraone lo raccolse e lo allevò come figlio. Mosè fu istruito in tutta la
sapienza degli Egiziani e divenne potente in parole e opere.
Ma quando raggiunse l'età di quarant'anni, gli venne in animo di andare a
visitare i suoi fratelli, i figli di Israele. Vedendo che uno di loro era
maltrattato, ne prese le difese e vendicò l'oppresso, colpendo a morte
l'Egiziano. Or egli pensava che i suoi fratelli avrebbero capito che Dio
voleva salvarli per mano di lui; ma essi non compresero. Il giorno seguente
si presentò a loro, mentre litigavano, e cercava di riconciliarli, dicendo:
"Uomini, voi siete fratelli; perché vi fate torto a vicenda?" Ma quello che
faceva torto al suo prossimo lo respinse, dicendo: "Chi ti ha costituito
capo e giudice su di noi? Vuoi uccidere me come ieri uccidesti l'Egiziano?"
A queste parole Mosè fuggì, e andò a vivere come straniero nel paese di
Madian, dove ebbe due figli.
Trascorsi quarant'anni, un angelo gli apparve nel deserto del monte Sinai,
nella fiamma di un pruno ardente. Mosè guardò e rimase stupito di questa
visione; e, come si avvicinava per osservare meglio, si udì la voce del
Signore: "Io sono il Dio dei tuoi padri, il Dio di Abraamo, di Isacco e di
Giacobbe". Mosè, tutto tremante, non osava guardare. Il Signore gli disse:
"Togliti i calzari dai piedi; perché il luogo dove stai è terra santa.
Certo, ho visto l'afflizione del mio popolo in Egitto, ho udito i loro
gemiti e sono disceso per liberarli; e ora, vieni, ti manderò in Egitto".
Questo Mosè che avevano rinnegato dicendo: "Chi ti ha costituito capo e
giudice?", proprio lui Dio mandò loro come capo e liberatore con l'aiuto
dell'angelo che gli era apparso nel pruno. Egli li fece uscire, compiendo
prodigi e segni nel paese d'Egitto, nel mar Rosso e nel deserto per
quarant'anni. Questi è il Mosè che disse ai figli d'Israele: "Dio vi
susciterà, tra i vostri fratelli, un profeta come me". Questi è colui che
nell'assemblea del deserto fu con l'angelo che gli parlava sul monte Sinai e
con i nostri padri, e che ricevette parole di vita da trasmettere a noi. Ma
i nostri padri non vollero dargli ascolto, lo respinsero, e si volsero in
cuor loro verso l'Egitto, dicendo ad Aaronne: "Facci degli dèi che vadano
davanti a noi, perché di questo Mosè, che ci ha condotti fuori dall'Egitto,
non sappiamo che cosa sia avvenuto". E in quei giorni fabbricarono un
vitello, offrirono sacrifici all'idolo e si rallegrarono per l'opera delle
loro mani. Ma Dio si ritrasse da loro e li abbandonò al culto dell'esercito
del cielo, come sta scritto nel libro dei profeti:
"Mi avete forse offerto vittime e sacrifici
per quarant'anni nel deserto, o casa d'Israele?
Anzi, vi portaste appresso la tenda di Moloc
e la stella del dio Refàn;
immagini che voi faceste per adorarle.
Perciò io vi deporterò di là da Babilonia".
I vostri padri avevano nel deserto la tenda della testimonianza, come aveva
ordinato colui che aveva detto a Mosè di farla secondo il modello da lui
veduto. I nostri padri, guidati da Giosuè, dopo averla ricevuta, la
trasportarono nel paese posseduto dai popoli che Dio scacciò davanti a loro.
Là rimase fino ai tempi di Davide, il quale trovò grazia davanti a Dio, e
chiese di poter preparare lui una dimora al Dio di Giacobbe. Fu invece
Salomone che gli costruì una casa. L'Altissimo però non abita in edifici
fatti da mano d'uomo, come dice il profeta:
"Il cielo è il mio trono,
e la terra lo sgabello dei miei piedi.
Quale casa mi costruirete, dice il Signore,
o quale sarà il luogo del mio riposo?
Non ha la mia mano creato tutte queste cose?"
Mt 23:29-36 (2Ti 4:6-8; Ap 2:10; 7:13-17)
«Gente di collo duro e incirconcisa di cuore e d'orecchi, voi opponete
sempre resistenza allo Spirito Santo; come fecero i vostri padri, così fate
anche voi. Quale dei profeti non perseguitarono i vostri padri? Essi
uccisero quelli che preannunciavano la venuta del Giusto, del quale voi ora
siete divenuti i traditori e gli uccisori; voi, che avete ricevuto la legge
promulgata dagli angeli, e non l'avete osservata».
Stefano, primo martire della fede
Essi, udendo queste cose, fremevano di rabbia in cuor loro e digrignavano i
denti contro di lui. Ma Stefano, pieno di Spirito Santo, fissati gli occhi
al cielo, vide la gloria di Dio e Gesù che stava alla sua destra, e disse:
«Ecco, io vedo i cieli aperti, e il Figlio dell'uomo in piedi alla destra di
Dio». Ma essi, gettando grida altissime, si turarono gli orecchi e si
avventarono tutti insieme sopra di lui; e, cacciatolo fuori dalla città, lo
lapidarono. I testimoni deposero i loro mantelli ai piedi di un giovane,
chiamato Saulo. E lapidarono Stefano che invocava Gesù e diceva: «Signore
Gesù, accogli il mio spirito». Poi, messosi in ginocchio, gridò ad alta
voce: «Signore, non imputar loro questo peccato». E detto questo si
addormentò.
CAPITOLO 8
Persecuzione della chiesa
(At 11:19-21; Fl 1:12-14)(Gv 4:35-42; 6:70) cfr. Ga 1:13-14
E Saulo approvava la sua uccisione.
Vi fu in quel tempo una grande persecuzione contro la chiesa che era in
Gerusalemme. Tutti furono dispersi per le regioni della Giudea e della
Samaria, salvo gli apostoli. Uomini pii seppellirono Stefano e fecero gran
cordoglio per lui. Saulo intanto devastava la chiesa, entrando di casa in
casa; e, trascinando via uomini e donne, li metteva in prigione.
Filippo in Samaria; Simon mago
Allora quelli che erano dispersi se ne andarono di luogo in luogo, portando
il lieto messaggio della Parola.
Filippo, disceso nella città di Samaria, vi predicò il Cristo. E le folle
unanimi prestavano attenzione alle cose dette da Filippo, ascoltandolo e
osservando i miracoli che faceva. Infatti gli spiriti immondi uscivano da
molti indemoniati, mandando alte grida; e molti paralitici e zoppi erano
guariti. E vi fu grande gioia in quella città.
Or vi era un tale, di nome Simone, che già da tempo esercitava nella città
le arti magiche, e faceva stupire la gente di Samaria, spacciandosi per un
personaggio importante. Tutti, dal più piccolo al più grande, gli davano
ascolto, dicendo: «Questi è "la potenza di Dio", quella che è chiamata "la
Grande"». E gli davano ascolto, perché già da molto tempo li aveva incantati
con le sue arti magiche. Ma quando ebbero creduto a Filippo che portava loro
il lieto messaggio del regno di Dio e il nome di Gesù Cristo, furono
battezzati, uomini e donne. Simone credette anche lui; e, dopo essere stato
battezzato, stava sempre con Filippo; e restava meravigliato, vedendo i
miracoli e le opere potenti che venivano fatti.
At 19:5-6 (1Ti 6:5, 9-10; Mt 6:24)
Allora gli apostoli, che erano a Gerusalemme, saputo che la Samaria aveva
accolto la Parola di Dio, mandarono da loro Pietro e Giovanni. Essi andarono
e pregarono per loro affinché ricevessero lo Spirito Santo; infatti non era
ancora disceso su alcuno di loro, ma erano stati soltanto battezzati nel
nome del Signore Gesù. Quindi imposero loro le mani, ed essi ricevettero lo
Spirito Santo.
Simone, vedendo che per l'imposizione delle mani degli apostoli veniva dato
lo Spirito Santo, offrì loro del denaro, dicendo: «Date anche a me questo
potere, affinché colui al quale imporrò le mani riceva lo Spirito Santo». Ma
Pietro gli disse: «Il tuo denaro vada con te in perdizione, perché hai
creduto di poter acquistare con denaro il dono di Dio. Tu, in questo, non
hai parte né sorte alcuna; perché il tuo cuore non è retto davanti a Dio.
Ravvediti dunque di questa tua malvagità; e prega il Signore affinché, se è
possibile, ti perdoni il pensiero del tuo cuore. Vedo infatti che tu sei
pieno d'amarezza e prigioniero d'iniquità». Simone rispose: «Pregate voi il
Signore per me affinché nulla di ciò che avete detto mi accada».
Essi, dopo aver reso testimonianza e aver annunziato la Parola del Signore,
se ne ritornarono a Gerusalemme, evangelizzando molti villaggi della
Samaria.
Filippo e il ministro etiope
1R 8:41-43; Is 53:7-8; Is 56:3-7
Un angelo del Signore parlò a Filippo così: «Àlzati, e va' verso
mezzogiorno, sulla via che da Gerusalemme scende a Gaza. Essa è una strada
deserta». Egli si alzò e partì. Ed ecco un etiope, eunuco e ministro di
Candace, regina di Etiopia, sovrintendente a tutti i tesori di lei, era
venuto a Gerusalemme per adorare, e ora stava tornandosene, seduto sul suo
carro, leggendo il profeta Isaia. Lo Spirito disse a Filippo: «Avvicìnati, e
raggiungi quel carro». Filippo accorse, udì che quell'uomo leggeva il
profeta Isaia, e gli disse: «Capisci quello che stai leggendo?» Quegli
rispose: «E come potrei, se nessuno mi guida?» E invitò Filippo a salire e a
sedersi accanto a lui.
Or il passo della Scrittura che egli leggeva era questo:
«Egli è stato condotto al macello come una pecora;
e come un agnello che è muto davanti a colui che lo tosa,
così egli non ha aperto la bocca.
Nella sua umiliazione egli fu sottratto al giudizio.
Chi potrà descrivere la sua generazione?
Poiché la sua vita è stata tolta dalla terra».
L'eunuco, rivolto a Filippo, gli disse: «Di chi, ti prego, dice questo il
profeta? Di sé stesso, oppure di un altro?» Allora Filippo prese a parlare
e, cominciando da questo passo della Scrittura, gli comunicò il lieto
messaggio di Gesù.
Strada facendo, giunsero a un luogo dove c'era dell'acqua. E l'eunuco disse:
«Ecco dell'acqua; che cosa impedisce che io sia battezzato?» [Filippo disse:
«Se tu credi con tutto il cuore, è possibile». L'eunuco rispose: «Io credo
che Gesù Cristo è il Figlio di Dio».] Fece fermare il carro, e discesero
tutti e due nell'acqua, Filippo e l'eunuco; e Filippo lo battezzò. Quando
uscirono dall'acqua, lo Spirito del Signore rapì Filippo; e l'eunuco,
continuando il suo viaggio tutto allegro, non lo vide più. Poi Filippo si
ritrovò in Azot; e, proseguendo, evangelizzò tutte le città, finché giunse a
Cesarea.
CAPITOLO 9
La conversione di Saulo
At 22:3-16; 26:9-20; Ga 1:11-16; 1Ti 1:12-16
Saulo, sempre spirante minacce e stragi contro i discepoli del Signore, si
presentò al sommo sacerdote, e gli chiese delle lettere per le sinagoghe di
Damasco affinché, se avesse trovato dei seguaci della Via, uomini e donne,
li potesse condurre legati a Gerusalemme.
E durante il viaggio, mentre si avvicinava a Damasco, avvenne che,
d'improvviso, sfolgorò intorno a lui una luce dal cielo e, caduto in terra,
udì una voce che gli diceva: «Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?» Egli
domandò: «Chi sei, Signore?» E il Signore: «Io sono Gesù, che tu perseguiti.
[Ti è duro recalcitrare contro il pungolo». Egli, tutto tremante e
spaventato, disse: «Signore, che vuoi che io faccia?» Il Signore gli
disse:«] Àlzati, entra nella città e ti sarà detto ciò che devi fare». Gli
uomini che facevano il viaggio con lui rimasero stupiti, perché udivano la
voce, ma non vedevano nessuno. Saulo si alzò da terra ma, aperti gli occhi,
non vedeva nulla; e quelli, conducendolo per mano, lo portarono a Damasco,
dove rimase tre giorni senza vedere e senza prendere né cibo né bevanda.
Or a Damasco c'era un discepolo di nome Anania; e il Signore gli disse in
visione: «Anania!» Egli rispose: «Eccomi, Signore». E il Signore a lui:
«Àlzati, va' nella strada chiamata Diritta, e cerca in casa di Giuda uno di
Tarso chiamato Saulo; poiché ecco, egli è in preghiera, e ha visto in
visione un uomo, chiamato Anania, entrare e imporgli le mani perché ricuperi
la vista». Ma Anania rispose: «Signore, ho sentito dire da molti di
quest'uomo quanto male abbia fatto ai tuoi santi in Gerusalemme. E qui ha
ricevuto autorità dai capi dei sacerdoti per incatenare tutti coloro che
invocano il tuo nome». Ma il Signore gli disse: «Va', perché egli è uno
strumento che ho scelto per portare il mio nome davanti ai popoli, ai re, e
ai figli d'Israele; perché io gli mostrerò quanto debba soffrire per il mio
nome».
Allora Anania andò, entrò in quella casa, gli impose le mani e disse:
«Fratello Saulo, il Signore, quel Gesù che ti è apparso sulla strada per la
quale venivi, mi ha mandato perché tu riacquisti la vista e sia riempito di
Spirito Santo». In quell'istante gli caddero dagli occhi come delle squame,
e ricuperò la vista; poi, alzatosi, fu battezzato. E, dopo aver preso cibo,
gli ritornarono le forze. Rimase alcuni giorni insieme ai discepoli che
erano a Damasco, e si mise subito a predicare nelle sinagoghe che Gesù è il
Figlio di Dio. Tutti quelli che lo ascoltavano si meravigliavano e dicevano:
«Ma costui non è quel tale che a Gerusalemme infieriva contro quelli che
invocano questo nome ed era venuto qua con lo scopo di condurli incatenati
ai capi dei sacerdoti?» Ma Saulo si fortificava sempre di più e confondeva i
Giudei residenti a Damasco, dimostrando che Gesù è il Cristo.
Saulo a Gerusalemme e a Tarso; il persecutore perseguitato
2Co 11:32-33 (Ga 1:18-24; At 22:17-21)
Parecchi giorni dopo, i Giudei deliberarono di ucciderlo; ma Saulo venne a
conoscenza del loro complotto. Essi facevano persino la guardia alle porte,
giorno e notte, per ucciderlo; ma i discepoli lo presero di notte e lo
calarono dalle mura dentro una cesta.
Quando fu giunto a Gerusalemme, tentava di unirsi ai discepoli; ma tutti
avevano paura di lui, non credendo che fosse un discepolo. Allora Barnaba lo
prese con sé, lo condusse dagli apostoli, e raccontò loro come durante il
viaggio aveva visto il Signore che gli aveva parlato, e come a Damasco aveva
predicato con coraggio nel nome di Gesù. Da allora, Saulo andava e veniva
con loro in Gerusalemme, e predicava con franchezza nel nome del Signore;
discorreva pure e discuteva con gli ellenisti; ma questi cercavano di
ucciderlo. I fratelli, saputolo, lo condussero a Cesarea, e di là lo
mandarono a Tarso.
Così la chiesa, per tutta la Giudea, la Galilea e la Samaria, aveva pace, ed
era edificata; e, camminando nel timore del Signore e nella consolazione
dello Spirito Santo, cresceva costantemente di numero.
Enea, il paralitico da Pietro
Mr 2:3-12; At 3:1-16
Avvenne che mentre Pietro andava a far visita a tutti si recò anche dai
santi residenti a Lidda. Là trovò un uomo di nome Enea, che da otto anni
giaceva paralitico in un letto. Pietro gli disse: «Enea, Gesù Cristo ti
guarisce; àlzati e rifatti il letto». Egli subito si alzò. E tutti gli
abitanti di Lidda e di Saron lo videro e si convertirono al Signore.
Tabita risuscitata da Pietro
Lu 7:11-17; 1R 17:17-24; 2R 4:18-37; At 20:7-12
A Ioppe c'era una discepola, di nome Tabita, che, tradotto, vuol dire
Gazzella: ella faceva molte opere buone ed elemosine. Proprio in quei giorni
si ammalò e morì. E, dopo averla lavata, la deposero in una stanza di sopra.
Poiché Lidda era vicina a Ioppe, i discepoli, udito che Pietro era là,
mandarono due uomini per pregarlo che senza indugio andasse da loro. Pietro
allora si alzò e partì con loro. Appena arrivato, lo condussero nella stanza
di sopra; e tutte le vedove si presentarono a lui piangendo, mostrandogli
tutte le tuniche e i vestiti che Gazzella faceva, mentre era con loro. Ma
Pietro, fatti uscire tutti, si mise in ginocchio, e pregò; e, voltatosi
verso il corpo, disse: «Tabita, àlzati». Ella aprì gli occhi; e, visto
Pietro, si mise seduta. Egli le diede la mano e la fece alzare; e, chiamati
i santi e le vedove, la presentò loro in vita. Ciò fu risaputo in tutta
Ioppe, e molti credettero nel Signore. Pietro rimase molti giorni a Ioppe,
presso un certo Simone conciatore di pelli.
CAPITOLO 10
Il vangelo annunziato ai pagani; Cornelio invita Pietro a casa sua
(At 11:13-14; 10:30-35) Sl 145:18-19; Is 56:6-7; Sl 112:4
Vi era in Cesarea un uomo di nome Cornelio, centurione della coorte detta
«Italica». Quest'uomo era pio e timorato di Dio con tutta la sua famiglia,
faceva molte elemosine al popolo e pregava Dio assiduamente.
Egli vide chiaramente in visione, verso l'ora nona del giorno, un angelo di
Dio che entrò da lui e gli disse: «Cornelio!» Egli, guardandolo fisso e
preso da spavento, rispose: «Che c'è, Signore?» E l'angelo gli disse: «Le
tue preghiere e le tue elemosine sono salite, come una ricordanza, davanti a
Dio. E ora manda degli uomini a Ioppe, e fa' venire un certo Simone, detto
anche Pietro. Egli è ospite di un tal Simone, conciatore di pelli, la cui
casa è vicino al mare».
Appena l'angelo che gli parlava se ne fu andato, Cornelio chiamò due dei
suoi domestici, e un pio soldato fra i suoi attendenti e, dopo aver
raccontato loro ogni cosa, li mandò a Ioppe.
At 11:1-18; 15:7-9; Ro 9:25-26; Za 2:11; Ap 21:24-27; 22:2
Il giorno seguente, mentre quelli erano in viaggio e si avvicinavano alla
città, Pietro salì sulla terrazza, verso l'ora sesta, per pregare. Ebbe però
fame e desiderava prender cibo. Ma mentre glielo preparavano, fu rapito in
estasi. Vide il cielo aperto, e scenderne un oggetto simile a una gran
tovaglia, che, tenuta per i quattro angoli, veniva calata a terra. In essa
c'era ogni sorta di quadrupedi, rettili della terra e uccelli del cielo. E
una voce gli disse: «Àlzati, Pietro; ammazza e mangia». Ma Pietro rispose:
«No assolutamente, Signore, perché io non ho mai mangiato nulla di impuro e
di contaminato». E la voce parlò una seconda volta: «Le cose che Dio ha
purificate, non farle tu impure». Questo avvenne per tre volte; poi d'un
tratto quell'oggetto fu ritirato in cielo.
Mentre Pietro, dentro di sé, si domandava che cosa significasse la visione,
ecco gli uomini mandati da Cornelio, i quali, avendo domandato della casa di
Simone, si fermarono alla porta. Avendo chiamato, chiesero se Simone, detto
anche Pietro, alloggiasse lì.
Mentre Pietro stava ripensando alla visione, lo Spirito gli disse: «Ecco tre
uomini che ti cercano. Àlzati dunque, scendi, e va' con loro, senza fartene
scrupolo, perché li ho mandati io». Pietro, sceso verso quegli uomini, disse
loro: «Eccomi, sono io quello che cercate; qual è il motivo per cui siete
qui?» Essi risposero: «Il centurione Cornelio, uomo giusto e timorato di
Dio, del quale rende buona testimonianza tutto il popolo dei Giudei, è stato
divinamente avvertito da un santo angelo, di farti chiamare in casa sua e di
ascoltare quello che avrai da dirgli». Pietro allora li fece entrare e li
ospitò. Il giorno seguente andò con loro; e alcuni fratelli di Ioppe
l'accompagnarono.
L'indomani arrivarono a Cesarea. Cornelio li stava aspettando e aveva
chiamato i suoi parenti e i suoi amici intimi. Mentre Pietro entrava,
Cornelio, andandogli incontro, si inginocchiò davanti a lui. Ma Pietro lo
rialzò, dicendo: «Àlzati, anch'io sono uomo!» Conversando con lui, entrò e,
trovate molte persone lì riunite, disse loro: «Voi sapete come non sia
lecito a un giudeo di aver relazioni con uno straniero o di entrar in casa
sua; ma Dio mi ha mostrato che nessun uomo deve essere ritenuto impuro o
contaminato. Perciò, essendo stato chiamato, sono venuto senza fare
obiezioni. Ora vi chiedo: qual è il motivo per cui mi avete mandato a
chiamare?»
Cornelio disse: «Quattro giorni or sono stavo pregando, all'ora nona, in
casa mia, quand'ecco un uomo mi si presentò davanti, in veste risplendente,
e disse: "Cornelio, la tua preghiera è stata esaudita, e le tue elemosine
sono state ricordate davanti a Dio. Manda dunque qualcuno a Ioppe e fa'
venire Simone, detto anche Pietro; egli è ospite in casa di Simone,
conciatore di pelli, in riva al mare". Perciò, subito mandai a chiamarti, e
tu hai fatto bene a venire; or dunque siamo tutti qui presenti davanti a
Dio, per ascoltare tutto ciò che ti è stato comandato dal Signore».
(cfr. At 2:14-41)
Allora Pietro, cominciando a parlare, disse: «In verità comprendo che Dio
non ha riguardi personali; ma che in qualunque nazione chi lo teme e opera
giustamente gli è gradito. Questa è la parola ch'egli ha diretta ai figli
d'Israele, portando il lieto messaggio di pace per mezzo di Gesù Cristo.
Egli è il Signore di tutti. Voi sapete quello che è avvenuto in tutta la
Giudea, incominciando dalla Galilea, dopo il battesimo predicato da
Giovanni; vale a dire, la storia di Gesù di Nazaret; come Dio lo ha unto di
Spirito Santo e di potenza; e com'egli è andato dappertutto facendo del bene
e guarendo tutti quelli che erano sotto il potere del diavolo, perché Dio
era con lui. E noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute nel
paese dei Giudei e in Gerusalemme; essi lo uccisero, appendendolo a un
legno. Ma Dio lo ha risuscitato il terzo giorno e volle che egli si
manifestasse non a tutto il popolo, ma ai testimoni prescelti da Dio; cioè a
noi, che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai
morti. E ci ha comandato di annunziare al popolo e di testimoniare che egli
è colui che è stato da Dio costituito giudice dei vivi e dei morti. Di lui
attestano tutti i profeti che chiunque crede in lui riceve il perdono dei
peccati mediante il suo nome».
Mentre Pietro parlava così, lo Spirito Santo scese su tutti quelli che
ascoltavano la Parola. E tutti i credenti circoncisi, che erano venuti con
Pietro, si meravigliarono che il dono dello Spirito Santo fosse dato anche
agli stranieri, perché li udivano parlare in altre lingue e glorificare Dio.
Allora Pietro disse: «C'è forse qualcuno che possa negare l'acqua e impedire
che siano battezzati questi che hanno ricevuto lo Spirito Santo come noi?» E
comandò che fossero battezzati nel nome di Gesù Cristo. Allora essi lo
pregarono di rimanere alcuni giorni con loro.
CAPITOLO 11
Pietro si giustifica per aver fatto battezzare Cornelio
At 10; Ef 2:11-22; 1P 2:10 (Tt 2:11; 1Ti 2:4)
Gli apostoli e i fratelli che si trovavano nella Giudea vennero a sapere che
anche gli stranieri avevano ricevuto la Parola di Dio. E quando Pietro salì
a Gerusalemme, i credenti circoncisi lo contestavano, dicendo: «Tu sei
entrato in casa di uomini non circoncisi, e hai mangiato con loro!»
Allora Pietro raccontò loro le cose per ordine fin dal principio, dicendo:
«Io ero nella città di Ioppe in preghiera e, rapito in estasi, ebbi una
visione: un oggetto, simile a una gran tovaglia, tenuto per i quattro capi,
scendeva giù dal cielo, e giunse fino a me; io, fissandolo con attenzione,
lo esaminai e vidi quadrupedi della terra, fiere, rettili e uccelli del
cielo. Udii anche una voce che mi diceva: "Pietro, àlzati, ammazza e
mangia". Ma io dissi: "No assolutamente, Signore; perché nulla di impuro o
contaminato mi è mai entrato in bocca". Ma la voce ribatté per la seconda
volta dal cielo: "Le cose che Dio ha purificate, non farle tu impure". E ciò
accadde per tre volte, poi ogni cosa fu ritirata in cielo. In quell'istante
tre uomini, mandatimi da Cesarea, si presentarono alla casa dove eravamo. Lo
Spirito mi disse di andar con loro, senza farmene scrupolo. Anche questi sei
fratelli vennero con me, ed entrammo in casa di quell'uomo. Egli ci raccontò
come aveva visto l'angelo presentarsi in casa sua e dirgli: "Manda qualcuno
a Ioppe, e fa' venire Simone, detto anche Pietro. Egli ti parlerà di cose,
per le quali sarai salvato tu e tutta la tua famiglia". Avevo appena
cominciato a parlare quando lo Spirito Santo scese su di loro, esattamente
come su di noi al principio. Mi ricordai allora di quella parola del Signore
che diceva: "Giovanni ha battezzato con acqua, ma voi sarete battezzati con
lo Spirito Santo". Se dunque Dio ha dato a loro lo stesso dono che ha dato
anche a noi che abbiamo creduto nel Signore Gesù Cristo, chi ero io da
potermi opporre a Dio?» Allora, udite queste cose, si calmarono e
glorificarono Dio, dicendo: «Dio dunque ha concesso il ravvedimento anche
agli stranieri affinché abbiano la vita».
La chiesa di Antiochia; i credenti sono chiamati cristiani
(At 8:1, 4; Fl 1:12; 1Te 1:5, 9-10) Cl 2:6-7
Quelli che erano stati dispersi per la persecuzione avvenuta a causa di
Stefano, andarono sino in Fenicia, a Cipro e ad Antiochia, annunziando la
Parola solo ai Giudei, e a nessun altro. Ma alcuni di loro, che erano
Ciprioti e Cirenei, giunti ad Antiochia, si misero a parlare anche ai Greci,
portando il lieto messaggio del Signore Gesù. La mano del Signore era con
loro; e grande fu il numero di coloro che credettero e si convertirono al
Signore.
La notizia giunse alle orecchie della chiesa che era in Gerusalemme, la
quale mandò Barnaba fino ad Antiochia. Quand'egli giunse e vide la grazia di
Dio, si rallegrò, e li esortò tutti ad attenersi al Signore con cuore
risoluto, perché egli era un uomo buono, pieno di Spirito Santo e di fede. E
una folla molto numerosa fu aggiunta al Signore.
Poi Barnaba partì verso Tarso, a cercare Saulo; e, dopo averlo trovato, lo
condusse ad Antiochia. Essi parteciparono per un anno intero alle riunioni
della chiesa, e istruirono un gran numero di persone; ad Antiochia, per la
prima volta, i discepoli furono chiamati cristiani.
La chiesa di Antiochia manda dei doni ai cristiani di Gerusalemme
In quei giorni, alcuni profeti scesero da Gerusalemme ad Antiochia. E uno di
loro, di nome Agabo, alzatosi, predisse mediante lo Spirito che ci sarebbe
stata una grande carestia su tutta la terra; la si ebbe infatti durante
l'impero di Claudio. I discepoli decisero allora di inviare una sovvenzione,
ciascuno secondo le proprie possibilità, ai fratelli che abitavano in
Giudea. E così fecero, inviandola agli anziani, per mezzo di Barnaba e di
Saulo.
CAPITOLO 12
Erode Agrippa fa uccidere Giacomo; Pietro liberato dal carcere
(At 5:17-24; Da 6:16-23; Is 49:24-25; Eb 1:14) Ap 2:10; Mt 18:19-20
In quel periodo, il re Erode cominciò a maltrattare alcuni della chiesa; e
fece uccidere di spada Giacomo, fratello di Giovanni. Vedendo che ciò era
gradito ai Giudei, continuò e fece arrestare anche Pietro. Erano i giorni
degli Azzimi. Dopo averlo fatto arrestare, lo mise in prigione, affidandolo
alla custodia di quattro picchetti di quattro soldati ciascuno; perché
voleva farlo comparire davanti al popolo dopo la Pasqua. Pietro dunque era
custodito nella prigione; ma fervide preghiere a Dio erano fatte per lui
dalla chiesa.
Nella notte che precedeva il giorno in cui Erode voleva farlo comparire,
Pietro stava dormendo in mezzo a due soldati, legato con due catene; e le
sentinelle davanti alla porta custodivano il carcere. Ed ecco, un angelo del
Signore sopraggiunse e una luce risplendette nella cella. L'angelo, battendo
il fianco a Pietro, lo svegliò, dicendo: «Àlzati, presto!» E le catene gli
caddero dalle mani. L'angelo disse: «Vèstiti, e mettiti i sandali». E Pietro
fece così. Poi gli disse ancora: «Mettiti il mantello e seguimi». Ed egli,
uscito, lo seguiva, non sapendo che era realtà ciò che stava succedendo per
opera dell'angelo: credeva infatti di avere una visione. Com'ebbero
oltrepassata la prima e la seconda guardia, giunsero alla porta di ferro che
immette in città, la quale si aprì da sé davanti a loro; uscirono e
s'inoltrarono per una strada; e, all'improvviso, l'angelo si allontanò da
lui.
Pietro, rientrato in sé, disse: «Ora so di sicuro che il Signore ha mandato
il suo angelo e mi ha liberato dalla mano di Erode e da tutto ciò che si
attendeva il popolo dei Giudei». Pietro dunque, consapevole della
situazione, andò a casa di Maria, madre di Giovanni detto anche Marco, dove
molti fratelli erano riuniti in preghiera. Dopo aver bussato alla porta
d'ingresso, una serva di nome Rode si avvicinò per sentire chi era e,
riconosciuta la voce di Pietro, per la gioia non aprì la porta, ma corse
dentro ad annunziare che Pietro stava davanti alla porta. Quelli le dissero:
«Tu sei pazza!» Ma ella insisteva che la cosa stava così. Ed essi dicevano:
«È il suo angelo». Pietro intanto continuava a bussare e, quand'ebbero
aperto, lo videro e rimasero stupiti. Ma egli, con la mano, fece loro cenno
di tacere e raccontò in che modo il Signore lo aveva fatto uscire dal
carcere. Poi disse: «Fate sapere queste cose a Giacomo e ai fratelli».
Quindi uscì e se ne andò in un altro luogo.
Fattosi giorno, i soldati furono molto agitati, perché non sapevano che cosa
fosse avvenuto di Pietro. Erode lo fece cercare e, non avendolo trovato,
processò le guardie, e comandò che fossero condotte al supplizio. Poi scese
dalla Giudea e soggiornò a Cesarea.
Erode colpito dal castigo di Dio
(Da 5:18-30; Pr 16:18; Sl 37:35-36) Is 51:7-8
Erode era fortemente irritato contro i Tiri e i Sidoni; ma essi di comune
accordo si presentarono a lui; e, guadagnato il favore di Blasto,
ciambellano del re, chiesero pace, perché il loro paese riceveva i viveri
dal paese del re. Nel giorno fissato, Erode indossò l'abito regale e
sedutosi sul trono, tenne loro un pubblico discorso. E il popolo acclamava:
«Voce di un dio e non di un uomo!» In quell'istante un angelo del Signore lo
colpì, perché non aveva dato la gloria a Dio; e, roso dai vermi, morì.
Intanto la Parola di Dio progrediva e si diffondeva sempre di più.
Barnaba e Saulo, compiuta la loro missione, tornarono da Gerusalemme,
prendendo con loro Giovanni detto anche Marco.
CAPITOLO 13
Primo viaggio missionario
Barnaba e Saulo scelti dallo Spirito Santo
(Ga 2:7-9; At 14:26-27) 2Ti 3:8-9
Nella chiesa che era ad Antiochia c'erano profeti e dottori: Barnaba,
Simeone detto Niger, Lucio di Cirene, Manaem, amico d'infanzia di Erode il
tetrarca, e Saulo. Mentre celebravano il culto del Signore e digiunavano, lo
Spirito Santo disse: «Mettetemi da parte Barnaba e Saulo per l'opera alla
quale li ho chiamati». Allora, dopo aver digiunato, pregato e imposto loro
le mani, li lasciarono partire.
Barnaba e Saulo a Cipro
Essi dunque, mandati dallo Spirito Santo, scesero a Seleucia, e di là
salparono verso Cipro.
Giunti a Salamina, annunziarono la Parola di Dio nelle sinagoghe dei Giudei;
e avevano con loro Giovanni come aiutante.
Poi, attraversata tutta l'isola fino a Pafo, trovarono un tale, mago e falso
profeta giudeo, di nome Bar-Gesù, il quale era con il proconsole Sergio
Paolo, uomo intelligente. Questi, chiamati a sé Barnaba e Saulo, chiese di
ascoltare la Parola di Dio. Ma Elima, il mago (questo è il significato del
suo nome), faceva loro opposizione cercando di distogliere il proconsole
dalla fede. Allora Saulo, detto anche Paolo, pieno di Spirito Santo,
guardandolo fisso, gli disse: «O uomo pieno d'ogni frode e d'ogni malizia,
figlio del diavolo, nemico di ogni giustizia, non cesserai mai di pervertire
le rette vie del Signore? Ecco, ora la mano del Signore è su di te, e sarai
cieco per un certo tempo, senza vedere il sole». In quell'istante, oscurità
e tenebre piombarono su di lui; e andando qua e là cercava chi lo conducesse
per la mano. Allora il proconsole, visto quello che era accaduto, credette,
colpito dalla dottrina del Signore.
Paolo e i suoi compagni, imbarcatisi a Pafo, arrivarono a Perga di Panfilia;
ma Giovanni, separatosi da loro, ritornò a Gerusalemme.
Predicazione di Paolo ad Antiochia di Pisidia
At 7:1-50; 10:36-43; 2:22-36
Essi, passando oltre Perga, giunsero ad Antiochia di Pisidia; ed entrati di
sabato nella sinagoga, si sedettero. Dopo la lettura della legge e dei
profeti, i capi della sinagoga mandarono a dir loro: «Fratelli, se avete
qualche parola di esortazione da rivolgere al popolo, ditela».
Allora Paolo si alzò e, fatto cenno con la mano, disse:
«Israeliti, e voi che temete Dio, ascoltate. Il Dio di questo popolo
d'Israele scelse i nostri padri, fece grande il popolo durante la sua dimora
nel paese di Egitto, e con braccio potente lo trasse fuori. E per circa
quarant'anni sopportò la loro condotta nel deserto. Poi, dopo aver distrutto
sette nazioni nel paese di Canaan, distribuì loro come eredità il paese di
quelle. Dopo queste cose, per circa quattrocentocinquant'anni, diede loro
dei giudici fino al profeta Samuele. In seguito chiesero un re; e Dio diede
loro Saul, figlio di Chis, della tribù di Beniamino, per un periodo di
quarant'anni. Poi lo rimosse, e suscitò loro come re Davide, al quale rese
questa testimonianza:
"Io ho trovato Davide,
figlio di Iesse, uomo secondo il mio cuore, che eseguirà ogni mio volere".
Dalla discendenza di lui, secondo la promessa, Dio ha suscitato a Israele un
salvatore nella persona di Gesù. Giovanni, prima della venuta di lui, aveva
predicato il battesimo del ravvedimento a tutto il popolo d'Israele. E
quando Giovanni stava per concludere la sua missione disse: "Che cosa
pensate voi che io sia? Io non sono il Messia; ma ecco, dopo di me viene
uno, al quale io non son degno di slacciare i calzari".
Fratelli miei, figli della discendenza d'Abraamo, e tutti voi che avete
timor di Dio, a noi è stata mandata la Parola di questa salvezza. Infatti
gli abitanti di Gerusalemme e i loro capi non hanno riconosciuto questo Gesù
e, condannandolo, adempirono le dichiarazioni dei profeti che si leggono
ogni sabato. Benché non trovassero in lui nulla che fosse degno di morte,
chiesero a Pilato che fosse ucciso. Dopo aver compiuto tutte le cose che
erano scritte di lui, lo trassero giù dal legno, e lo deposero in un
sepolcro. Ma Dio lo risuscitò dai morti; e per molti giorni egli apparve a
quelli che erano saliti con lui dalla Galilea a Gerusalemme, i quali ora
sono suoi testimoni davanti al popolo.
E noi vi portiamo il lieto messaggio che la promessa fatta ai padri, Dio
l'ha adempiuta per noi, loro figli, risuscitando Gesù, come anche è scritto
nel salmo secondo:
"Tu sei mio Figlio,
oggi io t'ho generato".
Siccome lo ha risuscitato dai morti, in modo che non abbia più a tornare
alla decomposizione, Dio ha detto così:
"Io vi manterrò le sacre e fedeli promesse fatte a Davide".
Difatti egli dice altrove:
"Tu non permetterai che il tuo Santo subisca la decomposizione".
Or Davide, dopo aver eseguito il volere di Dio nella sua generazione, si è
addormentato, ed è stato unito ai suoi padri, e il suo corpo si è
decomposto; ma colui che Dio ha risuscitato, non ha subìto decomposizione.
Vi sia dunque noto, fratelli, che per mezzo di lui vi è annunziato il
perdono dei peccati; e, per mezzo di lui, chiunque crede è giustificato di
tutte le cose, delle quali voi non avete potuto essere giustificati mediante
la legge di Mosè. Guardate dunque che non vi accada ciò che è detto nei
profeti:
"Guardate, o disprezzatori,
stupite e nascondetevi,
perché io compio un'opera ai giorni vostri,
un'opera che voi non credereste, se qualcuno ve la raccontasse"».
(Is 49:5-6; Ro 15:8-13) 1Te 2:14-16
Mentre uscivano, furono pregati di parlare di quelle medesime cose il sabato
seguente. Dopo che la riunione si fu sciolta, molti Giudei e proseliti pii
seguirono Paolo e Barnaba; i quali, parlando loro, li convincevano a
perseverare nella grazia di Dio.
Il sabato seguente quasi tutta la città si radunò per udire la Parola di
Dio. Ma i Giudei, vedendo la folla, furono pieni di invidia e, bestemmiando,
contraddicevano le cose dette da Paolo. Ma Paolo e Barnaba dissero con
franchezza: «Era necessario che a voi per primi si annunziasse la Parola di
Dio; ma poiché la respingete e non vi ritenete degni della vita eterna,
ecco, ci rivolgiamo agli stranieri. Così infatti ci ha ordinato il Signore,
dicendo:
"Io ti ho posto come luce dei popoli,
perché tu porti la salvezza fino all'estremità della terra".
Gli stranieri, udendo queste cose, si rallegravano e glorificavano la Parola
di Dio; e tutti quelli che erano ordinati a vita eterna, credettero.
E la Parola del Signore si diffondeva per tutta la regione. Ma i Giudei
istigarono le donne pie e ragguardevoli e i notabili della città, scatenando
una persecuzione contro Paolo e Barnaba, che furono cacciati fuori dal loro
territorio. Allora essi, scossa la polvere dei piedi contro di loro,
andarono a Iconio, mentre i discepoli erano pieni di gioia e di Spirito
Santo.
CAPITOLO 14
Paolo e Barnaba a Iconio
At 17:1-15; Mt 10:23; 2Ti 3:11
Anche a Iconio Paolo e Barnaba entrarono nella sinagoga dei Giudei e
parlarono in modo tale che una gran folla di Giudei e di Greci credette. Ma
i Giudei che avevano rifiutato di credere aizzarono e inasprirono gli animi
dei pagani contro i fratelli. Tuttavia rimasero là per molto tempo,
predicando con franchezza e confidando nel Signore che rendeva testimonianza
alla Parola della sua grazia e concedeva che per mano loro avvenissero segni
e prodigi. Ma la popolazione della città era divisa: gli uni tenevano per i
Giudei, e gli altri per gli apostoli. Ma quando ci fu un tentativo dei
pagani e dei Giudei, d'accordo con i loro capi, di oltraggiare gli apostoli
e lapidarli, questi lo seppero e fuggirono nelle città di Licaonia, Listra e
Derba e nei dintorni; e là continuarono a evangelizzare.
Il vangelo predicato a Listra
At 3:1-12; 17:22-31; Gr 10:3-16
A Listra c'era un uomo che, paralizzato ai piedi, se ne stava sempre seduto
e, siccome era zoppo fin dalla nascita, non aveva mai potuto camminare. Egli
udì parlare Paolo; il quale, fissati gli occhi su di lui, e vedendo che
aveva fede per essere guarito, disse ad alta voce: «Àlzati in piedi». Ed
egli saltò su, e si mise a camminare.
La folla, veduto ciò che Paolo aveva fatto, alzò la voce, dicendo in lingua
licaonica: «Gli dèi hanno preso forma umana, e sono scesi fino a noi». E
chiamavano Barnaba Giove, e Paolo Mercurio, perché era lui che teneva il
discorso. Il sacerdote di Giove, il cui tempio era all'entrata della città,
condusse davanti alle porte tori e ghirlande, e voleva offrire un sacrificio
con la folla. Ma gli apostoli Paolo e Barnaba, udito ciò, si strapparono le
vesti, e balzarono in mezzo alla folla, gridando: «Uomini, perché fate
queste cose? Anche noi siamo esseri umani come voi; e vi predichiamo che da
queste vanità vi convertiate al Dio vivente, che ha fatto il cielo, la
terra, il mare e tutte le cose che sono in essi. Egli, nelle generazioni
passate, ha lasciato che ogni popolo seguisse la propria via, senza però
lasciare sé stesso privo di testimonianza, facendo del bene, mandandovi dal
cielo pioggia e stagioni fruttifere, dandovi cibo in abbondanza, e letizia
nei vostri cuori». E con queste parole riuscirono a stento a impedire che la
folla offrisse loro un sacrificio.
Lapidazione di Paolo a Listra
2Ti 3:11-12; 2Co 6:4-9
Allora giunsero da Antiochia e da Iconio alcuni Giudei, i quali sobillarono
la folla; essi lapidarono Paolo e lo trascinarono fuori della città,
credendolo morto. Ma mentre i discepoli venivano attorno a lui, egli si
rialzò ed entrò nella città.
Evangelizzazione a Derba e ritorno ad Antiochia
(At 13:1-3; 15:3-4, 12)
Il giorno seguente partì con Barnaba per Derba. E, dopo aver evangelizzato
quella città e fatto molti discepoli, se ne tornarono a Listra, a Iconio e
ad Antiochia, fortificando gli animi dei discepoli ed esortandoli a
perseverare nella fede, dicendo loro che dobbiamo entrare nel regno di Dio
attraverso molte tribolazioni. Dopo aver designato per loro degli anziani in
ciascuna chiesa, e aver pregato e digiunato, li raccomandarono al Signore,
nel quale avevano creduto. Quindi, attraversata la Pisidia, giunsero in
Panfilia. Dopo aver annunziato la Parola a Perga, scesero ad Attalia; e di
là salparono verso Antiochia, da dove erano stati raccomandati alla grazia
di Dio per l'opera che avevano compiuta.
Giunti là e riunita la chiesa, riferirono tutte le cose che Dio aveva
compiute per mezzo di loro, e come aveva aperto la porta della fede agli
stranieri. E rimasero con i discepoli parecchio tempo.
CAPITOLO 15
La conferenza di Gerusalemme
Ga 2:1-9; At 14:27
Alcuni, venuti dalla Giudea, insegnavano ai fratelli, dicendo: «Se voi non
siete circoncisi secondo il rito di Mosè, non potete essere salvati». E
siccome Paolo e Barnaba dissentivano e discutevano vivacemente con loro, fu
deciso che Paolo, Barnaba e alcuni altri fratelli salissero a Gerusalemme
dagli apostoli e anziani per trattare la questione. Essi dunque,
accompagnati per un tratto dalla chiesa, attraversarono la Fenicia e la
Samaria, raccontando la conversione degli stranieri e suscitando grande
gioia in tutti i fratelli. Poi, giunti a Gerusalemme, furono accolti dalla
chiesa, dagli apostoli e dagli anziani e riferirono le grandi cose che Dio
aveva fatte per mezzo di loro. Ma alcuni della setta dei farisei, che erano
diventati credenti, si alzarono dicendo: «Bisogna circonciderli, e comandar
loro di osservare la legge di Mosè».
Allora gli apostoli e gli anziani si riunirono per esaminare la questione.
Ed essendone nata una vivace discussione, Pietro si alzò in piedi e disse:
«Fratelli, voi sapete che dall'inizio Dio scelse tra voi me, affinché dalla
mia bocca gli stranieri udissero la Parola del vangelo e credessero. E Dio,
che conosce i cuori, rese testimonianza in loro favore, dando lo Spirito
Santo a loro, come a noi; e non fece alcuna discriminazione fra noi e loro,
purificando i loro cuori mediante la fede. Or dunque perché tentate Dio
mettendo sul collo dei discepoli un giogo che né i padri nostri né noi siamo
stati in grado di portare? Ma noi crediamo per essere salvati mediante la
grazia del Signore Gesù allo stesso modo di loro».
Tutta l'assemblea tacque e stava ad ascoltare Barnaba e Paolo, che
raccontavano quali segni e prodigi Dio aveva fatti per mezzo di loro tra i
pagani.
Ro 15:8-12 (Cl 2:11-17; Ga 5:1-6) Is 8:20; At 21:25
Quando ebbero finito di parlare, Giacomo prese la parola e disse:
«Fratelli, ascoltatemi: Simone ha riferito come Dio all'inizio ha voluto
scegliersi tra gli stranieri un popolo consacrato al suo nome. E con ciò si
accordano le parole dei profeti, come sta scritto:
"Dopo queste cose ritornerò e ricostruirò la tenda di Davide, che è caduta;
e restaurerò le sue rovine, e la rimetterò in piedi,
affinché il rimanente degli uomini e tutte le nazioni, su cui è invocato il
mio nome,
cerchino il Signore,
dice il Signore che fa queste cose,
a lui note fin dall'eternità".
Perciò io ritengo che non si debba turbare gli stranieri che si convertono a
Dio; ma che si scriva loro di astenersi dalle cose contaminate nei sacrifici
agli idoli, dalla fornicazione, dagli animali soffocati, e dal sangue.
Perché Mosè fin dalle antiche generazioni ha in ogni città chi lo predica
nelle sinagoghe dove viene letto ogni sabato».
Allora parve bene agli apostoli e agli anziani con tutta la chiesa, di
scegliere tra di loro alcuni uomini da mandare ad Antiochia con Paolo e
Barnaba: Giuda, detto Barsabba, e Sila, uomini autorevoli tra i fratelli. E
consegnarono loro questa lettera:
«I fratelli apostoli e anziani, ai fratelli di Antiochia, di Siria e di
Cilicia che provengono dal paganesimo, salute.
Abbiamo saputo che alcuni fra noi, partiti senza nessun mandato da parte
nostra, vi hanno turbato con i loro discorsi, sconvolgendo le anime vostre.
È parso bene a noi, riuniti di comune accordo, di scegliere degli uomini e
di mandarveli insieme ai nostri cari Barnaba e Paolo, i quali hanno messo a
repentaglio la propria vita per il nome del Signore nostro Gesù Cristo. Vi
abbiamo dunque inviato Giuda e Sila; anch'essi vi riferiranno a voce le
medesime cose. Infatti è parso bene allo Spirito Santo e a noi di non
imporvi altro peso all'infuori di queste cose, che sono necessarie: di
astenervi dalle carni sacrificate agli idoli, dal sangue, dagli animali
soffocati, e dalla fornicazione; da queste cose farete bene a guardarvi.
State sani».
Giuda e Sila inviati ad Antiochia
Ef 2:17-19; Ga 2:11-21; 1P 4:10-11
Essi dunque presero commiato e scesero ad Antiochia, dove, radunata la
moltitudine dei credenti, consegnarono la lettera. Quando i fratelli
l'ebbero letta, si rallegrarono della consolazione che essa portava loro.
Giuda e Sila, anch'essi profeti, con molte parole li esortarono e li
fortificarono. Dopo essersi trattenuti là diverso tempo, i fratelli li
lasciarono ritornare in pace a coloro che li avevano inviati. [Ma parve bene
a Sila di rimanere qui.]
Paolo e Barnaba rimasero ad Antiochia, insegnando e portando, insieme a
molti altri, il lieto messaggio della Parola del Signore.
Secondo viaggio missionario
Partenza di Paolo e Sila; Barnaba e Marco si recano a Cipro
2Co 11:28; Ro 15:29; Gm 3:18; Eb 13:18
Dopo diversi giorni, Paolo disse a Barnaba: «Ritorniamo ora a visitare i
fratelli di tutte le città in cui abbiamo annunziato la Parola del Signore,
per vedere come stanno». Barnaba voleva prendere con loro anche Giovanni
detto Marco. Ma Paolo riteneva che non dovessero prendere uno che si era
separato da loro già in Panfilia, e non li aveva accompagnati nella loro
opera. Nacque un aspro dissenso, al punto che si separarono; Barnaba prese
con sé Marco e s'imbarcò per Cipro;
Paolo, invece, scelse Sila e partì, raccomandato dai fratelli alla grazia
del Signore.
E percorse la Siria e la Cilicia, rafforzando le chiese.
CAPITOLO 16
Timoteo si unisce a Paolo
At 15:40-41 (Ro 16:21; Fl 2:19-22; 1Ti 1:2)
Giunse anche a Derba e a Listra; e là c'era un discepolo, di nome Timoteo,
figlio di una donna ebrea credente, ma di padre greco. Di lui rendevano
buona testimonianza i fratelli che erano a Listra e a Iconio. Paolo volle
che egli partisse con lui; perciò lo prese e lo circoncise a causa dei
Giudei che erano in quei luoghi; perché tutti sapevano che il padre di lui
era greco. Passando da una città all'altra, trasmisero ai fratelli, perché
le osservassero, le decisioni prese dagli apostoli e dagli anziani che erano
a Gerusalemme. Le chiese dunque si fortificavano nella fede e crescevano
ogni giorno di numero.
Visione di Paolo a Troas
Ga 4:13-15
Poi attraversarono la Frigia e la regione della Galazia, perché lo Spirito
Santo vietò loro di annunziare la parola in Asia; e, giunti ai confini della
Misia, cercavano di andare in Bitinia; ma lo Spirito di Gesù non lo permise
loro; e, oltrepassata la Misia, discesero a Troas. Paolo ebbe durante la
notte una visione: un macedone gli stava davanti, e lo pregava dicendo:
«Passa in Macedonia e soccorrici». Appena ebbe avuta quella visione,
cercammo subito di partire per la Macedonia, convinti che Dio ci aveva
chiamati là, ad annunziare loro il vangelo.
Paolo a Filippi
Mt 18:20 (Gv 6:44-45; Sl 119:18; Mt 13:23)
Perciò, salpando da Troas, puntammo diritto su Samotracia, e il giorno
seguente su Neapolis; di là ci recammo a Filippi, che è colonia romana e la
città più importante di quella regione della Macedonia; e restammo in quella
città alcuni giorni.
Il sabato andammo fuori dalla porta, lungo il fiume, dove pensavamo vi fosse
un luogo di preghiera; e sedutici parlavamo alle donne là riunite. Una donna
della città di Tiatiri, commerciante di porpora, di nome Lidia, che temeva
Dio, ci stava ad ascoltare. Il Signore le aprì il cuore, per renderla
attenta alle cose dette da Paolo. Dopo che fu battezzata con la sua
famiglia, ci pregò dicendo: «Se avete giudicato ch'io sia fedele al Signore,
entrate in casa mia, e alloggiatevi». E ci costrinse ad accettare.
Paolo e Sila in prigione
At 19:23-34 (1Te 2:2; 1P 4:12-13)(Fl 1:12)
Mentre andavamo al luogo di preghiera, incontrammo una serva posseduta da
uno spirito di divinazione. Facendo l'indovina, essa procurava molto
guadagno ai suoi padroni. Costei, messasi a seguire Paolo e noi, gridava:
«Questi uomini sono servi del Dio altissimo, e vi annunziano la via della
salvezza». Così fece per molti giorni; ma Paolo, infastidito, si voltò e
disse allo spirito: «Io ti ordino, nel nome di Gesù Cristo, che tu esca da
costei». Ed egli uscì in quell'istante.
I suoi padroni, vedendo che la speranza del loro guadagno era svanita,
presero Paolo e Sila e li trascinarono sulla piazza davanti alle autorità;
e, presentatili ai pretori, dissero: «Questi uomini, che sono Giudei,
turbano la nostra città, e predicano riti che a noi Romani non è lecito
accettare né praticare». La folla insorse allora contro di loro; e i
pretori, strappate loro le vesti, comandarono che fossero battuti con le
verghe. E, dopo aver dato loro molte vergate, li cacciarono in prigione,
comandando al carceriere di sorvegliarli attentamente. Ricevuto tale ordine,
egli li rinchiuse nella parte più interna del carcere e mise dei ceppi ai
loro piedi.
Conversione del carceriere di Filippi
Gv 3:16; 1Ti 1:15-16
Verso la mezzanotte Paolo e Sila, pregando, cantavano inni a Dio; e i
carcerati li ascoltavano. A un tratto, vi fu un gran terremoto, la prigione
fu scossa dalle fondamenta; e in quell'istante tutte le porte si aprirono, e
le catene di tutti si spezzarono. Il carceriere si svegliò e, vedute tutte
le porte del carcere spalancate, sguainò la spada per uccidersi, pensando
che i prigionieri fossero fuggiti. Ma Paolo gli gridò ad alta voce: «Non
farti del male, perché siamo tutti qui». Il carceriere, chiesto un lume,
balzò dentro e tutto tremante, si gettò ai piedi di Paolo e di Sila; poi li
condusse fuori e disse: «Signori, che debbo fare per essere salvato?» Ed
essi risposero: «Credi nel Signore Gesù, e sarai salvato tu e la tua
famiglia». Poi annunziarono la Parola del Signore a lui e a tutti quelli che
erano in casa sua. Ed egli li prese con sé in quella stessa ora della notte,
lavò le loro piaghe e subito fu battezzato lui con tutti i suoi. Poi li fece
salire in casa sua, apparecchiò loro la tavola, e si rallegrava con tutta la
sua famiglia, perché aveva creduto in Dio.
Paolo e Sila vengono rilasciati
At 22:25-29 (Fl 1:1-11, 27-30)
Fattosi giorno, i pretori mandarono i littori a dire: «Libera quegli
uomini». Il carceriere riferì a Paolo queste parole, dicendo: «I pretori
hanno mandato a dire che siate rimessi in libertà; or dunque uscite, e
andate in pace». Ma Paolo disse loro: «Dopo averci battuti in pubblico senza
che fossimo stati condannati, noi che siamo cittadini romani, ci hanno
gettati in prigione; e ora vogliono rilasciarci di nascosto? No davvero!
Anzi, vengano loro stessi a condurci fuori». I littori riferirono queste
parole ai pretori; e questi ebbero paura quando seppero che erano Romani;
essi vennero e li pregarono di scusarli; e, accompagnandoli fuori, chiesero
loro di andarsene dalla città. Allora Paolo e Sila, usciti dalla prigione,
entrarono in casa di Lidia; e visti i fratelli, li confortarono, e
partirono.
CAPITOLO 17
Paolo e Sila a Tessalonica
1Te 1; 2:1-16; Fl 4:16; Gv 15:19-21, 25; 16:2-3
Dopo essere passati per Amfipoli e per Apollonia, giunsero a Tessalonica,
dove c'era una sinagoga dei Giudei; e Paolo, com'era sua consuetudine, entrò
da loro, e per tre sabati tenne loro ragionamenti tratti dalle Scritture,
spiegando e dimostrando che il Cristo doveva morire e risuscitare dai morti.
«E il Cristo», egli diceva, «è quel Gesù che io vi annunzio». Alcuni di loro
furono convinti, e si unirono a Paolo e Sila; e così una gran folla di Greci
pii, e non poche donne delle famiglie più importanti. Ma i Giudei, mossi da
invidia, presero con loro alcuni uomini malvagi tra la gente di piazza; e,
raccolta quella plebaglia, misero in subbuglio la città; e, assalita la casa
di Giasone, cercavano di trascinare Paolo e Sila davanti al popolo. Ma non
avendoli trovati, trascinarono Giasone e alcuni fratelli davanti ai
magistrati della città, gridando: «Costoro, che hanno messo sottosopra il
mondo, sono venuti anche qui, e Giasone li ha ospitati; ed essi tutti
agiscono contro i decreti di Cesare, dicendo che c'è un altro re, Gesù». E
misero in agitazione la popolazione e i magistrati della città, che udivano
queste cose. Questi, dopo aver ricevuto una cauzione da Giasone e dagli
altri, li lasciarono andare.
Paolo e Sila a Berea
Is 8:20; 1Te 5:21
Ma i fratelli subito, di notte, fecero partire Paolo e Sila per Berea; ed
essi, appena giunti, si recarono nella sinagoga dei Giudei. Or questi erano
di sentimenti più nobili di quelli di Tessalonica, perché ricevettero la
Parola con ogni premura, esaminando ogni giorno le Scritture per vedere se
le cose stavano così. Molti di loro, dunque, credettero, e così pure un gran
numero di nobildonne greche e di uomini. Ma quando i Giudei di Tessalonica
vennero a sapere che la Parola di Dio era stata annunziata da Paolo anche a
Berea, si recarono là, agitando e mettendo sottosopra la folla. I fratelli,
allora, fecero subito partire Paolo, conducendolo fino al mare; ma Sila e
Timoteo rimasero ancora là.
Quelli che accompagnavano Paolo, lo condussero fino ad Atene, e, ricevuto
l'ordine di dire a Sila e a Timoteo che quanto prima si recassero da lui, se
ne tornarono indietro.
Paolo ad Atene
Il discorso nell'Areòpago
Sl 69:10 (At 14:14-17; 26:17-20) 1Co 1:18-25
Mentre Paolo li aspettava ad Atene, lo spirito gli s'inacerbiva dentro nel
vedere la città piena di idoli. Frattanto discorreva nella sinagoga con i
Giudei e con le persone pie; e sulla piazza, ogni giorno, con quelli che vi
si trovavano. E anche alcuni filosofi epicurei e stoici conversavano con
lui. Alcuni dicevano: «Che cosa dice questo ciarlatano?» E altri: «Egli
sembra essere un predicatore di divinità straniere»; perché annunziava Gesù
e la risurrezione. Presolo con sé, lo condussero su nell'Areòpago, dicendo:
«Potremmo sapere quale sia questa nuova dottrina che tu proponi? Poiché tu
ci fai sentire cose strane. Noi vorremmo dunque sapere che cosa vogliono
dire queste cose».
Or tutti gli Ateniesi e i residenti stranieri non passavano il loro tempo in
altro modo che a dire o ad ascoltare novità.
E Paolo, stando in piedi in mezzo all'Areòpago, disse:
«Ateniesi, vedo che sotto ogni aspetto siete estremamente religiosi. Poiché,
passando, e osservando gli oggetti del vostro culto, ho trovato anche un
altare sul quale era scritto: Al dio sconosciuto. Orbene, ciò che voi
adorate senza conoscerlo, io ve lo annunzio. Il Dio che ha fatto il mondo e
tutte le cose che sono in esso, essendo Signore del cielo e della terra, non
abita in templi costruiti da mani d'uomo; e non è servito dalle mani
dell'uomo, come se avesse bisogno di qualcosa; lui, che dà a tutti la vita,
il respiro e ogni cosa. Egli ha tratto da uno solo tutte le nazioni degli
uomini perché abitino su tutta la faccia della terra, avendo determinato le
epoche loro assegnate, e i confini della loro abitazione, affinché cerchino
Dio, se mai giungano a trovarlo, come a tastoni, benché egli non sia lontano
da ciascuno di noi. Difatti, in lui viviamo, ci moviamo, e siamo, come anche
alcuni vostri poeti hanno detto: "Poiché siamo anche sua discendenza".
Essendo dunque discendenza di Dio, non dobbiamo credere che la divinità sia
simile a oro, ad argento, o a pietra scolpita dall'arte e dall'immaginazione
umana. Dio dunque, passando sopra i tempi dell'ignoranza, ora comanda agli
uomini che tutti, in ogni luogo, si ravvedano, perché ha fissato un giorno,
nel quale giudicherà il mondo con giustizia per mezzo dell'uomo ch'egli ha
stabilito, e ne ha dato sicura prova a tutti, risuscitandolo dai morti».
Quando sentirono parlare di risurrezione dei morti, alcuni se ne beffavano;
e altri dicevano: «Su questo ti ascolteremo un'altra volta». Così Paolo uscì
di mezzo a loro. Ma alcuni si unirono a lui e credettero; tra i quali anche
Dionisio l'areopagita, una donna chiamata Damaris, e altri con loro.
1Co 1:1-9; 2:1-5; 4:12; 2Co 11:5-12; 12:12-13
Dopo questi fatti egli lasciò Atene e si recò a Corinto. Qui trovò un ebreo,
di nome Aquila, oriundo del Ponto, giunto di recente dall'Italia insieme con
sua moglie Priscilla, perché Claudio aveva ordinato a tutti i Giudei di
lasciare Roma. Egli si unì a loro. Essendo del medesimo mestiere, andò ad
abitare e a lavorare con loro. Infatti, di mestiere, erano fabbricanti di
tende.
Ma ogni sabato insegnava nella sinagoga e persuadeva Giudei e Greci. Quando
poi Sila e Timoteo giunsero dalla Macedonia, Paolo si dedicò completamente
alla Parola, testimoniando ai Giudei che Gesù era il Cristo. Ma poiché essi
facevano opposizione e lo insultavano, egli scosse le sue vesti e disse
loro: «Il vostro sangue ricada sul vostro capo; io ne sono netto; da ora in
poi andrò dai pagani». E, uscito di là, entrò in casa di un tale chiamato
Tizio Giusto, che temeva Dio, e aveva la casa attigua alla sinagoga. Ma
Crispo, capo della sinagoga, credette nel Signore insieme a tutta la sua
famiglia. Molti Corinzi, udendo, credevano e venivano battezzati.
Una notte il Signore disse in visione a Paolo: «Non temere, ma continua a
parlare e non tacere; perché io sono con te, e nessuno ti metterà le mani
addosso per farti del male; perché io ho un popolo numeroso in questa
città».
Ed egli rimase là un anno e sei mesi, insegnando tra di loro la Parola di
Dio.
At 25:15-21; Ro 13:3-4
Poi, quando Gallione era proconsole dell'Acaia, i Giudei, unanimi, insorsero
contro Paolo, e lo condussero davanti al tribunale, dicendo: «Costui
persuade la gente ad adorare Dio in modo contrario alla legge». Paolo stava
per parlare, ma Gallione disse ai Giudei: «Se si trattasse di qualche
ingiustizia o di qualche cattiva azione, o Giudei, io vi ascolterei
pazientemente, come vuole la ragione. Ma se si tratta di questioni intorno a
parole, a nomi, e alla vostra legge, vedetevela voi; io non voglio esser
giudice di queste cose». E li fece uscire dal tribunale. Allora tutti
afferrarono Sostene, il capo della sinagoga, e lo picchiavano davanti al
tribunale. E Gallione non si curava affatto di queste cose.
Paolo ritorna ad Antiochia
At 21:23-26; 20:16; 14:26
Quanto a Paolo, dopo essersi trattenuto ancora molti giorni a Corinto, prese
commiato dai fratelli, e navigò verso la Siria, con Priscilla e Aquila, dopo
essersi fatto radere il capo a Cencrea, perché aveva fatto un voto,
s'imbarcò per la Siria, con Priscilla e Aquila.
Quando giunsero a Efeso, Paolo li lasciò là; poi, entrato nella sinagoga, si
mise a discorrere con i Giudei. Essi lo pregarono di rimanere da loro più a
lungo, ma egli non acconsentì; e dopo aver preso commiato e aver detto che,
Dio volendo, sarebbe tornato da loro un'altra volta, salpò da Efeso;
giunto a Cesarea, salì a Gerusalemme; e, salutata la chiesa, scese ad
Antiochia.
Terzo viaggio missionario
At 15:41; 16:4-6; Mt 13:12; 1Co 3:4-8
Dopo essersi fermato qui qualche tempo, partì, percorrendo la regione della
Galazia e della Frigia successivamente, fortificando tutti i discepoli.
Apollo a Efeso e a Corinto
Ora un ebreo di nome Apollo, oriundo di Alessandria, uomo eloquente e
versato nelle Scritture, arrivò a Efeso. Egli era stato istruito nella via
del Signore; ed essendo fervente di spirito, annunziava e insegnava
accuratamente le cose relative a Gesù, benché avesse conoscenza soltanto del
battesimo di Giovanni. Egli cominciò pure a parlare con franchezza nella
sinagoga. Ma Priscilla e Aquila, dopo averlo udito, lo presero con loro e
gli esposero con più esattezza la via di Dio. Poi, siccome voleva andare in
Acaia, i fratelli lo incoraggiarono, e scrissero ai discepoli di
accoglierlo. Giunto là, egli fu di grande aiuto a quelli che avevano creduto
mediante la grazia di Dio, perché con gran vigore confutava pubblicamente i
Giudei, dimostrando con le Scritture che Gesù è il Cristo.
Mt 3:1-12; At 8:14-17
Mentre Apollo era a Corinto, Paolo, dopo aver attraversato le regioni
superiori del paese, giunse a Efeso; e vi trovò alcuni discepoli, ai quali
disse: «Riceveste lo Spirito Santo quando credeste?» Gli risposero: «Non
abbiamo neppure sentito dire che ci sia lo Spirito Santo». Egli disse loro:
«Con quale battesimo siete dunque stati battezzati?» Essi risposero: «Con il
battesimo di Giovanni». Paolo disse: «Giovanni battezzò con il battesimo di
ravvedimento, dicendo al popolo di credere in colui che veniva dopo di lui,
cioè, in Gesù». Udito questo, furono battezzati nel nome del Signore Gesù;
e, avendo Paolo imposto loro le mani, lo Spirito Santo scese su di loro ed
essi parlavano in lingue e profetizzavano. Erano in tutto circa dodici
uomini.
1Co 16:8-9; At 20:17-21, 31; Eb 2:4
Poi entrò nella sinagoga, e qui parlò con molta franchezza per tre mesi,
esponendo con discorsi persuasivi le cose relative al regno di Dio. Ma
siccome alcuni si ostinavano e rifiutavano di credere dicendo male della
nuova Via davanti alla folla, egli, ritiratosi da loro, separò i discepoli e
insegnava ogni giorno nella scuola di Tiranno. Questo durò due anni. Così
tutti coloro che abitavano nell'Asia, Giudei e Greci, udirono la Parola del
Signore. Dio intanto faceva miracoli straordinari per mezzo di Paolo; al
punto che si mettevano sopra i malati dei fazzoletti e dei grembiuli che
erano stati sul suo corpo, e le malattie scomparivano e gli spiriti maligni
uscivano.
(At 8:9-13, 18-23; 2Ti 3:8-9) 1Co 4:20; Fl 3:7-9
Or alcuni esorcisti itineranti giudei tentarono anch'essi d'invocare il nome
del Signore Gesù su quelli che avevano degli spiriti maligni, dicendo: «Io
vi scongiuro, per quel Gesù che Paolo annunzia». Quelli che facevano questo
erano sette figli di un certo Sceva, ebreo, capo sacerdote. Ma lo spirito
maligno rispose loro: «Conosco Gesù, e so chi è Paolo; ma voi chi siete?» E
l'uomo che aveva lo spirito maligno si scagliò su due di loro; e li trattò
in modo tale che fuggirono da quella casa, nudi e feriti. Questo fatto fu
risaputo da tutti, Giudei e Greci, che abitavano a Efeso; e tutti furono
presi da timore, e il nome del Signore Gesù era esaltato. Molti di quelli
che avevano creduto venivano a confessare e a dichiarare le cose che avevano
fatte. Fra quanti avevano esercitato le arti magiche molti portarono i loro
libri, e li bruciarono in presenza di tutti; e, calcolatone il prezzo,
trovarono che era di cinquantamila dramme d'argento.
Così la Parola di Dio cresceva e si affermava potentemente.
Dopo questi fatti Paolo si mise in animo di andare a Gerusalemme, passando
per la Macedonia e per l'Acaia. «Dopo essere stato là», diceva, «bisogna che
io veda anche Roma». Mandati in Macedonia due dei suoi aiutanti, Timoteo ed
Erasto, egli si fermò ancora per qualche tempo in Asia.
Il tumulto di Efeso
1Co 16:5-9; 15:32; 2Co 1:8-10; Ec 9:17
In quel periodo vi fu un gran tumulto a proposito della nuova Via. Perché un
tale, di nome Demetrio, orefice, che faceva tempietti di Diana in argento,
procurava non poco guadagno agli artigiani. Riuniti questi e gli altri che
esercitavano il medesimo mestiere, disse: «Uomini, voi sapete che da questo
lavoro proviene la nostra prosperità; e voi vedete e udite che questo Paolo
ha persuaso e sviato molta gente non solo a Efeso, ma in quasi tutta l'Asia,
dicendo che quelli costruiti con le mani, non sono dèi. Non solo vi è
pericolo che questo ramo della nostra arte cada in discredito, ma che anche
il tempio della grande dea Diana non conti più, e che sia perfino privata
della sua maestà colei che tutta l'Asia e il mondo adorano».
Essi, udite queste cose, accesi di sdegno, si misero a gridare: «Grande è la
Diana degli Efesini!»
E tutta la città fu piena di confusione; e trascinando con sé a forza Gaio e
Aristarco, macedoni, compagni di viaggio di Paolo, si precipitarono tutti
d'accordo verso il teatro. Paolo voleva presentarsi al popolo, ma i
discepoli glielo impedirono. Anche alcuni magistrati dell'Asia, che gli
erano amici, mandarono a pregarlo di non avventurarsi nel teatro. Intanto,
chi gridava una cosa, chi un'altra; infatti l'assemblea era confusa; e i più
non sapevano per quale motivo si fossero riuniti. Dalla folla fecero uscire
Alessandro, che i Giudei spingevano avanti. E Alessandro, fatto cenno con la
mano, voleva tenere un discorso di difesa davanti al popolo. Ma quando si
accorsero che era ebreo, tutti, per quasi due ore, si misero a gridare in
coro: «Grande è la Diana degli Efesini!»
Allora il segretario, calmata la folla, disse: «Uomini di Efeso, c'è forse
qualcuno che non sappia che la città degli Efesini è la custode del tempio
della grande Diana e della sua immagine caduta dal cielo? Queste cose sono
incontestabili; perciò dovete calmarvi e non far nulla in modo precipitoso;
voi infatti avete condotto qua questi uomini, i quali non sono né
sacrileghi, né bestemmiatori della nostra dea. Se dunque Demetrio e gli
artigiani che sono con lui hanno qualcosa contro qualcuno, ci sono i
tribunali e ci sono i proconsoli: si facciano citare gli uni e gli altri. Se
poi volete ottenere qualcos'altro, la questione si risolverà in un'assemblea
regolare. Infatti corriamo il rischio di essere accusati di sedizione per la
riunione di oggi, non essendovi ragione alcuna con la quale poter
giustificare questo tumulto». Detto questo, sciolse l'assemblea.
CAPITOLO 20
Paolo in Macedonia e in Grecia
1Co 16:1-7; 2Co 7:5; Ro 15:25-27
Cessato il tumulto, Paolo fece chiamare i discepoli e, dopo averli esortati,
li salutò e partì per la Macedonia.
Attraversate quelle regioni, rivolgendo molte esortazioni ai discepoli,
giunse in Grecia. Qui si trattenne tre mesi.
Poi, dato che i Giudei avevano ordito un complotto contro di lui mentre
stava per imbarcarsi per la Siria, decise di ritornare attraverso la
Macedonia. Lo accompagnarono Sòpatro di Berea, figlio di Pirro, Aristarco e
Secondo di Tessalonica, Gaio di Derba, Timoteo e, della provincia d'Asia,
Tichico e Trofimo. Questi andarono avanti e ci aspettarono a Troas.
Paolo a Troas
(At 9:36-42; 1R 17:17-24; 2R 4:32-37) 2Co 1:3-4
Trascorsi i giorni degli Azzimi, partimmo da Filippi e, dopo cinque giorni,
li raggiungemmo a Troas, dove ci trattenemmo sette giorni.
Il primo giorno della settimana, mentre eravamo riuniti per spezzare il
pane, Paolo, dovendo partire il giorno seguente, parlava ai discepoli, e
prolungò il discorso fino a mezzanotte. Nella sala di sopra, dov'eravamo
riuniti, c'erano molte lampade; un giovane di nome Eutico, che stava seduto
sul davanzale della finestra, fu colto da un sonno profondo, poiché Paolo
tirava in lungo il suo dire; egli, sopraffatto dal sonno, precipitò giù dal
terzo piano, e venne raccolto morto. Ma Paolo scese, si gettò su di lui, e,
abbracciatolo, disse: «Non vi turbate, perché è ancora in vita». Poi risalì,
spezzò il pane e prese cibo; e dopo aver ragionato lungamente sino all'alba,
partì. Il giovane fu ricondotto vivo, ed essi ne furono oltremodo consolati.
Viaggio da Troas a Mileto
At 18:18-21
Quanto a noi, che eravamo partiti con la nave, facemmo vela per Asso, dove
avevamo intenzione di prendere a bordo Paolo; perché egli aveva stabilito
così, volendo fare quel tragitto a piedi. Quando ci raggiunse ad Asso, lo
prendemmo con noi, e arrivammo a Mitilene. Di là, navigando, arrivammo il
giorno dopo di fronte a Chio; il giorno seguente approdammo a Samo, e il
giorno dopo giungemmo a Mileto. Paolo aveva deciso di oltrepassare Efeso,
per non perdere tempo in Asia; egli si affrettava per trovarsi a
Gerusalemme, se gli fosse stato possibile, il giorno della Pentecoste.
Discorso di Paolo agli anziani di Efeso
(1Te 2:1-12; 1P 5:1-4)(Mt 7:15-20; 2P 2:1-3; Tt 1:9-14)
Da Mileto mandò a Efeso a chiamare gli anziani della chiesa. Quando giunsero
da lui, disse loro: «Voi sapete in quale maniera, dal primo giorno che
giunsi in Asia, mi sono sempre comportato con voi, servendo il Signore con
ogni umiltà, e con lacrime, tra le prove venutemi dalle insidie dei Giudei;
e come non vi ho nascosto nessuna delle cose che vi erano utili, e ve le ho
annunziate e insegnate in pubblico e nelle vostre case, e ho avvertito
solennemente Giudei e Greci di ravvedersi davanti a Dio e di credere nel
Signore nostro Gesù Cristo.
Ed ecco che ora, legato dallo Spirito, vado a Gerusalemme, senza sapere le
cose che là mi accadranno. So soltanto che lo Spirito Santo in ogni città mi
attesta che mi attendono catene e tribolazioni. Ma non faccio nessun conto
della mia vita, come se mi fosse preziosa, pur di condurre a termine [con
gioia] la mia corsa e il servizio affidatomi dal Signore Gesù, cioè di
testimoniare del vangelo della grazia di Dio.
E ora, ecco, io so che voi tutti fra i quali sono passato predicando il
regno, non vedrete più la mia faccia. Perciò io dichiaro quest'oggi di
essere puro del sangue di tutti; perché non mi sono tirato indietro
dall'annunziarvi tutto il consiglio di Dio. Badate a voi stessi e a tutto il
gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha costituiti vescovi, per
pascere la chiesa di Dio, che egli ha acquistata con il proprio sangue. Io
so che dopo la mia partenza si introdurranno fra di voi lupi rapaci, i quali
non risparmieranno il gregge; e anche tra voi stessi sorgeranno uomini che
insegneranno cose perverse per trascinarsi dietro i discepoli. Perciò
vegliate, ricordandovi che per tre anni, notte e giorno, non ho cessato di
ammonire ciascuno con lacrime.
E ora, vi affido a Dio e alla Parola della sua grazia, la quale può
edificarvi e darvi l'eredità di tutti i santificati. Non ho desiderato né
l'argento, né l'oro, né i vestiti di nessuno. Voi stessi sapete che queste
mani hanno provveduto ai bisogni miei e di coloro che erano con me. In ogni
cosa vi ho mostrato che bisogna venire in aiuto ai deboli lavorando così, e
ricordarsi delle parole del Signore Gesù, il quale disse egli stesso: "Vi è
più gioia nel dare che nel ricevere"».
Quand'ebbe dette queste cose, si pose in ginocchio e pregò con tutti loro.
Tutti scoppiarono in un gran pianto; e si gettarono al collo di Paolo, e lo
baciarono, dolenti soprattutto perché aveva detto loro che non avrebbero più
rivisto la sua faccia; e l'accompagnarono alla nave.
Sl 87:4; At 20:36-38
Dopo esserci separati da loro, salpammo, e giungemmo direttamente a Cos, il
giorno seguente a Rodi e di là a Patara. E, trovata una nave diretta in
Fenicia, salimmo a bordo e salpammo. Giunti in vista di Cipro, e lasciatala
a sinistra, navigammo verso la Siria, e approdammo a Tiro, perché qui si
doveva scaricare la nave. Trovati i discepoli, soggiornammo là sette giorni.
Essi, mossi dallo Spirito, dicevano a Paolo di non metter piede a
Gerusalemme; quando però fummo al termine di quei giorni, partimmo per
continuare il viaggio, accompagnati da tutti loro, con le mogli e i figli,
sin fuori dalla città; dopo esserci inginocchiati sulla spiaggia, pregammo e
ci dicemmo addio; poi salimmo sulla nave, e quelli se ne tornarono alle loro
case.
Paolo a Tolemaide e a Cesarea
At 8:5, 40; 2:16-18; 20:22-24
Terminata la navigazione, da Tiro arrivammo a Tolemaide; e, salutati i
fratelli, restammo un giorno con loro.
Ripartiti il giorno dopo, giungemmo a Cesarea; ed entrati in casa di Filippo
l'evangelista, che era uno dei sette, restammo da lui. Egli aveva quattro
figlie non sposate, le quali profetizzavano. Eravamo là da molti giorni,
quando scese dalla Giudea un profeta, di nome Agabo. Egli venne da noi e,
presa la cintura di Paolo, si legò i piedi e le mani e disse: «Questo dice
lo Spirito Santo: "A Gerusalemme i Giudei legheranno così l'uomo a cui
questa cintura appartiene, e lo consegneranno nelle mani dei pagani"».
Quando udimmo queste cose, tanto noi che quelli del luogo lo pregavamo di
non salire a Gerusalemme. Paolo allora rispose: «Che fate voi, piangendo e
spezzandomi il cuore? Sappiate che io sono pronto non solo a essere legato,
ma anche a morire a Gerusalemme per il nome del Signore Gesù». E, poiché non
si lasciava persuadere, ci rassegnammo dicendo: «Sia fatta la volontà del
Signore».
Dopo quei giorni, fatti i nostri preparativi, salimmo a Gerusalemme. Vennero
con noi anche alcuni discepoli di Cesarea, che ci condussero in casa di un
certo Mnasone di Cipro, discepolo di vecchia data, presso il quale dovevamo
alloggiare.
A Gerusalemme Paolo si reca da Giacomo
Ro 15:1-2; 1Co 9:19-23
Arrivati a Gerusalemme, i fratelli ci accolsero festosamente. Il giorno
seguente, Paolo si recò con noi da Giacomo; e vi si trovarono tutti gli
anziani. Dopo averli salutati, Paolo si mise a raccontare dettagliatamente
quello che Dio aveva fatto tra i pagani, per mezzo del suo servizio. Ed
essi, dopo averlo ascoltato, glorificavano Dio. Poi, dissero a Paolo:
«Fratello, tu vedi quante migliaia di Giudei hanno creduto; e tutti sono
zelanti per la legge. Ora sono stati informati su di te che vai insegnando a
tutti i Giudei sparsi tra i pagani ad abbandonare Mosè, e dicendo di non
circoncidere più i loro figli e di non conformarsi più ai riti. E allora? È
inevitabile [che molti di loro si radunino, perché] verranno a sapere che tu
sei venuto. Fa' dunque quello che ti diciamo: noi abbiamo quattro uomini che
hanno fatto un voto; prendili con te, purìficati con loro, e paga le spese
per loro affinché possano radersi il capo; così tutti conosceranno che non
c'è niente di vero nelle informazioni che hanno ricevute sul tuo conto; ma
che tu pure osservi la legge. Quanto ai pagani che hanno creduto, noi
abbiamo scritto decretando che si astengano dalle cose sacrificate agli
idoli, dal sangue, dagli animali soffocati e dalla fornicazione». Allora
Paolo, il giorno seguente, prese con sé quegli uomini e, dopo essersi
purificato con loro, entrò nel tempio, annunziando di voler compiere i
giorni della purificazione, fino alla presentazione dell'offerta per
ciascuno di loro.
Paolo è arrestato nel tempio
At 20:23; 24:5-19; Ro 15:30-31; 1Te 2:15-16
Quando i sette giorni stavano per compiersi, i Giudei dell'Asia, vedendolo
nel tempio, aizzarono tutta la folla, e gli misero le mani addosso,
gridando: «Israeliti, venite in aiuto: questo è l'uomo che va predicando a
tutti e dappertutto contro il popolo, contro la legge e contro questo luogo;
e oltre a ciò, ha condotto anche dei Greci nel tempio, e ha profanato questo
santo luogo». Infatti, prima avevano veduto Trofimo di Efeso in città con
Paolo, e pensavano che egli lo avesse condotto nel tempio.
Tutta la città fu in agitazione e si fece un assembramento di gente;
afferrato Paolo, lo trascinarono fuori dal tempio, e subito le porte furono
chiuse. Mentre cercavano di ucciderlo, fu riferito al tribuno della coorte
che tutta Gerusalemme era in subbuglio. Ed egli, presi immediatamente dei
soldati e dei centurioni, si precipitò verso i Giudei, i quali, vedendo il
tribuno e i soldati, cessarono di battere Paolo. Allora il tribuno si
avvicinò, prese Paolo, e ordinò che fosse legato con due catene; poi domandò
chi fosse e che cosa avesse fatto. E nella folla gli uni gridavano una cosa,
e gli altri un'altra; per cui, non potendo sapere nulla di certo a causa
della confusione, ordinò che fosse condotto nella fortezza.
At 26:1; Mt 10:19-20
Quando Paolo arrivò alla gradinata dovette, per la violenza della folla,
essere portato di peso dai soldati, perché una marea di gente incalzava,
gridando: «A morte!» Quando Paolo stava per essere introdotto nella
fortezza, disse al tribuno: «Mi è permesso dirti qualcosa?» Quegli rispose:
«Sai il greco? Non sei dunque quell'egiziano che tempo fa sobillò e condusse
nel deserto quei quattromila briganti?» Ma Paolo disse: «Io sono un giudeo
di Tarso, cittadino di quella non oscura città di Cilicia; e ti prego che tu
mi permetta di parlare al popolo». Il tribuno glielo permise e Paolo, stando
in piedi sulla gradinata, fece cenno con la mano al popolo e, fattosi un
gran silenzio, parlò loro in ebraico, dicendo:
CAPITOLO 22
Discorso di Paolo ai Giudei
At 9:1-30; 26:9-21; 1Ti 1:12-17
«Fratelli e padri, ascoltate ciò che ora vi dico a mia difesa».
Quand'ebbero udito che egli parlava loro in lingua ebraica, fecero ancor più
silenzio. Poi disse:
«Io sono un giudeo, nato a Tarso di Cilicia, ma allevato in questa città,
educato ai piedi di Gamaliele nella rigida osservanza della legge dei padri;
sono stato zelante per la causa di Dio, come voi tutti siete oggi;
perseguitai a morte questa Via, legando e mettendo in prigione uomini e
donne, come me ne sono testimoni il sommo sacerdote e tutto il collegio
degli anziani; avute da loro delle lettere per i fratelli, mi recavo a
Damasco per condurre legati a Gerusalemme anche quelli che erano là, perché
fossero puniti.
Mentre ero per strada e mi avvicinavo a Damasco, verso mezzogiorno,
improvvisamente dal cielo mi sfolgorò intorno una gran luce. Caddi a terra e
udii una voce che mi disse: "Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?" Io
risposi: "Chi sei, Signore?" Ed egli mi disse: "Io sono Gesù il Nazareno,
che tu perseguiti". Coloro che erano con me videro sì la luce, ma non
intesero la voce di colui che mi parlava. Allora dissi: "Signore, che devo
fare?" E il Signore mi disse: "Àlzati, va' a Damasco, e là ti saranno dette
tutte le cose che ti è ordinato di fare". E siccome non ci vedevo più a
causa del fulgore di quella luce, fui condotto per mano da quelli che erano
con me; e, così, giunsi a Damasco.
Un certo Anania, uomo pio secondo la legge, al quale tutti i Giudei che
abitavano là rendevano buona testimonianza, venne da me, e, accostatosi, mi
disse: "Fratello Saulo, ricupera la vista". E in quell'istante riebbi la
vista e lo guardai. Egli soggiunse: "Il Dio dei nostri padri ti ha destinato
a conoscere la sua volontà, a vedere il Giusto e ad ascoltare una parola
dalla sua bocca. Perché tu gli sarai testimone davanti a tutti gli uomini
delle cose che hai viste e udite. E ora, perché indugi? Àlzati, sii
battezzato e lavato dei tuoi peccati, invocando il suo nome".
Dopo il mio ritorno a Gerusalemme, mentre pregavo nel tempio fui rapito in
estasi, e vidi Gesù che mi diceva: "Affrèttati, esci presto da Gerusalemme,
perché essi non riceveranno la tua testimonianza su di me". E io dissi:
"Signore, essi sanno che io incarceravo e flagellavo nelle sinagoghe quelli
che credevano in te; quando si versava il sangue di Stefano, tuo testimone,
anch'io ero presente e approvavo, e custodivo i vestiti di coloro che lo
uccidevano". Ma egli mi disse: "Va' perché io ti manderò lontano, tra i
popoli"».
At 16:22-23, 35-39; 25:16
Lo ascoltarono fino a questa parola; poi alzarono la voce, dicendo: «Togli
via dal mondo un uomo simile; perché non è degno di vivere». Com'essi
gridavano e gettavano via i loro vestiti e lanciavano polvere in aria, il
tribuno comandò che Paolo fosse condotto nella fortezza e che venisse
interrogato mediante tortura, allo scopo di sapere per quale motivo
gridassero così contro di lui. Quando lo ebbero disteso e legato con le
cinghie, Paolo disse al centurione che era presente: «Vi è lecito flagellare
un cittadino romano, che non è stato ancora condannato?» Il centurione,
udito questo, andò a riferirlo al tribuno, dicendo: «Che stai per fare?
Quest'uomo è romano!» Il tribuno andò da Paolo, e gli chiese: «Dimmi, sei
romano?» Ed egli rispose: «Sì». Il tribuno replicò: «Io ho acquistato questa
cittadinanza per una grande somma di denaro». E Paolo disse: «Io, invece,
l'ho di nascita». Allora quelli che stavano per sottoporlo a interrogatorio,
si ritirarono subito da lui; e anche il tribuno, sapendo che egli era
romano, ebbe paura perché l'aveva fatto legare.
Paolo davanti al sinedrio
At 23:28 (Mt 23:27-28; 10:16)(Sl 37:32-33; Gs 1:9)
Il giorno seguente, volendo sapere con certezza di che cosa egli fosse
accusato dai Giudei, gli tolse le catene e ordinò ai capi dei sacerdoti e a
tutto il sinedrio di radunarsi; e, condotto giù Paolo, lo fece comparire
davanti a loro.
Paolo, fissato lo sguardo sul sinedrio, disse: «Fratelli,
fino ad oggi mi sono condotto davanti a Dio in tutta buona coscienza».
Il sommo sacerdote Anania comandò a quelli che erano vicini a lui, di
percuoterlo sulla bocca. Allora Paolo gli disse: «Dio percoterà te, parete
imbiancata; tu siedi per giudicarmi secondo la legge e violando la legge
comandi che io sia percosso?» Coloro che erano là presenti dissero: «Tu
insulti il sommo sacerdote di Dio?» Paolo disse: «Fratelli, non sapevo che
fosse sommo sacerdote; perché sta scritto: "Non dirai male del capo del tuo
popolo"».
Or Paolo, sapendo che una parte dell'assemblea era composta di sadducei e
l'altra di farisei, esclamò nel Sinedrio: Fratelli, io son fariseo, figliuol
di farisei; ed è a motivo della speranza e della risurrezione del morti, che
son chiamato in giudizio. Appena ebbe detto questo, nacque contesa tra i
farisei e i sadducei, e l'assemblea si trovò divisa. Perché i sadducei
dicono che non vi è risurrezione, né angelo, né spirito; mentre i farisei
affermano l'una e l'altra cosa. Ne nacque un grande clamore; e alcuni scribi
del partito dei farisei, alzatisi, protestarono, dicendo: «Non troviamo
nulla di male in quest'uomo; e se gli avesse parlato uno spirito o un
angelo?» Poiché il contrasto andava crescendo, il tribuno, temendo che Paolo
fosse fatto a pezzi da quella gente, comandò ai soldati di scendere e di
portarlo via di mezzo a loro, e di condurlo nella fortezza.
La notte seguente, il Signore si presentò a Paolo e gli disse: «Fatti
coraggio; perché come hai reso testimonianza di me a Gerusalemme, così
bisogna che tu la renda anche a Roma».
Conguira contro Paolo
At 9:23-25; Sl 3; 59:4; 2Co 11:23-26
Quando fu giorno, i Giudei ordirono una congiura, e con imprecazioni contro
sé stessi fecero voto di non mangiare né bere finché non avessero ucciso
Paolo. Or quelli che avevano fatto questa congiura erano più di quaranta. Si
presentarono ai capi dei sacerdoti e agli anziani, e dissero: «Abbiamo fatto
voto, scagliando l'anatema contro noi stessi, di non mangiar nulla finché
non abbiamo ucciso Paolo. Perciò voi con il sinedrio presentatevi al tribuno
per chiedergli di condurlo giù da voi, come se voleste conoscere più
esattamente il suo caso; e noi, prima ch'egli arrivi, siamo pronti a
ucciderlo».
Ma il figlio della sorella di Paolo, venuto a sapere dell'agguato, corse
alla fortezza, ed entrato riferì tutto a Paolo. Paolo, chiamato a sé uno dei
centurioni, disse: «Conduci questo giovane dal tribuno, perché ha qualcosa
da riferirgli». Egli lo prese e lo condusse dal tribuno, e disse: «Paolo, il
prigioniero, mi ha chiamato e mi ha pregato di condurti questo giovane, che
ha qualcosa da dirti». Il tribuno lo prese per mano e, appartatosi con lui,
gli domandò: «Che cosa hai da riferirmi?» Ed egli rispose: «I Giudei si sono
messi d'accordo per pregarti che domani tu riconduca giù Paolo nel sinedrio,
come se volessero informarsi meglio del suo caso; ma tu non dar retta a
loro, perché più di quaranta uomini di loro gli tendono un agguato e con
imprecazioni contro sé stessi hanno fatto voto di non mangiare né bere,
finché non lo abbiano ucciso; e ora sono già pronti, aspettando il tuo
consenso». Il tribuno dunque congedò il giovane, dopo avergli raccomandato
di non parlare con nessuno di quanto gli aveva svelato.
Paolo viene trasferito di notte a Cesarea
Poi, chiamati due centurioni, disse loro: «Tenete pronti fin dalla terza ora
della notte duecento soldati, settanta cavalieri e duecento lancieri, per
andare fino a Cesarea; e abbiate pronte delle cavalcature per farvi montare
su Paolo, perché sia condotto sano e salvo dal governatore Felice». Scrisse
anche una lettera del seguente tenore:
«Claudio Lisia, all'eccellentissimo governatore Felice, salute.
Quest'uomo era stato preso dai Giudei, e stava per essere ucciso da loro,
quando sono intervenuto con i soldati e l'ho liberato dalle loro mani,
avendo saputo che era cittadino romano. Volendo sapere di che cosa lo
accusavano, lo condussi nel loro sinedrio. Ho trovato che era accusato per
questioni relative alla loro legge, ma che non era incolpato di nulla che
fosse meritevole di morte o di prigione. Però mi è stato riferito che si
tendeva un agguato contro quest'uomo; perciò l'ho sùbito inviato da te,
ordinando anche ai suoi accusatori di dire davanti a te quello che hanno
contro di lui».
I soldati dunque, com'era stato loro ordinato, presero Paolo e lo condussero
di notte ad Antipatrìda. Il giorno seguente lasciarono partire i cavalieri
con lui e ritornarono alla fortezza. Quelli, giunti a Cesarea e consegnata
la lettera al governatore, gli presentarono anche Paolo. Egli lesse la
lettera e domandò a Paolo di quale provincia fosse e, saputo che era di
Cilicia, gli disse: «Ti ascolterò meglio quando saranno giunti anche i tuoi
accusatori». E ordinò che fosse custodito nel palazzo di Erode.
CAPITOLO 24
Paolo accusato davanti al governatore Felice
At 6:11-13; 21:27-36; Mt 5:11-12
Cinque giorni dopo, il sommo sacerdote Anania discese con alcuni anziani e
con un avvocato di nome Tertullo, e si presentarono al governatore per
accusare Paolo.
Egli fu chiamato e Tertullo cominciò ad accusarlo, dicendo:
«Siccome per merito tuo, eccellentissimo Felice, godiamo molta pace, e per
la tua previdenza sono state fatte delle riforme in favore di questa
nazione, noi in tutto e per tutto lo riconosciamo con viva gratitudine. Ora,
per non trattenerti troppo a lungo, ti prego di ascoltare brevemente,
secondo la tua benevolenza. Abbiamo dunque trovato che quest'uomo è una
peste, che fomenta rivolte fra tutti i Giudei del mondo, ed è capo della
setta dei Nazareni. Egli ha perfino tentato di profanare il tempio; perciò
lo abbiamo preso; [e volevamo giudicarlo secondo la nostra legge; ma il
tribuno Lisia è intervenuto, e lo ha tolto con violenza dalle nostre mani,
ordinando che i suoi accusatori si presentassero davanti a te;]
interrogandolo, potrai tu stesso aver piena conoscenza di tutte le cose di
cui noi lo accusiamo».
I Giudei si unirono anch'essi nelle accuse, affermando che le cose stavano
così.
Lu 21:12-15; 1P 3:15-16
Allora Paolo, dopo che il governatore gli ebbe fatto cenno di parlare,
rispose: «Sapendo che già da molti anni tu sei giudice di questa nazione,
parlo con più coraggio a mia difesa. Perché tu puoi accertarti che non sono
più di dodici giorni da quando salii a Gerusalemme per adorare; ed essi non
mi hanno trovato nel tempio a discutere con nessuno, né a fare assembramenti
di popolo, né nelle sinagoghe, né in città; e non possono provarti le cose
delle quali ora mi accusano. Ma ti confesso questo, che adoro il Dio dei
miei padri, secondo la Via che essi chiamano setta, credendo in tutte le
cose che sono scritte nella legge e nei profeti; avendo in Dio la speranza,
condivisa anche da costoro, che ci sarà una risurrezione dei giusti e degli
ingiusti. Per questo anch'io mi esercito ad avere sempre una coscienza pura
davanti a Dio e davanti agli uomini.
Dopo molti anni, sono venuto a portare elemosine alla mia nazione e a
presentare delle offerte. Mentre io stavo facendo questo, mi hanno trovato
purificato nel tempio, senza assembramento e senza tumulto; e vi erano
alcuni Giudei dell'Asia; questi avrebbero dovuto comparire davanti a te ed
accusarmi, se avevano qualcosa contro di me. Oppure dicano costoro quale
misfatto hanno trovato in me, quando mi presentai davanti al sinedrio; a
meno che si tratti di questa sola parola che gridai, quando comparvi davanti
a loro: "È a motivo della risurrezione dei morti, che io sono oggi giudicato
da voi"».
Allora Felice, che era assai bene informato su questa Via, li rinviò,
dicendo: «Quando sarà giunto il tribuno Lisia, esaminerò il caso vostro». E
ordinò al centurione che Paolo fosse custodito, permettendogli però una
certa libertà, e senza vietare ad alcuno dei suoi di rendergli dei servizi.
Felice rinvia il caso di Paolo
At 17:30-32; Is 55:6-7; Sl 95:8
Dopo alcuni giorni Felice, venuto con sua moglie Drusilla, che era ebrea,
mandò a chiamare Paolo, e lo ascoltò circa la fede in Cristo Gesù. Siccome
Paolo parlava di giustizia, di temperanza e del giudizio futuro, Felice si
spaventò e replicò: «Per ora va'; e quando ne avrò l'opportunità, ti manderò
a chiamare». Egli sperava, allo stesso tempo, che Paolo gli avrebbe dato del
denaro: per questo lo mandava spesso a chiamare e conversava con lui.
Trascorsi due anni, Felice ebbe per successore Porcio Festo; e Felice,
volendo guadagnare il favore dei Giudei, lasciò Paolo in prigione.
CAPITOLO 25
Paolo davanti a Festo, il nuovo governatore
At 23:12-15, 30; 25:14-21; Sl 82:2, 5; 27:12
Festo, dunque, giunse nella sua provincia, e tre giorni dopo salì da Cesarea
a Gerusalemme. I capi dei sacerdoti e i notabili dei Giudei gli presentarono
le loro accuse contro Paolo; e con intenzioni ostili, lo pregavano,
chiedendo come un favore, che lo facesse venire a Gerusalemme. Essi intanto
avrebbero preparato un'imboscata per ucciderlo durante il viaggio. Ma Festo
rispose che Paolo era custodito a Cesarea, e che egli stesso doveva partir
presto. «Quelli dunque che hanno autorità tra di voi», disse egli, «scendano
con me e se vi è in quest'uomo qualche colpa, lo accusino».
Rimasto tra di loro non più di otto o dieci giorni, Festo discese a Cesarea;
e il giorno dopo, sedendo in tribunale, ordinò che Paolo gli fosse condotto
davanti. Quand'egli giunse, i Giudei che erano scesi da Gerusalemme lo
circondarono, portando contro di lui numerose e gravi accuse, che non
potevano provare; mentre Paolo diceva a sua difesa: «Io non ho peccato né
contro la legge dei Giudei, né contro il tempio, né contro Cesare». Ma
Festo, volendo far cosa gradita ai Giudei, disse a Paolo: «Vuoi salire a
Gerusalemme ed essere giudicato in mia presenza intorno a queste cose?» Ma
Paolo rispose: «Io sto qui davanti al tribunale di Cesare, dove debbo essere
giudicato; non ho fatto nessun torto ai Giudei, come anche tu sai molto
bene. Se dunque sono colpevole e ho commesso qualcosa da meritare la morte,
non rifiuto di morire; ma se nelle cose delle quali costoro mi accusano non
c'è nulla di vero, nessuno mi può consegnare nelle loro mani. Io mi appello
a Cesare». Allora Festo, dopo aver conferito con il Consiglio, rispose: «Tu
ti sei appellato a Cesare; a Cesare andrai».
Festo espone il caso di Paolo al re Agrippa
v. 1-12; 9:15
Dopo diversi giorni il re Agrippa e Berenice arrivarono a Cesarea, per
salutare Festo. E poiché si trattennero là per molti giorni, Festo raccontò
al re il caso di Paolo, dicendo: «Vi è un uomo che è stato lasciato in
carcere da Felice, contro il quale, quando mi recai a Gerusalemme, i capi
dei sacerdoti e gli anziani dei Giudei sporsero denuncia, chiedendomi di
condannarlo. Risposi loro che non è abitudine dei Romani consegnare un
accusato, prima che abbia avuto gli accusatori di fronte e gli sia stato
dato modo di difendersi dall'accusa. Quando dunque furono venuti qua, senza
indugio, il giorno seguente, sedetti in tribunale e ordinai che quell'uomo
mi fosse condotto davanti. I suoi accusatori si presentarono, ma non gli
imputavano nessuna delle cattive azioni che io supponevo. Essi avevano
contro di lui certe questioni intorno alla propria religione e intorno a un
certo Gesù, morto, che Paolo affermava essere vivo. E io, non conoscendo la
procedura per questi casi, gli chiesi se voleva andare a Gerusalemme, e là
essere giudicato intorno a queste cose. Ma siccome Paolo aveva interposto
appello per essere rimesso al giudizio dell'imperatore, ordinai che fosse
custodito, finché non l'avrei inviato a Cesare».
Agrippa disse a Festo: «Vorrei anch'io ascoltare quest'uomo». Ed egli
rispose: «Domani lo ascolterai».
Il giorno seguente, dunque, Agrippa e Berenice giunsero con gran pompa, ed
entrarono nella sala d'udienza con i tribuni e con i notabili della città;
e, per ordine di Festo, fu condotto Paolo.
Allora Festo disse: «Re Agrippa, e voi tutti che siete qui presenti con noi,
voi vedete quest'uomo, a proposito del quale una folla di Giudei si è
rivolta a me, in Gerusalemme e qui, gridando che non deve più restare in
vita. Io però non ho trovato che avesse fatto qualcosa meritevole di morte,
e poiché egli stesso si è appellato all'imperatore, ho deciso di
mandarglielo. Siccome non ho nulla di certo da scrivere all'imperatore, l'ho
condotto qui davanti a voi, e principalmente davanti a te, o re Agrippa,
affinché, dopo questo esame, io abbia qualcosa da scrivere. Perché non mi
sembra ragionevole mandare un prigioniero, senza render note le accuse che
vengono mosse contro di lui».
CAPITOLO 26
Difesa di Paolo davanti al re Agrippa
Mt 10:18-20 (At 9:1-30; 22:1-21)
Agrippa disse a Paolo: «Ti è concesso di parlare a tua difesa».
Allora Paolo, stesa la mano, disse a sua difesa:
«Re Agrippa, io mi ritengo felice di potermi oggi discolpare davanti a te di
tutte le cose delle quali sono accusato dai Giudei, soprattutto perché tu
hai conoscenza di tutti i riti e di tutte le questioni che ci sono tra i
Giudei; perciò ti prego di ascoltarmi pazientemente.
Quale sia stata la mia vita fin dalla mia gioventù, che ho trascorsa a
Gerusalemme in mezzo al mio popolo, è noto a tutti i Giudei, perché mi hanno
conosciuto fin da allora, e sanno, se pure vogliono renderne testimonianza,
che, secondo la più rigida setta della nostra religione, sono vissuto da
fariseo. E ora sono chiamato in giudizio per la speranza nella promessa
fatta da Dio ai nostri padri; della quale promessa le nostre dodici tribù,
che servono con fervore Dio notte e giorno, sperano di vedere il compimento.
Per questa speranza, o re, sono accusato dai Giudei! Perché mai si giudica
da voi cosa incredibile che Dio risusciti i morti?
Quanto a me, in verità pensai di dover lavorare attivamente contro il nome
di Gesù il Nazareno. Questo infatti feci a Gerusalemme; e avendone ricevuta
l'autorizzazione dai capi dei sacerdoti, io rinchiusi nelle prigioni molti
santi; e, quand'erano messi a morte, io davo il mio voto. E spesso, in tutte
le sinagoghe, punendoli, li costringevo a bestemmiare; e, infuriato
oltremodo contro di loro, li perseguitavo fin nelle città straniere.
Mentre mi dedicavo a queste cose e andavo a Damasco con l'autorità e
l'incarico da parte dei capi dei sacerdoti, a mezzogiorno vidi per strada, o
re, una luce dal cielo, più splendente del sole, la quale sfolgorò intorno a
me e ai miei compagni di viaggio. Tutti noi cademmo a terra, e io udii una
voce che mi disse in lingua ebraica: "Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? Ti
è duro ricalcitrare contro il pungolo". Io dissi: "Chi sei, Signore?" E il
Signore rispose: "Io sono Gesù, che tu perseguiti. Ma àlzati, e sta in piedi
perché per questo ti sono apparso: per farti ministro e testimone delle cose
che hai viste, e di quelle per le quali ti apparirò ancora, liberandoti da
questo popolo e dalle nazioni, alle quali io ti mando per aprire loro gli
occhi, affinché si convertano dalle tenebre alla luce e dal potere di Satana
a Dio, e ricevano, per la fede in me, il perdono dei peccati e la loro parte
di eredità tra i santificati".
Perciò, o re Agrippa, io non sono stato disubbidiente alla visione celeste;
ma, prima a quelli di Damasco, poi a Gerusalemme e per tutto il paese della
Giudea e fra le nazioni, ho predicato che si ravvedano e si convertano a
Dio, facendo opere degne del ravvedimento. Per questo i Giudei, dopo avermi
preso nel tempio, tentavano di uccidermi. Ma per l'aiuto che vien da Dio,
sono durato fino a questo giorno, rendendo testimonianza a piccoli e a
grandi, senza dir nulla al di fuori di quello che i profeti e Mosè hanno
detto che doveva avvenire, cioè: che il Cristo avrebbe sofferto, e che egli,
il primo a risuscitare dai morti, avrebbe annunziato la luce al popolo e
alle nazioni».
Mentr'egli diceva queste cose in sua difesa, Festo disse ad alta voce:
«Paolo, tu vaneggi; la molta dottrina ti mette fuori di senno».
Ma Paolo disse: «Non vaneggio, eccellentissimo Festo; ma pronunzio parole di
verità, e di buon senno. Il re, al quale parlo con franchezza, conosce
queste cose; perché sono persuaso che nessuna di esse gli è nascosta; poiché
esse non sono accadute in segreto. O re Agrippa, credi tu nei profeti? Io so
che ci credi».
Agrippa disse a Paolo: «Con così poco vorresti persuadermi ad agire da
cristiano?» E Paolo: «Piacesse a Dio che con poco o con molto, non solamente
tu, ma anche tutti quelli che oggi mi ascoltano, diventaste tali, quale sono
io, all'infuori di queste catene».
Allora il re si alzò, e con lui il governatore, Berenice, e quanti sedevano
con loro; e, ritiratisi in disparte, parlavano gli uni agli altri, dicendo:
«Quest'uomo non fa nulla che meriti la morte o la prigione». Agrippa disse a
Festo: «Quest'uomo poteva esser liberato, se non si fosse appellato a
Cesare».
CAPITOLO 27
Quarto viaggio missionario
Paolo è inviato a Roma
Quando fu deciso che noi salpassimo per l'Italia, Paolo con altri
prigionieri furono consegnati a un centurione, di nome Giulio, della coorte
Augusta. Saliti sopra una nave di Adramitto, che doveva toccare i porti
della costa d'Asia, salpammo, avendo con noi Aristarco, un macedone di
Tessalonica.
Il giorno seguente arrivammo a Sidone; e Giulio, usando benevolenza verso
Paolo, gli permise di andare dai suoi amici per ricevere le loro cure. Poi,
partiti di là, navigammo al riparo di Cipro, perché i venti erano contrari.
E, attraversato il mare di Cilicia e di Panfilia, arrivammo a Mira di Licia.
Il centurione, trovata qui una nave alessandrina che faceva vela per
l'Italia, ci fece salire su quella.
Navigando per molti giorni lentamente, giungemmo a fatica, per l'impedimento
del vento, di fronte a Cnido. Poi veleggiammo sotto Creta, al largo di
Salmone; e, costeggiandola con difficoltà, giungemmo a un luogo detto
Beiporti, vicino al quale era la città di Lasea.
Intanto era trascorso molto tempo, e la navigazione si era fatta pericolosa,
poiché anche il giorno del digiuno era passato. Paolo allora li ammonì
dicendo: «Uomini, vedo che la navigazione si farà pericolosa con grave
danno, non solo del carico e della nave, ma anche delle nostre persone». Il
centurione però aveva più fiducia nel pilota e nel padrone della nave che
non nelle parole di Paolo. E, siccome quel porto non era adatto a svernare,
la maggioranza fu del parere di partire di là per cercare di arrivare a
Fenice, un porto di Creta esposto a sud-ovest e a nord-ovest, e di passarvi
l'inverno.
Intanto si era alzato un leggero scirocco e, credendo di poter attuare il
loro proposito, levarono le àncore e si misero a costeggiare l'isola di
Creta più da vicino.
La tempesta
Sl 107:23-31; 2Co 11:25-26; Is 43:1-2
Ma poco dopo, si scatenò giù dall'isola un vento impetuoso, chiamato
Euroaquilone; la nave fu trascinata via e, non potendo resistere al vento,
la lasciammo andare ed eravamo portati alla deriva. Passati rapidamente
sotto un'isoletta chiamata Clauda, a stento potemmo impadronirci della
scialuppa. Dopo averla issata a bordo, utilizzavano dei mezzi di rinforzo,
cingendo la nave di sotto; e, temendo di finire incagliati nelle Sirti,
calarono l'àncora galleggiante, e si andava così alla deriva. Siccome
eravamo sbattuti violentemente dalla tempesta, il giorno dopo cominciarono a
gettare il carico. Il terzo giorno, con le loro proprie mani, buttarono in
mare l'attrezzatura della nave. Già da molti giorni non si vedevano né sole
né stelle, e sopra di noi infuriava una forte tempesta, sicché ogni speranza
di scampare era ormai persa.
Dopo che furono rimasti per lungo tempo senza mangiare, Paolo si alzò in
mezzo a loro, e disse: «Uomini, bisognava darmi ascolto e non partire da
Creta, per evitare questo pericolo e questa perdita. Ora però vi esorto a
stare di buon animo, perché non vi sarà perdita della vita per nessuno di
voi ma solo della nave. Poiché un angelo del Dio, al quale appartengo e che
io servo, mi è apparso questa notte, dicendo: "Paolo, non temere; bisogna
che tu compaia davanti a Cesare, ed ecco, Dio ti ha dato tutti quelli che
navigano con te". Perciò, uomini, state di buon animo, perché ho fede in Dio
che avverrà come mi è stato detto. Dovremo però essere gettati sopra
un'isola».
E la quattordicesima notte da che eravamo portati qua e là per l'Adriatico,
verso la mezzanotte, i marinai sospettavano di essere vicini a terra; e,
calato lo scandaglio, trovarono venti braccia; poi, passati un po' oltre e
scandagliato di nuovo, trovarono quindici braccia. Temendo allora di urtare
contro gli scogli, gettarono da poppa quattro àncore, aspettando con ansia
che si facesse giorno.
Ma siccome i marinai cercavano di fuggire dalla nave, e già stavano calando
la scialuppa in mare con il pretesto di voler gettare le àncore da prua,
Paolo disse al centurione e ai soldati: «Se costoro non rimangono sulla
nave, voi non potete scampare». Allora i soldati tagliarono le funi della
scialuppa, e la lasciarono cadere.
Finché non si fece giorno, Paolo esortava tutti a prendere cibo, dicendo:
«Oggi sono quattordici giorni che state aspettando, sempre digiuni, senza
prendere nulla. Perciò, vi esorto a prendere cibo, perché questo contribuirà
alla vostra salvezza; e neppure un capello del vostro capo perirà». Detto
questo, prese del pane e rese grazie a Dio in presenza di tutti; poi lo
spezzò e cominciò a mangiare. E tutti, incoraggiati, presero anch'essi del
cibo. Sulla nave eravamo duecentosettantasei persone in tutto. E, dopo
essersi saziati, alleggerirono la nave, gettando il frumento in mare.
Il naufragio
Quando fu giorno, non riuscivamo a riconoscere il paese; ma scorsero
un'insenatura con spiaggia, e decisero, se possibile, di spingervi la nave.
Staccate le àncore, le lasciarono andare in mare; sciolsero al tempo stesso
i legami dei timoni e, alzata la vela maestra al vento, si diressero verso
la spiaggia. Ma essendo incappati in un luogo che aveva il mare dai due
lati, vi fecero arenare la nave; e mentre la prua, incagliata, rimaneva
immobile, la poppa si sfasciava per la violenza [delle onde].
Il parere dei soldati era di uccidere i prigionieri, perché nessuno fuggisse
a nuoto. Ma il centurione, volendo salvar Paolo, li distolse da quel
proposito, e ordinò che per primi si gettassero in mare quelli che sapevano
nuotare, per giungere a terra, e gli altri, chi sopra tavole, e chi su
rottami della nave. E così avvenne che tutti giunsero salvi a terra.
CAPITOLO 28
Paolo nell'isola di Malta
Eb 13:2 (Lu 10:19; At 14:11-12) 2Co 6:4-10 (cfr. Mr 16:18)
Dopo essere scampati, riconoscemmo che l'isola si chiamava Malta.
Gli indigeni usarono verso di noi bontà non comune; infatti, ci accolsero
tutti intorno a un gran fuoco acceso a motivo della pioggia che cadeva e del
freddo. Mentre Paolo raccoglieva un fascio di rami secchi e li poneva sul
fuoco, ne uscì fuori una vipera, risvegliata dal calore, e gli si attaccò
alla mano. Quando gli indigeni videro la bestia che gli pendeva dalla mano,
dissero tra di loro: «Certamente, quest'uomo è un omicida perché, pur
essendo scampato dal mare, la Giustizia non lo lascia vivere». Ma Paolo,
scossa la bestia nel fuoco, non ne patì alcun male. Or essi si aspettavano
di vederlo gonfiare o cadere morto sul colpo; ma dopo aver lungamente
aspettato, vedendo che non gli avveniva nessun male, cambiarono parere, e
cominciarono a dire che egli era un dio.
Mt 8:14-16; 10:8-13
Nei dintorni di quel luogo vi erano dei poderi dell'uomo principale
dell'isola, chiamato Publio, il quale ci accolse amichevolmente e ci ospitò
per tre giorni. Il padre di Publio era a letto colpito da febbre e da
dissenteria. Paolo andò a trovarlo; e, dopo aver pregato, gli impose le mani
e lo guarì. Avvenuto questo, anche gli altri che avevano delle infermità
nell'isola, vennero, e furono guariti; questi ci fecero grandi onori; e,
quando salpammo, ci rifornirono di tutto il necessario.
Paolo a Roma
3Gv 5-8 (Ro 1:9-15; 15:29; At 23:11)
Tre mesi dopo, ci imbarcammo su una nave alessandrina, recante l'insegna di
Castore e Polluce, la quale aveva svernato nell'isola. Approdati a Siracusa,
vi restammo tre giorni. Di là, costeggiando, arrivammo a Reggio. Il giorno
seguente si levò un vento di scirocco, e in due giorni giungemmo a Pozzuoli.
Qui trovammo dei fratelli, e fummo pregati di rimanere presso di loro sette
giorni. E dunque giungemmo a Roma. Or i fratelli, avute nostre notizie, di
là ci vennero incontro sino al Foro Appio e alle Tre Taverne; e Paolo,
quando li vide, ringraziò Dio e si fece coraggio.
E quando entrammo a Roma, [il centurione consegnò i prigionieri al prefetto
del pretorio]. A Paolo fu concesso di abitare per suo conto con un soldato
di guardia.
(Ro 10:1-3; 11:1-11)(Is 6:9-12; 49:5-6) At 13:11
Tre giorni dopo, Paolo convocò i notabili fra i Giudei; e, quando furono
riuniti, disse loro: «Fratelli, senza aver fatto nulla contro il popolo né
contro i riti dei padri, fui arrestato a Gerusalemme, e di là consegnato in
mano dei Romani. Dopo avermi interrogato, essi volevano rilasciarmi perché
non c'era in me nessuna colpa meritevole di morte. Ma i Giudei si
opponevano, e fui costretto ad appellarmi a Cesare, senza però aver nessuna
accusa da portare contro la mia nazione. Per questo motivo dunque vi ho
chiamati per vedervi e parlarvi; perché è a motivo della speranza d'Israele
che sono stretto da questa catena».
Ma essi gli dissero: «Noi non abbiamo ricevuto lettere dalla Giudea sul tuo
conto, né è venuto qui alcuno dei fratelli a riferire o a dir male di te. Ma
desideriamo sentire da te quel che tu pensi; perché, quanto a questa setta,
ci è noto che dappertutto essa incontra opposizione».
E, avendogli fissato un giorno, vennero a lui nel suo alloggio in gran
numero; ed egli dalla mattina alla sera annunziava loro il regno di Dio
rendendo testimonianza e cercando di persuaderli per mezzo della legge di
Mosè e per mezzo dei profeti, riguardo a Gesù. Alcuni furono persuasi da ciò
che egli diceva; altri invece non credettero. Essendo in discordia tra di
loro, se ne andarono, mentre Paolo pronunciava quest'unica sentenza: «Ben
parlò lo Spirito Santo quando per mezzo del profeta Isaia disse ai vostri
padri:
«Va' da questo popolo e di':
"Voi udrete con i vostri orecchi e non comprenderete;
guarderete con i vostri occhi, e non vedrete;
perché il cuore di questo popolo si è fatto insensibile,
sono divenuti duri d'orecchi, e hanno chiuso gli occhi,
affinché non vedano con gli occhi e non odano con gli orecchi,
non comprendano con il cuore,
non si convertano, e io non li guarisca".
Sappiate dunque che questa salvezza di Dio è rivolta alle nazioni; ed esse
presteranno ascolto».
[Quand'ebbe detto questo, i Giudei se ne andarono discutendo vivamente fra
di loro.]
Ef 6:19-20; Fl 1:12-14; Cl 1:24-29; 4:3-4
E Paolo rimase due anni interi in una casa da lui presa in affitto, e
riceveva tutti quelli che venivano a trovarlo,
proclamando il regno di Dio e insegnando le cose relative al Signore Gesù
Cristo, con tutta franchezza e senza impedimento.